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di Stefano Caliciuri
Tutte le aziende sostengono di produrre il liquido migliore, ma poche ne danno le prove. Konstantinos Farsalinos non ha peli sulla lingua: a margine del simposio medico di La Rochelle, in Francia, si è lasciato andare ad alcune riflessioni sul mondo del vaping. In particolare, ha tenuto a specificare la differenza tra un liquido di qualità e un liquido di tendenza. Sottolineando che un consumatore attento dovrebbe prima di tutto puntare sulla sicurezza del prodotto e non lasciarsi abbindolare dalla confenzione e dal marketing. O meglio, il marketing è funzionale alle vendite ma deve necessariamente essere accompagnato da precise indicazioni sulla sicurezza e sugli ingredienti utilizzati. Aggiunge però che la vera discriminante sono “gli aromi utilizzati perché le basi sono sempre le stesse“; è la composizione aromatica, la presenza di molecole più o meno aggressive, a fare la differenza tra un liquido dal sapore rotondo ed uno dal sapore più secco.
La rotondità e il gusto spinto dei cosiddetti “liquidi americani”, ad esempio, è dovuta alle alte quantità di molecole di diacetile, saccarine e acetilpirazine contenute negli aromi. Ingredienti che nei liquidi italiani non sono inseriti se non in modiche quantità, tali da non influire più di tanto nel gusto. La normativa non dice nulla al riguardo ma le aziende italiane hanno scelto di adottare una linea soft, evitando i picchi e le “esplosioni di gusto” tipici dei liquidi extra Ue. L’origine di tutto però, è nella mancaza di una scala di valori che possa stabilire la soglia di rischio. Come quando scoppiò la polemica sulla presenza dei metalli pesanti: che ci siano è quasi scontato, la discriminante è conoscerne la quantità. Anche nell’acqua in bottiglia ci sono i metalli pesanti ma non per questo è considerata tossica. Assumere una quantità di medicinale insufficiente non arreca alcun danno e alcun miglioramento; assumerne la giusta dose porta alla guarigione; assumerne in eccesso può anche essere letale. Tutto sta nella giusta misura. Quale è la giusta misura degli additivi aromatici? Ai posteri (o all’Istituto superiore di sanità) spetta l’ardua sentenza.