Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

Petizione e tribunale per salvare l’industria della sigaretta elettronica inglese

Oltre alle usa getta, i divieti annunciati dal premier Sunak riguardano anche gli aromi e le rivendite su strada.

Il settore del vaping britannico affila le armi della democrazia per tentare di opporsi alle misure restrittive annunciate dal premier Rishi Sunak sulla sigaretta elettronica. Dopo lo shock iniziale, più che comprensibile per un settore che è improvvisamente passato dall’essere promosso dalle istituzioni sanitarie al vedersi oggetto di limitazioni, partono le prime iniziative di dialogo e di contrasto. E, come è immaginabile per chiunque conosca il mercato del vaping, a suscitare maggiore preoccupazione non è tanto il provvedimento bandiera di Sunak, cioè il divieto di vendita dei dispositivi monouso, quanto tutto quello che non è entrato nei titoli dei giornali. Prima di tutto il divieto degli aromi nei liquidi, che dovrebbero venire limitati a quattro gusti consentiti: tabacco, menta, mentolo e frutta, e poi il divieto di esporre i prodotti nei punti vendita. Misure che non solo depotenzierebbero l’efficacia della sigaretta elettronica come aiuto per far smettere di fumare, ma darebbero anche al pubblico l’erronea impressione che svapo e fumo sono equivalenti.

Il premier britannico Rishi Sunak

Per scongiurarlo, Robert Sidebottom, amministratore delegato di Arcus Compliance Ltd, ha organizzato una campagna di crowdfunding sotto l’egida della Vape Protection Alliance. Sidebottom lamenta lo stato di incertezza in cui l’industria del vaping britannico si trova dopo l’annuncio del premier, una situazione alla quale chiaramente non è abituata, al contrario di molte industrie europee, come quella italiana, che da sempre fanno i conti con le decisioni altalenanti dei vari governi. La mancanza di scadenze chiare e di un piano coerente, spiega, mette in pericolo centinaia di aziende e di posti di lavoro, mentre le misure restrittive potrebbero avere conseguenze negative e perpetuano l’idea sbagliata secondo cui lo svapo è dannoso come il fumo.
Per fronteggiare questo pericolo, Vape Protection Alliance ha deciso di ingaggiare un avvocato che sfidi il governo in sede legale. La prima soglia del crowdfunding, 15 mila sterline, è stata raggiunta in meno di due giorni e servirà per avere una consulenza legale su come procedere. La seconda soglia è fissata a 75 mila sterline, la cifra necessaria per procedere in tribunale. Le richieste che la Vape Protection Alliance porterà avanti sono le seguenti: eliminazione graduale dei prodotti usa e getta in un arco di tempo che consenta l’esaurimento delle scorte; il mantenimento degli aromi, descritti maniera sobria e adulta; la possibilità di continuare a esporre i prodotti nei punti vendita specializzati; il mantenimento delle pod precaricate.

Con 100 mila firme le richieste dell’industria del vaping approderanno in parlamento

Parallelamente è stata lanciata anche una petizione al governo e al parlamento inglese, intitolata “Don’t ban flavoured e-liquids for e-cigarette”. Nel testo della petizione, creata da Jade Goodman sul sito del parlamento, si chiede di non vietare gli aromi nei liquidi per sigarette elettroniche, spiegando che hanno aiutato molte persone a smettere di fumare. “Riteniamo che vietare gli e-liquid aromatizzati -scrive Goodman – ridurrà l’incentivo a passare allo svapo, cosa che può aiutare le persone a vivere una vita più lunga e più sana. Gli attuali consumatori potrebbero decidere di tornare a fumare e diventare parte degli 8 milioni che purtroppo muoiono ogni anno a causa di malattie legate al fumo”. La petizione rimarrà aperta per sei mesi, fino al 14 agosto. Mentre scriviamo ha già raccolto oltre 11 mila firme, che aumentano in maniera costante. Sopra la soglia delle 10 mila sottoscrizioni le petizioni devono ricevere risposta dal governo ma, se si raccolgono almeno 100 mila firme, la questione verrà presa in considerazione per essere dibattuta in parlamento. Ed è questo, chiaramente, l’obiettivo.

Articoli correlati