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di Barbara Mennitti
“Sembra che alcune questioni riescano a trasformare le persone in perfetti idioti. Il vaping pare essere una di queste“. È l’unica spiegazione che Tim Worstall sul sito dell’Adam Smith Institute riesce a trovare per spiegare l’insensata e strisciante lotta che governi e autorità locali muovono alla sigaretta elettronica. Non è la prima volta che il famoso think tank conservatore britannico si schiera al fianco del vaping. Già a novembre dello scorso anno Worstall, senior fellow dell’istituto, aveva evidenziato le incongruenze delle politiche tese a limitare lo svapo.
Eppure, commenta Worstall, “la questione è davvero così facile che la può capire chiunque: agli esseri umani piacciono gli effetti della nicotina e il vaping è un modo per assumerla che ha solo il 5 per cento o meno dei rischi dell’altro modo popolare, il fumo di tabacco“. Ridurre i danni alla salute del 95 per cento sembrerebbe uno scopo da perseguire, ma non tutti sono d’accordo.
In molti Paesi, infatti, si discute di proibire l’ecig ai minori di 21 anni (come per le sigarette convenzionali), mentre politici e attivisti sostendono che la sigaretta elettronica potrebbe causare ai giovani una dipendenza dalla nicotina, inducendoli a fumare le sigarette di tabacco. Dunque bisogna regolamentare più severamente il vaping.
“Ovviamente – sostiene Worstall – questo è possibile: però dobbiamo sapere se è vero“. Insomma, bisogna capire se il vaping è un complemento o un sostituto del fumo. Cioè se la sigaretta elettronica rafforza il fumo o se lo sostituisce. I dati suggeriscono la seconda ipotesi.
Uno studio condotto da Abigail Friedman della Yale School of Public Health e pubblicato sul Journal of Health Economics ha esaminato i tassi di fumo di ragazzi fra 12 e 17 anni negli Stati che hanno proibito la vendita delle sigarette elettroniche ai minorenni. Il team di Friedman ha scoperto che questo divieto si traduceva in una crescita dei giovani fumatori: lo 0,9 per cento in più rispetto agli Stati senza questo divieto.
Il vaping, dunque, è un sostituto del fumo e in quanto tale non dovrebbe essere reso difficilmente accessibile o eccessivamente tassato. “Se ci interessa davvero la salute delle persone – spiega Worstall – dovremmo sovvenzionarlo“. Invece la tendenza nei Paesi dell’Unione Europea è quella di adeguare la tassazione delle e cig a quella delle sigarette di tabacco. Traete le vostre conclusioni.