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“Liquidi organici? Non esistono”. Parola di aromatiere

di Stefano Caliciuri

Una presa di posizione che farà certamente discutere e che potrebbe suscitare malumori e polemiche. Ma servirà certamente al comparto per portare maggiore chiarezza su un argomento di cui spesso si abusa: la definizione “organico” associato ad un liquido per sigaretta elettronica. Ebbene, la definizione “organic” e “biologico” associata agli eliquid sarebbe senza senso, ovvero utilizzata per meri scopi di marketing ma senza alcun fondamento di verità o certificazione. Unica giustificazione: servirebbe semplicemente ad avvisare il consumatore sulla presenza di molecole appartenenti alla chimica organica, ovvero composte in prevalenza da atomi di carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e pochi altri elementi.
E’ Filippo Zini, aromatiere, cofondatore di Bandz, ad entrare nel dettaglio delle denominazioni e della regolamentazione. I liquidi organici non esistono. Su tutto il web se ne parla e vengono pubblicizzati a più non posso, ma sono nient’altro che liquidi come altri. Chi utilizza tale terminologia può farlo solo ed esclusivamente per due motivi: per ignoranza della materia sulla quale sta disquisendo o, nella peggiore delle ipotesi, per ingannare il consumatore finale. Un liquido per essere “organico” e quindi “biologico” deve rispondere a precisi requisiti di composizione in particolare alla norma EU 834/07 (Europa) ed alla NOP (Usa). Ma gli e-liquid a questa norma non possono rispondere perché le materie prime fondamentali, ed in particolare i solventi, non esistono come materie prime biologiche“.
Esistono però vari tipi di aromi, suddivisibili in tre grandi famiglie. Gli “aromi naturali“: ottenuti tramite estrazione da materie prime naturali o composti da molecole chimiche naturali spesso ottenute per biosintesi; in questo caso le molecole che compongono l’aroma sono identiche chimicamente alle naturali anche da un punto di vista stereochimico; gli “aromi naturali identici” le cui molecole sono identiche o simili a quelle naturali, ma ottenute per sintesi chimica in laboratorio; gli “aromi artificiali“, le cui molecole chimiche sono state sintetizzate in laboratorio e non esistono in natura.
Nel corso degli ultimi anni – spiega Filippo Zini, responsabile tecnico di Bandz “si è cercato di regolamentare il settore degli aromi a livello comunitario fino a giungere all’attuale classificazione. La norma Europea che regola il settore degli aromi è il regolamento CE 1334/08 e successive modifiche entrato in vigore il 20 gennaio 2009 per il quale si prevedono nuove diciture per gli aromi naturali – in armonia con il nuovo regolamento 1169 del 2011 – che sono state recepite definitivamente nel gennaio 2011. Secondo tale normativa gli aromi si dividono e sono descritti nelle etichette dei prodotti che li contengono. Facciamo l’esempio di un aroma alla banana. Può essere interpretato in vari modi. “Aroma naturale di banana” è quello nel quale la parte aromatica proviene almeno per il 95 per cento da un estratto dal frutto. Un esempio tipico è l’acqua di condensazione dal processo industriale di concentrazione della frutta. Riducendo in purea il frutto tal quale e sottoponendolo ad una concentrazione sottovuoto per allontanare parte dell’acqua, si ottiene una parte acquosa detta Water Phase che profuma intensamente di banana e che può essere utilizzata e dichiarata in etichetta Aroma Naturale di banana.

