© Sigmagazine, rivista d'informazione specializzata e destinata ai professionisti del commercio delle sigarette elettroniche e dei liquidi di ricarica - Best edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - P. Iva 14153851002 - Direttore responsabile: Stefano Caliciuri - Redazione: viale Angelico 78, Roma - Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Roma al numero 234/2015 - Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017
A maggio 2017 anche in Francia entrerà in vigore la Tpd. Poche ma sostanziali le differenze con il recepimento italiano, merito anche di una scrittura più chiara del decreto di attuazione pubblicato sul sito ufficiale del governo.
Prima di tutto la definizione: i francesi hanno scritto che “i prodotti del vaping (o sigarette elettroniche) sono dispositivi elettronici utilizzati, attraverso un bocchino, per il consumo di vapore con o senza nicotina. E’ regolamentata la fabbricazione e la vendita di sigarette elettroniche con nicotina“. Dalle prime righe quindi è chiaro che la Francia regolamenta solo e soltanto i prodotti con nicotina. Le sigarette elettroniche precaricate con liquido nicotinizzato “non possono avere un tank superiore ai 2 millilitri” mentre “i liquidi, anche quelli contenuti nei flaconi di ricarica, non possono avere una concentrazione di nicotina superiore ai 20 milligrammi per millilitro“. Eventuali eccezioni sono invece segnalate. Come ad esempio la vendita ai minori. In questo caso il legislatore ha voluto indicare con precisione che “sono vietate le vendite ai minori di tutti i prodotti del vaping“. Non utilizza il termine sigaretta elettronica o liquidi ma, in maniera molto chiara, una parola che indica l’insieme degli strumenti e degli accessori. L’Italia, invece, non indicando alcuna eccezione, è rimasta nel limbo. Le interpretazioni diffuse, in mancanza di una sentenza definitiva, tendono a dire che la vendita ai minori è vietata soltanto per i liquidi contenenti nicotina e le sigarette elettroniche precaricate o con cartucce usa e getta.
Sempre sul versante delle rivendite, il legislatore francese ha scritto nero su bianco cosa un commerciante può e cosa non può pubblicizzare attraverso il proprio negozio. Ovvero: “La pubblicità dei prodotti del vaping è autorizzata sulle insegne commerciali apposte sulla facciata dello stabile dove è locata la rivendita dei prodotti del vaping“. E ancora: “La pubblicità è consentita ai prodotti del vaping esposti in vetrina purché non accompagnati da volantini o pannelli esterni“. Sulla stampa non si potranno pubblicizzare i prodotti del vaping, vietando qualsiasi forma di comunicazione, sia essa scientifica comparativa che commerciale. L’Italia, invece, vieta la pubblicità dei prodotti contenenti nicotina e delle sigarette elettroniche usa e getta o precaricate, derogando le testate giornalistiche specializzate.
Il vaping è vietato nelle scuole, sui mezzi di trasporto pubblici e negli uffici pubblici al chiuso. Il divieto non vale se il luogo di lavoro è all’aperto come ad esempio i cantieri pubblici e i mercati. I titolari di aziende private però possono prevedere un divieto al vaping da inserire nel regolamento interno.
I costi di notifica per le aziende ammontano a 550 euro per la prima comunicazione per ogni prodotto; a 120 euro per prodotto ogni anno per le spese di archiviazione, trattamento e analisi dei dati. C’è tempo sino al 1 marzo 2017 notificare i prodotti immessi in commercio a partire dal 1 gennaio 2015.
© Riproduzione riservata