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Sigarette elettroniche: è la verità la grande vittima del dibattito pubblico

Due studiose americane spiegano perché è così difficile dare informazioni corrette sulla riduzione del danno da fumo.

Potrebbero dire semplicemente che svapare fa meno male, giusto? Invece minimizzano questo fatto. Sappiamo tutti che fa meno male delle sigarette. Quindi lasciate che prenda la mia decisione. Datemi i fatti, tutti fatti, e lasciami decidere”. A parlare è un utilizzatore di sigaretta elettronica californiano, intervistato per uno studio sul vaping. Le sue parole sono state scelte da Rachelle Annechino e Tamar Antin, rispettivamente del Prevention Research Center di Berkeley e dell’Istitute For Scientific Analysis di Alameda in California, per esemplificare il cortocircuito che si crea fra il pubblico e le istituzioni di sanità pubblica, quando si parla di strumenti che riducono il danno da fumo, come la sigaretta elettronica e i riscaldatori.

Le autrici affrontano il tema in un interessante studio intitolato “Truth telling about tobacco and nicotine” (Dire la verità sul tabacco e la nicotina), recentemente pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. Il dibattito su quale approccio dovrebbero usare gli istituti di salute pubblica verso la regolamentazione del tabacco e della nicotina, spiegano Annechino e Antin, si è intensificato negli ultimi dieci anni, con la comparsa sul mercato di ecigarette e riscaldatori. E, negli Stati Uniti come nel resto del mondo, la comunità scientifica appare divisa su due diverse posizioni: una che vorrebbe una regolamentazione proporzionale al danno relativo del prodotto (cioè meno stringente per gli strumenti che riducono il danno) ed un’altra più proibizionista, che spinge per una regolamentazione sostanzialmente uniforme per tutti i prodotti (mettendo, cioè, sigarette tradizionali ed elettroniche sullo stesso piano).

A fare le spese di questa diatriba fra diverse posizioni è stata però l’informazione sui rischi e i danni dei diversi prodotti. E non solo quella destinata al grande pubblico. Spesso – spiegano le autrici – i cittadini e persino i professionisti della salute “sono stati disinformati più frequentemente di quanto siano stati informati, sia dalle istituzioni sanitarie, che dai mass media o dalla comunicazione pubblica”. Insomma, secondo Annechino e Antin, l’approccio verso la riduzione del danno ha pregiudicato anche l’informazione che viene data sui nuovi prodotti. “Protagonisti influenti di entrambe le fazioni del dibattito sulle sigarette elettroniche, per esempio – si legge nello studio – riconoscono sempre più una mole di prove scientifiche che indica che il vaping è meno dannoso delle sigarette tradizionali. Eppure gli esperti di tobacco control rimangono divisi su come comunicare, o addirittura se comunicare, informazioni sui rischi relativi di questi prodotti”.

Insomma, c’è la tendenza a dare informazioni solo se sono in linea con la politica sanitaria scelta. Ma si tratta di un atteggiamento che ha delle serie conseguenze, ammoniscono le autrici. La mancanza di informazioni accurate e complete impedisce alle persone di fare scelte informate per ridurre i rischi alla propria salute, escludendole dal dibattito pubblico sulle politiche sanitarie e, soprattutto, erodendo la fiducia nelle istituzioni sanitarie. È un modo di fare paternalistico, che non presta ascolto agli interessi del cittadino, privandolo di fatto del diritto di compiere scelte informate e allontanandolo dalle istituzioni. In questo campo, invece, concludono le ricercatrici, “dire la verità è particolarmente importante e risponde all’interesse pubblico”.

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