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Ecco perché bisogna smettere di demonizzare la nicotina

Un elaborato approfondimento del professor Charles Gardner, neurobiologo dello sviluppo, esperto di salute pubblica e riduzione del danno.

Charles Gardner

All’inizio del XX secolo in America l’alcool era demonizzato. Nel 1920 questa demonizzazione venne codificata nel 18° emendamento della Costituzione, che vietava l’alcool. Durante i ruggenti anni Venti del secolo scorso, nelle case e nei bar clandestini di tutto il Paese, gli americani si facevano beffe di quel divieto. Così come i contrabbandieri, gli spacciatori e i boss della criminalità organizzata. Nel 1993, con il 21° emendamento, si decise di de-demonizzare l’alcool, rendendo nuovamente legale questa droga psicoattiva.
Quasi subito si iniziò allora a demonizzare la cannabis. Negli anni ‘30 fu detto agli americani che si trattava di un’erba demoniaca che attirava gli adolescenti, costituiva una via d’accesso per l’eroina, spingeva le donne bianche ad andare a letto con uomini neri e questi a violentare le donne bianche. Queste tattiche proibizioniste erano state raffinate alla perfezione nel periodo precedente al divieto per l’alcool e venivano ora trasformate in armi in stile “Reefer Madness” (letteralmente “La follia dello spinello” dal titolo del film propagandistico del 1936, ndt), avvalendosi di affermazioni oggi disturbanti, offensive e razziste. Quasi novant’anni anni dopo in America si sta finalmente de-demonizzando la cannabis. Si scopre che i cannabinoidi comportano dei benefici per la salute (oltre ad alcuni rischi). Chi lo sapeva? Si scopre anche che la guerra alla cannabis ha portato a incarcerazioni di massa che hanno causato molti più danni della droga stessa. Ops.
Per decenni, e soprattutto durante la War on drugs degli anni ‘80 e ‘90, la ricerca scientifica sulla cannabis si concentrava esclusivamente sui suoi danni, ignorandone i potenziali benefici per la salute. Un ottimo esempio del vecchio aforisma: “Se hai solo un martello, tutto sembra un chiodo”. Oggi invece sempre più evidenze dimostrano che la “marijuana terapeutica” ha alcuni benefici. Questo, insieme alle numerose testimonianze di consumatori adulti di cannabis (soprattutto coloro che si stavano riprendendo dalla chemioterapia), ha contribuito a spostare l’opinione pubblica e de-demonizzare i cannabinoidi.
La storia della psilocibina è in qualche modo simile. Negli Stati Uniti i “funghi magici” furono proibiti nel 1968. Da quel momento in poi, tutti gli studi sui potenziali benefici per la salute della “terapia psichedelica” non furono solo scoraggiate, ma rese illegali. Fino agli ultimi decenni, quando le restrizioni alla ricerca si sono allentate. E… ops di nuovo. Oggi sappiamo che una sessione terapeutica di un giorno con un consulente o una guida è sorprendentemente efficace nel trattare le persone che soffrono di disturbo da stress post-traumatico e di depressione cronica. La vera tragedia è che avremmo potuto saperlo decenni fa, quando migliaia di giovani tornavano dalle guerre.