Schermata 10-2457324 alle 16.37.56Poi, invece, è possibile avere un “aroma naturale” di banana con altri aromi naturali”, ovvero quando l’aroma naturale estratto dalle banane risulta inferiore al 95 per cento e viene miscelato ad altri, ma il gusto dell’aroma resta quello di banana. E’ il caso per esempio degli yogurt, se per aromatizzarlo si usa all’80 per cento un Aroma Naturale di banana unitamente ad altri aromi naturali non estratti direttamente dal frutto medesimo. Altra possibilità, è l’“Aroma naturale”: dicitura utilizzata quando il gusto di banana è ottenuto da un mix di componenti naturali che non comprende estratti da banana in senso stretto o quando il mix di aromi naturali non ha una particolare connotazione organolettica e pertanto l’aroma naturale finale non è classificabile nelle due definizioni precedenti. Il caso tipico è quello dello yogurt a base di macedonia di frutta, preparato con diversi aromi naturali che non rientrano nelle due definizioni precedenti. Oppure in altre parole ancora, equivale a miscelare tante molecole chimiche naturali che alla fine producono un aroma al gusto di fragola ma che per quanto sopra, si dichiara in etichetta Aroma Naturale e non Aroma Naturale di Banana“.
Quindi un aroma non ha necessariamente una origine univoca…
No – ammette Zini – troviamo la parola “Aromi” sulla maggior parte dei prodotti alimentari, perché comprende tutti gli aromi Natural-Identici – uguali a quelli naturali ma “sintetizzati” in laboratorio – e anche quelli artificiali – sintetizzati in laboratorio anche con l’impiego di molecole che non esistono in natura. E’ a totale discrezione del produttore poter utilizzare la parola Aromi, quindi peggiorativa sulla scala dei valori qualitativi, al posto di Aromi Naturali qualora lo ritenga più pratico per diversi fini – ad esempio l’uniformità di packaging per prodotti simili in ingredientistica generale ma diversi per aromatizzazione. Detto questo è doveroso sottolineare che qualsiasi volenteroso volesse prendersi l’impegno di leggere i suddetti dispositivi, non troverebbe mai scritto ed utilizzato il termine “organico”

Schermata 10-2457324 alle 16.14.00La parola “organic” si utilizza in modo particolare negli Stati Uniti, e nei paesi anglofoni in genere, per definire un prodotto equivalente in pratica al nostro “biologico”. La distinzione a livello normativo però è fondamentale: “organic” è un prodotto rispondente alle normative Nop cioè al National Organic Program, il quadro normativo federale in materia di alimenti biologici. Nop è anche il nome dell’organizzazione presso il Dipartimento dell’Agricoltura (Usda), responsabile della gestione e dell’applicazione del quadro normativo medesimo. Il Nop statunitense ed il Biologico italiano e comunitario per quanto simili sono comunque diversi in molti aspetti.
Parlare di “organico” o “organic e-liquid” – puntualizza Zini – è errato nella forma in quanto si attribuisce ad un prodotto la rispondenza ad una norma che non ha attuazione in Italia ed in Europa. Secondo noi questo è gravissimo. Inoltre, per poter dichiarare un prodotto eventualmente “Biologico” e non “Organic” il produttore deve essere in possesso di specifica certificazione aziendale e soprattutto sul singolo prodotto. Ogni confezione deve riportare inoltre il logo dell’ente certificatore su ogni singolo pezzo. Spacciare quindi un prodotto non avente caratteristiche e specificità per “Biologico” o “Organic” significa infrangere gravemente la legge con tutte le conseguenze che possono derivarne. Il rischio vale anche per chi acquista e rivende il prodotto “fasullo” al consumatore finale.
In linea generale
– sottolinea sempre Zini – per poter certificare un prodotto “Biologico”, e non necessariamente del comparto fumo elettronico, esso deve contenere meno del 3 per cento di prodotto non agricolo. Questo significa che si dovrebbero avere glicole propilenico, glicerina vegetale ed estratti vegetali tutti certificati singolarmente. E con tutta franchezza, in particolare per il Glicole Propilenico, la ritengo una missione quasi impossibile. Ma anche ammesso che si verifichino tutte queste condizioni ci troveremmo davanti ad uno scoglio insuperabile. La norma comunitaria per i prodotti biologici (Regolamento CE 834/2007) parla in maniera esplicita di mangimi ed alimenti non contemplando nella maniera più assoluta i liquidi per sigarette elettroniche. Per queste ragioni nessun eliquid può in ambito comunitario essere dichiarato ed immesso sul mercato come “prodotto biologico”. Con l’introduzione della Direttiva europea sui tabacchi (Tpd) il legislatore ha voluto prescrivere il divieto assoluto dell’utilizzo di terminologie che possano indurre il consumatore in errore relativamente ad effetti benefici dell’eliquid ed alla sua particolare composizione“.
Quindi, in sostanza, i liquidi organici non esistono? O meglio, non possono esistere ancora?
“Ne siamo assolutamente certi. Anzi, ci appelliamo affinché tutti possano diffidare da quanti propongano liquidi “organic” o “organici” perché nel momento in cui lo fanno dimostrano di essere completamente ignoranti della materia della quale parlano ed in questo settore non c’è niente di più pericoloso dell’ignoranza e della approssimazione e di essere altresì incuranti delle conseguenze che tale comportamento potrebbe avere per il settore degli eliquid ma soprattutto per i clienti finali”.

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