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Le quattro multinazionali del tabacco (Philip Morris, British American Tobacco, Japan International, Reynolds American) hanno investito risorse e tempo per tentare la conquista del settore del fumo elettronico. Ma nessuno, al momento, ci ha guadagnato nulla. Anzi, i vapers continuano a guardare con sospetto questa invasione di campo, probabilmente consapevoli che l’interesse delle quattro Big è salvaguardare il loro profitto rispetto al reale interesse per il comparto. Come dire: meglio fidelizzare anche un solo fumatore rispetto a perderlo definitivamente. A fare i conti in tasca alle multinazionali del tabacco ci hanno pensato Nielsen Usa e The Wall Street Journal.
La ricerca è stata condotta sul mercato statunitense, il più grande e variegato del mondo. Da un lato l’assestamento del mercato che ha causato una contrazione delle vendite di sigarette elettroniche, ponendo fine a cinque anni di crescita a tre cifre. Dall’altro l’incapacità da parte delle multinazionali di stare al passo con l’innovazione e l’elasticità di un settore in costante sviluppo. Nonostante le massicce campagne di comunicazione e marketing, le multinazionali offrono un prodotto già vecchio, ovvero una ecig utilizzata dalla grand parte dei vapers già almeno tre anni fa. E tutto questo inserito in un mercato già di per sè in contrazione.Sistemi chiusi, prericaricati, scarsa densità di vapore, resistenze antiquate, batterie a bassa capacità: caratteristiche che alla fine del 2015 sono indietro anni luce rispetto quanto, a minor costo, il mercato offre attualmenete. Secondo il Wall Street Journal, il grande vantaggio delle multinazionali sarebbe la capacità d’investimento. Meglio “buttar via” qualche decina di milioni di dollari piuttosto che “rimanere a guardare cosa a succede”. Questione di prestigio, si direbbe. Nonostante le ingenti risorse messe sul tavolo, negli Usa sono ancora i rivenditori e i produttori indipendenti a fare la parte del leone, controllando oltre il 90 per cento del mercato.