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Sigarette elettroniche, Innco scrive al governo: “La tassa è ingiustificabile”

La rete internazionale delle associazioni dei consumatori entra nel dibattito italiano per sostenere le ragioni della riduzione del danno.

Innco sostiene che l’imposizione di accise sulle sigarette elettroniche viola l’etica e i principi della salute pubblica e che non è né nell’interesse dei cittadini né in quello delle economie dei Paesi. Ostacolare deliberatamente il successo di un’industria nascente che non solo offre ai fumatori un’alternativa credibile per smettere di fumare sigarette, ma offre anche la più grande opportunità per migliorare la salute della popolazione dalla scoperta della penicillina, è ingiustificabile”. Con queste parole la rete internazionale che raccoglie associazioni di consumatori di prodotti del vaping – fra cui anche l’italiana Anpvu – entra nel dibattito politico italiano nel momento cruciale in cui si discute del futuro del settore.
Questa settimana, infatti, la presidente Judy Gibson ha inviato un documento di ben 14 pagine al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, ai due vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, al ministro dell’Economia Giovanni Tria e a quello della Salute Giulia Grillo e ad una manciata di viceministri e componenti della commissione Finanze del Senato. Lo scopo è quello di perorare la causa degli strumenti di riduzione del danno da fumo, evidenziando come una tassa di consumo punitiva non faccia gli interessi della salute pubblica, ma nemmeno delle casse dello Stato.
La storia e le conseguenze di questa tassa– si legge nel documento di Innco – evidenziano una situazione triste: al maggio 2015, il consumo di sigarette elettroniche è diminuito di circa il 70%; i consumatori sono stati incentivati ad acquistare online dai Paesi esteri; i negozi di sigarette elettroniche e le attività connesse sono scese da 4.000 a 1.000 e, nei primi 11 mesi del 2016, si stima che l’erario italiano abbia raccolto (solo) 3 milioni di euro di entrate fiscali. Questo rappresenta circa lo 0,3% delle entrate fiscali generate dai prodotti del tabacco. Ciò non è certo un successo, ma rappresenta un disastro assoluto su tutti i livelli: occupazione, sanità pubblica, economia locale e nazionale, tempi e costi per l’applicazione e l’elaborazione delle normative fiscali”.
Gibson aggiunge poi che “questi numeri indicano che ora deve esserci un enorme mercato nero e che l’Italia sta perdendo molto anche come imposte sulle retribuzioni e non sta incassando l’IVA dai prodotti legati al fumo elettronico. L’eliminazione della tassa di consumo sugli eliquid, non solo potrebbe benefici per la salute pubblica, ma aumenterebbe anche la salute dei conti pubblici”.
Nella missiva alle autorità si entra anche nella metodologia utilizzata per stabilire la tassa stessa, spiegando come sia errato comparare i vaporizzatori con il tabacco: “È impossibile confrontare una sigaretta che per sua stessa natura è costante in termini di dimensioni e peso con un prodotto che non solo varia in modo significativo in termini di dimensioni e funzionalità, ma ha il potenziale per un’infinita varietà di combinazioni(…), motivo per cui le sigarette elettroniche hanno dimostrato di essere così efficaci rispetto alle tradizionali terapie sostitutive della nicotina”.
Quindi, dopo aver illustrato le più recenti evidenze scientifiche, le posizioni delle autorità sanitarie britanniche e i pericoli della disinformazione, Innco “sollecita rispettosamente il governo italiano ad abolire l’imposta di consumo sui liquidi da inalazione, a revocare l’attuale divieto sulle vendite nazionali e transfrontaliere e a considerare, altresì, l’uscita dal controllo Aams”.

 

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