Esperimento mentale

Immaginate un’ipotetica sostanza legale che è attualmente demonizzata e, proprio per questo, quasi tutte le ricerche su di essa mirano a trovare i danni che causa e quasi nessuna esplora i suoi potenziali benefici per la salute. Questa sostanza non inebria. Non è un allucinogeno. È solo un leggero stimolante (simile alla caffeina, la droga psicoattiva più utilizzata sulla Terra). A differenza dell’alcool, le persone non vanno a schiantarsi contro gli alberi con l’auto a causa di questa sostanza. Essa non altera il giudizio, né causa comportamenti rischiosi o atti di violenza, inclusa la violenza sessuale… come fa l’alcol. Non fa sì che le persone perdano il lavoro o rovinino le loro famiglie. E non provoca danni al fegato, cancro e malattie cardiache (come fa l’uso eccessivo di alcol a lungo termine). Questa ipotetica sostanza è una di quelle che i biohacker definiscono un “nootropico”. Migliora la cognizione. Decenni di ricerche dimostrano che aumenta la concentrazione, l’attenzione e la memoria mentre, paradossalmente, riduce lo stress e l’ansia. Com’era prevedibile, alcune persone trovano questi effetti piacevoli. Molte persone con particolari condizioni di salute mentale la trovano effettivamente benefica. Essendo un leggero stimolante, le persone con gravi patologie cardiache dovrebbero evitarla. Ma questo vale anche per la caffeina.
Nonostante questa ipotetica sostanza sia stata demonizzata, paragonandola deliberatamente a droghe spaventose come l’eroina, la Food and Drug Administration (Fda) statunitense ha approvato numerosi farmaci da banco che la rilasciano, disponibili da decenni in ogni farmacia d’America. Secondo la Fda, questi medicinali “non creano dipendenza né sono soggetti ad abuso”. E, secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), non causano cancro, malattie cardiache o polmonari. Eppure questa sostanza oggi è così demonizzata che recenti indagini dimostrano che l’80 per cento dei medici statunitensi ritiene – erroneamente – che causi cancro, malattie cardiache e polmonari. Quindi quattro medici su cinque sono profondamente disinformati. Questa sostanza oggi è anche nell’elenco dei farmaci essenziali dell’Organizzazione mondiale di sanità, ma viene demonizzata perché associata anche a un comportamento particolarmente dannoso, praticato da 1,1 miliardi di persone nel mondo, che causa ogni anno 7 milioni di morti prevenibili.
Oggi però sempre più evidenze indicano che questa ipotetica sostanza ha notevoli benefici per la salute, in particolare per le persone neurodiverse. Decenni di studi con i medicinali autorizzati dalla Fda sopracitati mostrano che questa sostanza apporta benefici agli adulti con disturbo da deficit di attenzione, autismo, disturbo bipolare, schizofrenia e sindrome di Tourette. Tanto gli studi su modelli umani che animali rilevano anche che potrebbe avere proprietà neuroprotettive. Il suo consumo quotidiano, ad esempio, riduce drasticamente il rischio di malattia di Parkinson e può anche prevenire o ritardare l’insorgenza della malattia di Alzheimer. Studi sugli animali e numerosi ampi studi sull’uomo dimostrano che questo farmaco riduce il rischio di malattia di Parkinson dal 40% al 60%. Le prove dei benefici sull’Alzheimer sono così importanti che il National Institute of Health degli Stati Uniti ha recentemente investito più di 10 milioni di dollari in borse di ricerca per verificare in modo definitivo se questa sostanza aiuta le persone con demenza in stadio iniziale. Questa ipotetica sostanza sembra aiutare anche nel controllo del peso. Per favore, non chiedetemi come lo so, ma ogni ballerina sulla Terra sa, almeno dall’ultimo secolo, che aiuta a rimanere magri. Gli studi dimostrano anche che può aiutare le persone con artrite reumatoide, colite ulcerosa, narcolessia e alcune forme di epilessia. C’è dell’altro. Questa ipotetica sostanza aiuta molte persone ad abbandonare il comportamento dannoso sopra menzionato, quello che uccide 7 milioni di persone ogni anno. Ecco perché la Fda ne ha autorizzato l’uso da banco e perché, nel 2009, l’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiunto questo farmaco alla sua Lista dei farmaci essenziali che guida le politiche dei ministeri della salute in tutto il mondo. Il suo utilizzo, quindi, è un intervento di “riduzione del danno”. Nella sanità pubblica, altri esempi di riduzione del danno includono mascherine protettive, preservativi, cinture di sicurezza, caschi da bicicletta, caschi da motociclista, creme solari, metadone, scambi sicuri di aghi e siti di iniezione sicuri. Ma stranamente molti degli esperti di sanità pubblica e dei politici che approvano e promuovono la de-demonizzazione della cannabis e della psilocibina e che sostengono la riduzione del danno per le persone che fanno uso di droghe illegali (ad esempio, oppioidi), stanno raddoppiando gli sforzi per demonizzare la nostra ipotetica sostanza legale. E stanno impiegando tutte le sperimentate tattiche proibizioniste, una volta usati per demonizzare l’alcol e la cannabis, da “pensate ai bambini” a “è una via di accesso per (inserire cose molto più dannose)”. Inoltre esagerano e inventano danni. Ad esempio, poiché i problemi estetici riscuotono interesse nei focus group, hanno affermato che questo ipotetico farmaco provoca calvizie maschile, problemi oculari, sangue dal naso, perdita dei denti, malattie gengivali, malattie della pelle e disfunzione erettile (solo per citarne alcuni).

