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Ungheria e Lussemburgo unite nella lotta alla sigaretta elettronica. Due leggi con un unico obiettivo: interrompere l’escalation di diffusione dell’ecig per salvaguardare il commercio del tabacco. In Ungheria divieto di vendita delle ecig se non attraverso i tabaccai; in Lussemburgo (paradiso fiscale dove ha sede, tra le altre, Bat) ecig deve sottostare alle regole del tabacco.
In Ungheria il Parlamento sta per varare una nuova legge (npn ancora votata ma già calendarizzata) per la quale l’ecig sarà parificata in toto alle sigarette tradizionali. Questo significa che, oltre il divieto di utilizzo nei luoghi al chiuso, la vendita potrà avvenire soltanto attraverso la rete dei tabaccai. Tutti i negozi di ecig attualmente presenti sul territorio saranno destinati alla chiusura entro il 19 maggio 2016. Al chiuso i vapers potranno utilizzare la sigaretta elettronica soltanto nei luoghi consentiti, ovvero le aree dedicate per i fumatori.
Non da meno accadrà in Lussemburgo. Il paradiso fiscale base le proprie fortune proprio sugli interessi delle multinazionali non solo del tabacco che utilizzano i conti del piccolo Stato che garantisce importanti agevolazioni fiscali ma soprattutto la segretezza titolare dei conti bancari e societari. Un portavoce del ministero della Salute ha spiegato che il divieto di utilizzo della sigaretta elettronica sarà effettivo a partire dal 20 maggio 2016, perché “se è vero che fa meno male della sigaretta tradizionale, è anche vero che non significa che non lo faccia in assoluto”. Secondo il Ministero, inoltre “la sigaretta elettronica costituisce un pericolo potenziale per la salute, soprattutto a causa dei suoi ingredienti principali: il glicole, la glicerina e la nicotina a concentrazione variabile”.
A novembre 2014 il Lussemburgo era finito sotto i riflettori mediatici per lo scandalo LuxLeaks, raccontato dal settimanale L’Espresso (nel numero del 6-11-2014, con articoli di P.Biondani-V.Malagutti-L.Sisti), e basato sulle informazioni contenute in un dossier di 28 mila pagine, redatto dal network americano The International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ). In quel dossier venivano descritti gli accordi siglati da 350 società di tutto il mondo, tra cui 30 italiane, con le autorità lussemburghesi. Grazie a questi accordi, in gergo “ruling” (di 20-30 pagine ciascuno), il peso delle tasse è stato notevolmente ridotto o, addirittura, azzerato. Si trattava, come scrisse L’Espresso, di “miliardi di euro sottratti al fisco grazie alla certificazione perfettamente legale di strutture e scatole societarie in Lussemburgo”. Tra le multinazionali coinvolte anche British American Tobacco. Sarà un caso?