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Jacques Le Houezec è una vera e propria autorità in materia di vaping, tra i più autorevoli e competenti portavoce delle istanze anti tabacco. Consulente in salute pubblica e dipendenza da tabacco, Le Houezec è membro dello staff di ricerca presso l’unità di salute mentale e pubblica di Parigi e professore associato allo UK Centre for tobacco and alcohol di Nottingham. E’ stato l’ideatore del Summit del vaping che lunedì radunerà a Parigi tutti i maggiori interlocutori del settore, facendoli sedere attorno un tavolo e cercando un punto d’azione comune. Un momento di confronto tra tutti gli attori che ruotano attorno il mondo del vaping e del tabacco come non si è mai riusciti a fare in Italia.
Perchè un Summit del vaping?
L’idea parte prendendo spunto dall’E-cig Summit di Londra che esiste dal novembre 2013 e dove sono intervenuto per parlare di nicotina. A Londra ci sono già stati tre Summit e penso che abbiano contribuito molto a far cambiare le cose a favore del vaping nel Regno Unito. In Francia ci sono molte associazioni piuttosto favorevoli all’utilizzo dei vaporizzatori personali, sono essenzialmente quelle che sostengono la riduzione del rischio. Ma ci sono anche associazioni piuttosto contrarie e sono soprattutto quelle che rappresentano gli interessi del tabacco. Ognuno dice la propria opinione ma nessuno si è mai confrontato con gli altri. Lo scopo del Summit è avvicinare tutte le associazioni e farle discutere. E, se possibile, adottare una posizione comune sul vaping.
Perché il ministero della salute e le istituzioni non saranno presenti?
Non saranno tutti assenti. Fortunatamente alcune istituzioni hanno dato il loro assenso. Avevamo però invitato anche il ministro alla salute Marisol Touraine e la Direzione generale della Sanità pubblica per ragguagliarci sulla trasposizione della Direttiva europea sui prodotti del tabacco che entrerà in vigore il prossimo 20 maggio. Il ministro ci ha comunicato che non potrà essere presente al Summit per impegni già fissati in agenda ma si sarebbe fatta rappresentare dal Direttore del dipartimento alla sanità pubblica o qualche altro rappresentante. Ad oggi, però, non abbiamo ancora avuto conferme.
Eppure, il vaping è uno strumento di riduzione del rischio per i fumatori…
Sì, il vaping è un formidabile strumento di riduzione del rischio ed è anche una vera rivoluzione nell’abbandono del tabacco. Mai avremmo visto così tante persone smettere di fumare in così poco tempo ed in più anche nel piacere di farlo. Aver scoperto un piacere superiore alla sigaretta è l’elemento chiave per il successo del vaping.
Cosa si potrà fare per farlo comprendere alla classe politica e ai governi?
Col tempo, se la Direttiva europea non avrà un impattto troppo duro nel settore, non potranno che cedere all’evidenza. Quando il 5 per cento, poi il 10 per cento, poi ancora il 20 cento dei fumatori avranno smesso di fumare grazie alla sigaretta elettronica e i benefici in termini di salute pubblica saranno ancora più evidenti, nessuno potrà più opporsi al vaping.
Quanto le lobby influenzano la politica?
Enormemente, sfortunatamente, e sono tantissime. Ci sono evidentemente le lobby del tabacco che non vedono di buon occhio il calo delle vendite dei loro prodotti. Ma anche le lobby del farmaco, che anch’esse hanno avuto un calo di vendite in seguito all’arrivo dell’ecig. E senza dimenticare poi gli stessi Stati che perdono sempre più tasse derivanti dal tabacco, tasse che sono fondamentali per la gestione dei bilanci.
E l’informazione?
Fare in modo che sulla stampa possa passare un messaggio rassicurante sul vaping è un lavoro a lunga scadenza. Per i giornali è più redditizio parlare dei pericoli ipotetici del vaping rispetto ai benefici sulla salute pubblica. Fa vendere di più puntare sulla paura piuttosto che sulle rassicurazioni. Ma a poco a poco anche la stampa sta correggendo il tiro, come abbiamo visto ad esempio con la massiccia divulgazione di ricerche come quella del Royal College of Physicians britannico o quella del Public Health Engfand dell’estate scorsa.
Perché è così difficile far comprendere che il vaping non è pericoloso quanto il tabacco?
Bella domanda. E’ certamente dovuto alla paura per tutto quello che ancora non si conosce. In quanto scienziato, analizzando la composizione dei liquidi o del vapore inalato dall’utilizzatore, non ho alcun dubbio nel dire che il rischio sia sensibilmente minore rispetto al fumo. Ma le persone hanno paura e temono il ritorno al tabacco per gli ex fumatori o l’ingresso al fumo nei giovani che utilizzano la ecig come veicolo di transizione. Dove però disponiamo di statistiche, come in Inghilterra, negli Stati Uniti e anche in Francia di cui daremo evidenza proprio durante il Summit, si osserva una riduzione del tabagismo nei giovani negli ultimi quattro anni. In Francia, oltretutto, la percentuale dei giovani che utilizzano la sigaretta elettronica è stabile mentre diminuiscono i fumatori.
Lei ha mai fumato?
Sì, ma sono riuscito a smettere quando avevo 25 anni. Quindi è da oltre 30 anni che non fumo più.
E come ha conosciuto invece il vaping?
L’ho visto nascere attorno il 2003, o forse il 2004, quando lavoravo per un’industria farmaceutica. Era l’epoca dei prodotti che assomigliavano alle sigarette tradizionali, le cosiddette cigalike e non ne ero rimasto ben impressionato. L’ho invece scoperto davvero tra il 2011 e il 2012, quando cominciavano anche ad essere pubblicati i primi studi scientifici. Me ne sono interessato sempre di più, contatttando i consumatori e intervenendo nei forum per saperne di più.
Nel mondo, secondo lei, chi sono le personalità di riferimento del vaping sia dal punto di vista scientifico che politico?
Collaboro molto con Riccardo Polosa e con Konstantinos Farsalinos (nella foto a lato, ndr). Abbiamo fatto degli studi e abbiamo anche pubblicato insieme. Per far progredire il vaping nella giusta direzione credo sia importante lavorare insieme alle associazioni che si occupano di riduzione del rischio. Sanno che i consumatori possono giocare un ruolo chiave nella regolamentazione e nelle politiche che li riguardano. Da qui lo slogan: “Niente su di noi senza di noi”.
Che ruolo possono giocare i consumatori?
Soltanto ascoltando le loro esperienze e dando voce alle loro testimonianze si potrà aiutare sempre più fumatori ad abbandonare il vizio. Non dobbiamo dimenticare che il problema non è la nicotina, ma il fumo. E’ il fumo che uccide, non la nicotina. E’ tempo che anche la nicotina trovi il suo giusto spazio nella società come ad esempio è accaduto per la caffeina. L’uomo ha da sempre cercato sostanze psicoattive in natura e ne ha bisogno per sentirsi bene. Se vuole consumare una sostanza per puro piacere, senza arrecare effetti deleteri per la salute, perché bisogna a tutti i costi vietarla o regolamentarne l’utilizzo?