Un nuovo candidato alla de-demonizzazione?

Se non l’avete indovinato, non stiamo parlando di una sostanza ipotetica. In tutto il mondo utilizzata da oltre 1,3 miliardi di persone ma sfortunatamente la maggior parte di loro attualmente la assume attraverso forme tossiche di tabacco. La più diffusa fra queste è di gran lunga la sigaretta di tabacco tradizionale prodotta in serie. La notizia buona è che oggi negli Stati Uniti “solo” l’11% della popolazione fuma. Quella cattiva è che si tratta pur sempre di 28 milioni di persone. Sono quasi tutti adulti perché il fumo tra gli adolescenti è crollato del 90% negli ultimi dieci anni. I fumatori americani sono quasi tutti a basso reddito o adulti con problemi di salute mentale. Le nostre comunità più vulnerabili. Molte persone che usano questa sostanza si automedicano perché la nicotina le aiuta: fuma il 40% degli adulti con disturbo da deficit di attenzione; Il 60% con disturbo bipolare; 71% con schizofrenia. Sfortunatamente, assumendo la nicotina dalle sigarette combustibili, la metà di loro morirà prematuramente. Tra i fumatori rimasti in America ci sono anche le persone della comunità Lgbtq, i senzatetto, coloro che fanno uso di droghe illegali e i primi abitanti della nostra nazione, gli indiani d’America. Fondamentalmente, se si pensa a una comunità americana sotto stress e stigmatizzata, ci sono buone probabilità che fumi a tassi più elevati rispetto alla popolazione generale.

