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Tassa sigarette elettroniche, l’allarme di Confindustria: a rischio 30mila famiglie

"In Italia - dice Anafe-Confindustria - coloro che utilizzano le sigarette elettroniche sono circa 1,5 milioni. Eppure, il nostro è l’unico tra i grandi Paesi europei a prevedere una tassa sui liquidi da inalazione".

Dopo la missiva inviata direttamente ai vertici del governo, Anafe-Confindustria esprime pubblicamente la propria posizione sulla decisione di inammissbilità dell’emendamento che avrebbe salvato e liberalizzato il settore del vaping italiano.

Abbiamo appreso con profonda preoccupazione la decisione di dichiarare inammissibile un emendamento al Dl Dignità che intendeva mettere mano alla tassazione e ad alcuni aspetti regolatori che, di fatto, stanno determinando il collasso del nostro settore, gettando nel panico e nella disperazione circa 30mila famiglie. Lanciamo quindi un appello al Governo, al Premier Conte e ai Ministri Vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio per salvare i posti di lavoro e le imprese del nostro settore ed evitare che al danno si aggiunga anche una duplice beffa: consegnare definitivamente il comparto all’illegalità più totale ed esporre i consumatori alla commercializzazione abusiva di prodotti estremamente pericolosi per la salute, come la vendita di nicotina disciolta in acqua, un prodotto “fai da te” con concentrazioni di nicotina molto pericolose”.
E’ quanto dichiara ANAFE, l’Associazione Nazionale Produttori Fumo Elettronico aderente a Confindustria che aggiunge: “È necessario superare una tassazione irragionevolmente elevata ad un settore che dà lavoro a più di migliaia di persone tra occupati diretti e indiretti, senza considerare le attività commerciali per la vendita. In Italia coloro che utilizzano le sigarette elettroniche sono circa 1,5 milioni. Eppure, il nostro è l’unico tra i grandi Paesi europei a prevedere una tassa sui liquidi da inalazione, una vera e propria tassa sul vapore che determina un unico risultato: rendere più vantaggiose le sigarette tradizionali, con tutto ciò che ne consegue in termini di rischi per la salute e costi per il servizio sanitario nazionale. Difendere il settore delle sigarette elettroniche, che sono del 95% meno dannose rispetto alle tradizionali, significa tutelare la salute dei cittadini, salvaguardare posti di lavoro e imprese sane che, oltre all’eccessiva tassazione, hanno dovuto fare i conti, in passato, con un vero e proprio labirinto giurisprudenziale che non ha dato la possibilità di determinare con certezza l’imposta di consumo dovuta”.
Dal 2015 al 2017 – sottolinea l’Associazione – negli anni tra la prima e la seconda sentenza della Corte Costituzionale in merito al meccanismo di tassazione dei liquidi da inalazione, l’industria nazionale della sigaretta elettronica ha versato un’imposta di consumo parametrata al contenuto di nicotina presente nei liquidi e non alla quantità totale di prodotto. E lo ha fatto seguendo il principio inizialmente espresso proprio dalla stessa Consulta, traslando sul consumatore finale solo tali minori importi. In seguito, solo dopo la seconda pronuncia della Consulta – che ha stabilito un principio del tutto differente e contrastante rispetto a quello fissato nel 2015, addirittura sottoponendo a tassazione anche i liquidi senza nicotina – le aziende si sono ritrovate nell’evidente ed oggettiva situazione di non poter pagare importi per i periodi fiscali di riferimento che, di fatto, le imprese non hanno mai incassato”.

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