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Anche Ovale interviene nel dibattito sull’inattendibile ricerca bolognese

L'invettiva dell'azienda di ecig in franchising contro l'Università di Bologna: non soltanto per la strumentazione adottata e per il settaggio ma anche per aver testato vapore tossico sugli animali.

La ricerca diffusa dall’Università di Bologna secondo cui il vaping causerebbe danni al Dna delle molecole del sangue non cessa di alimentare la polemica. Dopo il nostro articolo di denuncia sull’inattendibilità e sull’inefficacia del metodo utilizzato, molti illustri scienziati si sono susseguiti a percorrere la stessa contestaizone. Primo fra tutti il professor Tirelli che ha avuto parole pesantissime contro lo staff bolognese, chiedendo addirittura la costituzione di un organismo europeo di controllo sulla verosimiglianza delle analisi e dei test di laboratorio. Oggi è Ovale, tra le più grandi aziende in franchising del vaping, ad interventire e prendere posizione con un lungo comunicato stampa che riportiamo integralmente.
“L’esito di una ricerca dipende sempre dalla metodologia applicata alla ricerca stessa. Se la metodologia tiene conto di strumenti e parametri illogici anche i risultati lo saranno. Questo è esattamente ciò che è successo con lo studio condotto da un team dell’università di Bologna sull’utilizzo della sigaretta elettronica. I ricercatori sono inciampati infatti in un errore metodologico molto evidente e grossolano, sicuramente in buona fede, che ha condizionato tutto il loro lavoro: hanno utilizzato per i test (fatti sugli animali) una combinazione di atomizzatori e batterie con una potenza tale da renderli incompatibili e addirittura pericolosi. Aziende serie e con una storia di forte impegno per lo sviluppo di nuove tecnologie, analisi sui prodotti e tracciabilità come Ovale, non si sognerebbero mai di combinare strumenti del genere. Secondo questa ricerca le sigarette elettroniche anche non bruciando tabacco come le sigarette tradizionali, produrrebbero ugualmente sostanze tossiche con la conseguenza che anche le ecigs potrebbero quindi causare seri danni alla salute. Ma come si è arrivati a questo risultato? Il team di ricercatori ha usato un tank da 2,5 ml con atomizzatore da 2 ohm attivato con una batteria regolata a 5,5V. La nostra pluriennale esperienza tecnica ci dice che non esistono in commercio atomizzatori da 2 ohm tarati per sopportare un voltaggio/wattaggio del genere. Una atom da 2ohm (come ad esempio quello della nostra Elips) lavora correttamente in un range di massimo 5-7 watt. Durante i test invece sono stati erogati per quel tipo di atom ben 15 watt e cioè più del doppio di quanto quasi certamente quell’atomizzatore potesse supportare. Qual è la conseguenza? Con un atom da 2 ohm utilizzato con una batteria regolata a 15 watt è assolutamente normale che il vapore prodotto sia nocivo e pieno di aldeidi e altri elementi di decomposizione. Il test è stato organizzato con un ciclo formato da tiri di ben 6 secondi intervallati da 5 secondi di pausa, ripetuti per 17 volte. In una giornata venivano effettuati più cicli sempre con la batteria impostata a 5,5V e con una resistenza da 2 ohm. Non abbiamo difficoltà a dire che un dispositivo elettronico del genere è “criminale” e il suo utilizzo con quelle modalità non potrà che essere dannoso. E infatti i risultati della ricerca lo indicano: sui poveri animali che hanno subito lo stress di test così mal calibrati (sull’uomo non è ancora provato che il risultato sia identico) si è evidenziata la produzione di un effetto inducente sugli enzimi bioattivanti e inibente per quelli detossificanti. Il punto è che però il risultato è stato condizionato da una metodologia di ricerca di per sé sbagliata perché gli strumenti utilizzati erano già tarati per essere nocivi per la salute. Ovale non ha mai utilizzato quella combinazione sconclusionata di atomizzatori e batterie, e quindi la questione non ci tocca. I nostri liquidi e i nostri hardware sono stati analizzati e testati da università e centri di ricerca internazionali. I nostri prodotti, a parità di aspirazioni, rilasciano appena un terzo della nicotina rilasciata dalle sigarette tradizionali e nei nostri liquidi non sono presenti metalli tossici e nocivi per l’uomo, come accertato dal dipartimento di Chimica dell’Università di Napoli Federico II. Ma proprio perché siamo l’azienda con più esperienza sul mercato abbiamo l’obbligo morale di stigmatizzare la diffusione di dati inficiati da una procedura scorretta. E questo perché nonostante decine di studi a favore dell’uso della sigarette elettroniche provenienti dalle più prestigiose università del mondo, un lavoro del genere rischia di innescare una sorta di terrorismo psicologico che il settore, già vessato da una normativa schizofrenica, non può permettersi. A Bologna, sede dell’università dove è stata effettuata la ricerca, una notizia del genere rischia di creare difficoltà ai rivenditori che già hanno subito gli effetti del marketing aggressivo e della presenza proprio in città, dei nuovi stabilimenti della Philip Morris inaugurati in pompa magna alla presenza dell’allora premier Matteo Renzi”.

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