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Un esempio da seguire in materia di politiche per il vaping? La Corea del Nord. No, non è una barzelletta. È l’invito dell’Organizzazione mondiale della Sanità espresso dalla sua advisor per la regione del Sud est asiatico, Jagdish Kaur, sulle colonne dell’Indian Journal of Public Health. Neanche a dirlo, la sigaretta elettronica nel Paese asiatico è vietata. Un verbo – vietare – con il quale l’Oms non riesce proprio a smettere di flirtare. Così come con le dittature, portate addirittura ad esempio per il resto del mondo.
Nell’introduzione al suo intervento, Kaur si dilunga su triti e ritriti – ma soprattutto superati – falsi miti sulle sigarette elettroniche: sono fatte apposta per indurre i giovani al fumo, la loro efficacia e la loro sicurezza non è stata dimostrata, non si possono escludere effetti negativi del vapore passivo, rinormalizzano il fumo. Come se il dibattito e la ricerca scientifica fossero ferme a cinque anni fa.
Kaur fa appello ai legislatori perché si equipaggino per affrontare l’epica sfida posta dagli strumenti elettronici per la somministrazione della nicotina. E poi il colpo di teatro: “Timor est, la Repubblica popolare democratica di Corea e la Tailandia sono stati i primi a vietare questi prodotti. Gli altri Paesi del sud est asiatico devono seguire il loro esempio”. Come farebbe il mondo a salvaguardare la propria salute se le dittature non gli mostrassero la giusta via?