La nicotina li aiuta, ma il fumo li uccide

Da questa situazione nasce un forte imperativo morale a de-demonizzare la nicotina, proprio come è successo per l’alcol, la cannabis e la psilocibina. Oggi esistono numerose alternative più sicure per assumere la nicotina, come i cerotti, le gomme da masticare, le pastiglie, i vaporizzatori (le sigarette elettroniche), lo snus, i sacchetti di nicotina e i prodotti a base di tabacco riscaldato. Questa mia opinione è destinata a sollevare delle controversie proprio perché la nicotina è tanto demonizzata. L’America è in preda a un panico emotivo simile a quello descritto nel film “Reefer-Madness” per l’uso della nicotina da parte degli adolescenti. Purtroppo la maggior parte degli americani non sa che il consumo di nicotina da parte degli adolescenti statunitensi tramite sigarette o vaporizzatori è oggi inferiore a qualsiasi altro periodo degli ultimi 50 anni. È un dato di fatto facilmente verificabile dalle indagini del National Institute of Health e dei Cdc, ma stranamente queste agenzie governative non informano il pubblico di questa realtà. Farlo comporterebbe la de-demonizzazione della nicotina e quindi bisogna supporre che molti esperti e leader della sanità pubblica siano riluttanti a compiere questo passo.
Prevenire i 480 mila decessi dovuti al fumo ogni anno negli Stati Uniti dovrebbe essere una priorità assoluta per la salute pubblica. Ma lo sviluppo di strategie efficaci per raggiungere tale obiettivo richiede un dibattito rispettoso e basato sull’evidenza. Una cosa difficile quando la nicotina è così demonizzata. Difficile quando l’intero settore del controllo del tabacco usa abitualmente le parole “nicotina”, “fumo” e “tabacco” come se fossero sinonimi. Credo anche che le voci e le esperienze vissute degli oltre 17 milioni di adulti statunitensi che utilizzano alternative più sicure alla nicotina per evitare le sigarette combustibili dovrebbero essere ascoltate. Le loro voci sono invece strenuamente ignorate, con un linguaggio stigmatizzante che è inquietantemente simile alle tattiche un tempo utilizzate per mettere a tacere le persone che vivono con l’Hiv/Aids. Tutto questo deve finire. La mia valutazione personale, basata su trent’anni di esperienza nel campo della salute globale, è che il settore del “controllo del tabacco” è attualmente fuori strada. Una cosa che ci aiuterebbe a rimetterci in carreggiata è iniziare una discussione sulla “nicotina terapeutica” che, come nel caso dell’Hiv/Aids negli anni ‘80 e ‘90, deve determinare uno spostamento delle priorità della ricerca. E non può prescindere dall’ascolto delle voci delle persone colpite. Uno dei motivi per cui credo che il settore del controllo del tabacco sia attualmente fuori strada è che si rifiuta di ascoltare le voci degli ex fumatori informati che usano alternative più sicure alla nicotina, adducendo la bizzarra giustificazione che sono tutti “controllati da Big Tobacco”. Una facile via d’uscita utilizzata per respingere l’esperienza vissuta di quasi 100 milioni di persone in tutto il mondo. È come accusare tutti coloro che sostengono l’uso del preservativo di lavorare per il “Grande preservativo”. Una tesi che non supera il test del ridicolo. Non ho dubbi che in futuro gli storici sanitari vedranno e descriveranno esattamente così l’immoralità della nostra situazione “demonizzata”. Sul nostro pianeta l’uso di forme tossiche di tabacco uccide molte più persone dell’Hiv, della tubercolosi e della malaria messe insieme. Lasciate che questo concetto sia compreso. Ascoltare le voci delle persone coinvolte significa ascoltare dal 15% al 20% dei nostri simili che vivono con condizioni di neurodiversità. Significa ascoltare sia coloro che, tra quella vasta popolazione, fumano, sia coloro che ora sono ex fumatori perché sono passati ad alternative più sicure.

È il momento di de-demonizzare questa sostanza?

Sì. La nicotina è molto più sicura dell’alcol. Non inebria come fanno sia l’alcol che i cannabinoidi. Non provoca allucinazioni. E non è la causa delle morti dovute al tabacco combustibile. Sono le migliaia di sostanze chimiche, i settanta agenti cancerogeni, i particolati solidi e il monossido di carbonio presenti nel fumo di tabacco a uccidere. L’unica preoccupazione rimasta è che questa sostanza crea dipendenza, almeno per alcune persone (forse soprattutto per quelle neurodiverse). Ma anche il caffè crea dipendenza e i sintomi di astinenza da caffeina sono molto simili quelli della nicotina. Dobbiamo bilanciare la nostra preoccupazione per la dipendenza con i numerosi benefici noti per la salute della “nicotina terapeutica” e l’imperativo urgente di ridurre le morti dovute alle forme tossiche di tabacco. I Cdc definiscono già i cerotti e le gomme da masticare alla nicotina “nicotina terapeutica”. E questi prodotti forniscono esattamente la stessa nicotina di grado farmaceutico che si trova nei vaporizzatori e nelle bustine di nicotina. Quindi sì. In un mondo razionale dovremmo de-demonizzarla. I danni causati dalla sua demonizzazione superano di gran lunga qualsiasi presunto beneficio che un tempo avrebbe potuto derivare dalla paternalistica denigrazione della nicotina, come tattica per scoraggiare l’uso di forme tossiche di tabacco. È ora di de-demonizzare la nicotina.

L’ autore: Charles A. Gardner, neurobiologo dello sviluppo, esperto di salute pubblica e riduzione del danno.

(traduzione dall’inglese di Barbara Mennitti – tutti i diritti riservati Best Edizioni)