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di Stefano Caliciuri
Il governo ha emanato il decreto legislativo che recepisce la Direttiva europea sul tabacco e prodotti da vaporizzazione (Tpd). Quali sono le novità introdotte ma, soprattutto, come cambierà il vaping in Italia?
L’articolo 21 del dispositivo regola la produzione e commercializzazione dei prodotti legati al fumo elettronico. Prima di entrare nel dettaglio è bene puntualizzare di cosa si stia parlando, proprio come enunciato nel decreto. Per sigaretta elettronica si intende un dispositivo “utilizzabile per il consumo di vapore contenente nicotina tramite un bocchino o qualsiasi componente di tale prodotto, compresi una cartuccia, un serbatoio e il dispositivo privo di cartuccia o di serbatoio. Le sigarette elettroniche possono essere usa e getta o ricaricabili mediante un contenitore di ricarica o un serbatoio oppure ricaricabili con cartucce monouso“. Quello che invece il decreto definisce come contenitore di liquido di ricarica, altro non è che un “flacone che contiene un liquido contenente nicotina utilizzabile per ricaricare una sigaretta elettronica“. Premesso questo, è dunque facilmente intuibile come tutte le norme siano ricondubili soltanto alla nicotina. Tutto ciò che non è o non contiene o non vaporizza nicotina è escluso dal decreto. Vediamo nel dettaglio cosa cambierà e come bisognerà adeguarsi.
Consumatori
E’ il target meno colpito dalla nuova legge. Gli acquisti on line saranno possibili soltanto dall’Italia su siti italiani ma è difficile stabilire come lo Stato possa intervenire su un sito che abbia hosting straniero: non sarà sanzionabile. Diventerà un po’ più laborioso produrre i liquidi in casa visto che i flaconi di base neutra con nicotina saranno disponibili soltanto in confezioni da 10 ml e con una concentrazione massima di 20 mg. Nessuna restrizione per tutto ciò che è senza nicotina. E’ introdotto il divieto di vaping nelle strutture sanitarie nonché nelle pertinenze esterne delle strutture universitarie ospedaliere, presidi ospedalieri e Ircss pediatrici e nelle pertinenze esterne dei reparti di ginecologia e ostetricia, neonatologia e pediatria delle strutture universitarie ospedaliere e dei presidi ospedalieri e degli Ircss.
Rivenditori
Fino al 20 maggio 2017 è autorizzata l’immissione sul mercato di sigarette elettroniche o contenitori di liquido di ricarica fabbricati o immessi in libera pratica prima del 20 novembre 2016. Sanzioni pecuniarie e possibilità di chiusura dell’esercizio per coloro che vendono prodotti (flaconi di ricarica o cartucce precaricate o sigarette elettroniche usa e getta) contenenti nicotina ai minorenni. Nessun divieto sulle componenti singole (resistenze di ricambio, batterie, atom) poiché non rientranti nella definizione di “sigaretta elettronica”.
Produttori
E’ l’anello della filiera maggiormente colpito da restrizioni. Come detto, la nicotina allo stato liquido potrà essere confezionata in flaconi non superiori ai 10 ml e con gradazione non superiore ai 20 mg. Le sigarette elettroniche usa e getta e le cartucce di ricambio precaricate non potranno contenere più di 2 ml di liquido con nicotina.
Gli atomizzatori esterni o vuoti (rigenerabili o meno) non hanno limitazioni di contenuto ma dovranno avere un sistema di ricarica “pulito”, ovvero antisgocciolamento e una chiusura di sicurezza “a prova di bambino”. Non esistendo un riconoscimento giuridico-legislativo di quest’ultima definizione, è prassi consolidata parafrasare con “chiusura che rende difficoltoso l’accesso al contenuto per un bambino”. Non sistemi altamente tecnologici, costosi o brevettati ad hoc, ma, ad esempio, sarebbe sufficiente una semplice chiusura con vite.
Più complicato il discorso delle analisi e certificazioni di qualità. I liquidi e l’hardware prodotti e immessi sul mercato entro il 19 novembre 2016 sono derogati dalle norme del decreto. A decorrere dal 20 novembre 2016, invece, si dovranno segnalare tutti i nuovi prodotti che saranno immessi sul mercato dal 20 maggio 2017.
Le aziende produttrici (o gli importatori) dovranno segnalare al Ministero ogni variazione sostanziale della ricetta per i nuovi liquidi attraverso un apposito canale telematico progettato dal Ministero dell’Economia.
Contattata direttamente, l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ci ha fornito alcune delucidazioni, con la premessa che, “entrando il decreto in vigore dalla fine di maggio, permetterà anche di stabilire più nel dettaglio, per alcuni punti, chi dovrà fare cosa“.
Nello specifico, l’agenzia dei Monopoli fa sapere che per quanto riguarda le certificazioni potranno essere effettuate presso i laboratori autorizzati dall’Istituto superiore di sanità. Inoltre è fatta salva la competenza del laboratorio di prova – come da decreto MF 31/8/1994 – presso la Direzione generale dei Monopoli di Stato.
I liquidi per sigaretta elettronica sono composti da glicole (prodotto farmaceutico) glicerina (prodotto farmaceutico e aromi (spesso ad uso alimentare) oltre eventualmente la nicotina (provenienza farmaceutica). Il dubbio è se la certificazione dovrà essere fornita dalla singola azienda che produce l’ingrediente originario oppure dal produttore finale, colui cioé che “miscela” i quattro ingredienti. In questo caso la risposta dell’Agenzia dei Monopoli è stata un po’ più sibillina, sottolineando che sia “l’articolo 6, ma il decreto in generale, fa sempre riferimento a fabbricanti e importatori”. D’altronde Aams è un mero esecutore, quindi è comprendibile che in questa fase non sappia sciogliere il dilemma. Si attendono dunque istruzioni direttamente dal Governo (e Ministero della Salute) anche se le indicazioni dovrebbero andare nella direzione del produttore degli ingredienti, visto che le aziende di liquidi si limitano a miscelare sostanze prodotte da altri. Discorso inverso invece per gli importatori che dovranno certificare i liquidi immessi nel mercato italiano e di cui non si conoscono le origini.
Sottolineando la veridicità della comunicazione entro i sei mesi di ogni nuovo prodotto in commercio, non lasciando quindi spazio ad interpretazioni, un po’ di discrezionalità è invece riservata alla redazione delle indagini di mercato. I produttori dovranno infatti comunicare le “abitudini e statistiche” dei consumatori. Questa è certamente una parte del decreto che suscita molte perplessità, per usare un eufemismo. Le aziende produttrici, infatti, saranno tenute a segnalare “i dati completi sul volume delle vendite, suddiviso per marca e tipo del prodotto; le informazioni sulle preferenze dei vari gruppi di consumatori, compresi i giovani, i non fumatori e i principali tipi di utilizzatori attuali; il modo di vendita dei prodotti; una sintesi di eventuali indagini di mercato svolte riguardo a quanto sopra, con la relativa traduzione inglese”. Ma stiamo parlando di produttori di liquidi o società di sondaggi e ricerche sociologiche? I Monopoli su questo aspetto tengono a precisare che “se l’articolo 6 specifica che i fabbricanti e gli importatori devono presentare ogni tre anni gli studi interni ed esterni sulle ricerche di mercato, non specifica un metodo o metodi specifici“.