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Licenziata perché extracomunitaria: il Tar dà ragione all’azienda

L'Agenzia delle dogane e monopoli consente soltanto ai cittadini europei di poter stare dietro il bancone di una tabaccheria o negozio di sigarette elettroniche.

Può una promozione costare il licenziamento immediato? Per la legge italiana sì, ma soltanto se si è privi di cittadinanza europea. È l’assurda vicenda accaduta a una aiuto commessa di un negozio di sigarette elettroniche di Padova che, dopo aver assunto le funzioni di addetta alle vendite (banconista), ha dovuto rinunciare al lavoro perché in contrasto con quanto disposto da una determinazione direttoriale dell’Agenzia delle dogane e monopoli. La norma è stata introdotta a giugno di quest’anno: prevede che dietro il bancone di una rivendita di tabacchi, generi di monopolio e liquidi da inalazione possano starvi soltanto cittadini europei, allineando la disposizione a quanto già previsto per i delegati alla gestione, ovvero i “sostituti” del titolare legittimo della licenza o dell’autorizzazione statale.
Essendosi trovata la lavoratrice “dall’oggi al domani” priva del requisito (cittadinanza europea) necessario per continuare a ricoprire la propria attività lavorativa di “addetto alla vendita” di prodotti liquidi da inalazione e non essendo quindi nelle condizioni di poter rilasciare la dichiarazione, non ha potuto far altro che accettare il licenziamento “per giustificato motivo”. Tentando però la strada della giustizia amministrativa, ricorrendo cioè al Tar del Lazio perché a suo dire la norma voluta da Adm è “irragionevole, illogica e sproporzionata”.
Non la pensa così il giudice che ha invece dato torto alla donna. L’imposizione immediata dell’obbligo di cittadinanza europea, si legge nel dispositivo della sentenza, “non sembra comportare, in particolare, alcuna irragionevole paralisi o chiusura immediata degli esercizi commerciali preposti alla vendita di prodotti liquidi da inalazione senza combustione, atteso che detti esercizi possono continuare ad operare attraverso il titolare (o il delegato alla gestione) con la collaborazione di eventuali addetti alle vendite senza facoltà di sostituzione; i titolari e delegati alla gestione, qualora interessati a far sì che i propri addetti alle vendite possano anche sostituirli in caso di loro assenza, possono nelle more attivarsi affinché tali addetti conseguano la cittadinanza europea all’esito del relativo procedimento amministrativo”. In altre parole: i cittadini extracomunitari possono lavorare in un negozio ma senza avere a che fare con la clientela né vendere i prodotti. Insomma, possono aiutare il titolare ma non sostituirlo in assenza o aiutarlo a smaltire eventuali file di clienti.
Rigettata anche la tesi della ricorrente che la determinazione direttoriale di Adm contenga “una presunta violazione del diritto al lavoro della ricorrente e delle norme euro-unitarie sulla libertà di circolazione dei lavoratori”. Al Tar è stata sufficiente una riga di spiegazione per confutarla: “Non produce alcun effetto lesivo di tali diritti, effetto lesivo semmai riconducibile al provvedimento di licenziamento intimato dalla società datrice di lavoro (che ovviamente è estraneo all’oggetto del presente giudizio)”. Questo perché la società datrice di lavoro avrebbe potuto tenere in servizio la donna senza alcuna delega, ovvero mantenendola con un funzioni di aiuto commessa.
Per la legge italiana, dunque, gli extracomunitari non possono avere alcun tipo di rapporto con la pubblica amministrazione. L’eventuale contratto è subordinato alla volontà di un cittadino europeo che però non potrà delegare alcuna funzione lavorativa di responsabilità o contatto con i clienti.

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