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Torino dice basta al fumo e alle sigarette elettroniche all’aperto

Su proposta del radicale Viale, il consiglio comunale approva il nuovo regolamento di Polizia urbana. Il divieto vale solo in presenza di persone a meno di cinque metri.

“Torinese falso e cortese”. Il vecchio adagio potrebbe ben riassumere la decisione del consiglio comunale di Torino che nella seduta di ieri ha approvato il nuovo Regolamento di Polizia Urbana che prevede, tra le altre cose, il divieto di fumare e di utilizzare le sigarette elettroniche all’aperto. La cortese falsità sabauda traspare però poi continuando nell’articolo della norma: il divieto vale “in ogni caso in presenza di bambini o di donne in gravidanza e in ogni luogo all’aperto ad una distanza inferiore di cinque metri da altre persone, senza il loro esplicito consenso“. In pratica, chi vuole svapare d’ora innanzi dovrà guardarsi bene intorno onde evitare spiacevoli ammende da parte magari di qualche poliziotto municipale appostato in borghese a 4,5 metri con misuratore laser.

Silvio Viale

Fa specie che il provvedimento veda come proponente Silvio Viale, storico esponente di quel partito radicale da sempre impegnato nella salvaguardia delle libertà individuali e contro ogni proibizionismo.  “Cinque metri – ha spiegato il consigliere Viale, medico di professione – è stata la mediazione trovata in Commissione, nel mondo si va da 4 a 12 metri, fino ai 30 metri di New York, ma 5 metri sembra una distanza indicativa sufficiente. Nei dehor saranno i gestori a vigilare, come già avviene nei loro locali, con l’eventualità di aree per fumatori, che non hanno mai funzionato, se non come stanze apposite o box dove andare solo per fumare”. La città di Milano ha introdotto un analogo divieto due anni fa ma con distanza di almeno 10 metri tra il fumatore e le altri persone.
Molte le voci contrarie o perplesse. Anche da parte di non fumatori. Tra queste la scrittrice Elena Loewenthal che in un intervento pubblicato oggi su La Stampa, commenta: “La decisione del Comune di Torino suona un po’ drastica. Salutare finché si vuole è l’invito a praticare un minimo di mobilità – se voglio fumare mi sposto sulle mie gambe, cosa che a differenza del fumo fa sempre bene. Legittimo è il principio di emarginare chi produce fumo, sia esso di pipa, sigaro, sigarillo, sigaretta tradizionale o elettronica. Ma magari senza spingersi a tanto, all’aperto. […] Forse più della prevenzione basterebbe un po’ di educazione e prima di accendersi una sigaretta o dare fiato alla pipa esercitare quel privilegio straordinario che tutti abbiamo a disposizione: il dialogo. Magari con il punto interrogativo in fondo alla frase: “Scusi, posso fumare?”. In altre parole, perché invece di sancire un confine geografico non si prova a lavorare sulla portata d’orecchi e la capacità di ascolto?”. Una domanda che potrebbe essere rivolta pari pari alla classe politica e sanitaria del Paese, troppo spesso adagiata nella propria comfort zone che dal cittadino comune dista ben più di cinque metri. 

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