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di Barbara Mennitti
Non disturbate la burocrazia mondiale. Questo è il messaggio arrogante, e francamente inaccettabile, che i delegati alla settima Conferenza delle parti sul controllo del tabacco dell’Oms in corso in India stanno inviando al mondo intero. Dopo aver presentato qualche mese fa un report preparatorio che ha suscitato la reazione di buona parte del mondo scientifico, dopo essersene bellamente infischiata delle critiche e dei commenti di scienziati e medici che da anni portano avanti studi sulla sigaretta elettronica, sui rischi e sulle potenzialità ad essa legate, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha deciso di svolgere i suoi lavori in assoluta segretezza, a porte chiuse. Ed è dietro queste porte invalicabili che verrà deciso il destino della sigaretta elettronica, con scelte che avranno impatto a livello globale.
Lunedì scorso, nel primo giorno della Conferenza, i delegati hanno votato unanimemente per escludere dai lavori il pubblico e la stampa. La giustificazione, alquanto risibile, era di tagliare fuori i lobbisti del tabacco o chiunque potesse influenzare i delegati. La sensazione evidente, invece, è che l’Oms voglia svolgere i suoi lavori nell’ombra, senza dover rendere conto di come, perché e attraverso quali percorsi giunge alle sue decisioni. Ed è una cosa intollerabile visto che si tratta di un organismo pagato con i soldi dei contribuenti, che darà linee guida valide per tutto il mondo e dunque la trasparenza dei suoi lavori dovrebbe essere il minimo sindacale. La stampa, quella buona e indipendente almeno, è il cane da guardia del potere e quando il potere non vuole il suo occhio, sorgono legittimamente molti quesiti poco rassicuranti.
I giornalisti che hanno investito tempo e denaro per recarsi a New Delhi e dare conto dell’evento sono stati relegati a due conferenze stampa al giorno. Ma, come dimostrato dai video dell’emittente canadese The Rebel, anche questi incontri rasentano la farsa: ai giornalisti sono stati consegnati dei testi scritti e ad ogni domanda i delegati si limitano ad indicare il passaggio pertinente nei documenti. Nessuna ulteriore spiegazione o commento. Drew Johnson, reporter dello statunitense Daily Caller, ha deciso di sedersi all’interno della sala della conferenza ed è stato trascinato via a forza dalla sicurezza, il badge di riconoscimento gli è stato strappato dal collo, mentre un funzionario con atteggiamento bullesco dileggiava i giornalisti chiamandoli: “Bambini”.
L’inquietante chiosa di queste giornate organizzate dall’Oms è nelle parole rabbiose di Faith Goldy di Rebel: “Sono venuta fin qui sperando di smentire tutte le teorie del complotto sul globalismo, il male e i segreti. E invece ho scoperto molto velocemente che il complotto non è una teoria ma un fatto”. E noi aggiungiamo l’amarezza nel constatare che di tutto questo non si trova traccia sulla grande stampa nostrana o quasi. A proposito di cani da guardia.