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Il vapore della sigaretta elettronica non influisce sulla flora intestinale

Un team internazionale di ricercatori coordinato dalla Newcastle University ha condotto il primo studio per confrontare la popolazione batterica dell’intestino nei fumatori di tabacco e negli utilizzatori di sigarette elettroniche.

Un team internazionale di ricercatori coordinato dalla Newcastle University ha condotto il primo studio per confrontare la popolazione batterica dell’intestino nei fumatori di tabacco e negli utilizzatori di sigarette elettroniche. L’esito è sorprendente. Mentre nei fumatori la popolazione batterica è fortemente ridotta rispetto i non fumatori, negli svapatori questa differenza non si è trovata. In sostanza, per l’intestino non c’è differenza tra chi non fuma e chi svapa.
Christopher Stewart, principale autore dello studio, ha spiegato: “Le cellule batteriche nel nostro corpo sono più numerose delle nostre cellule umane e il nostro microbioma pesa più del nostro cervello, eppure abbiamo appena iniziato a comprendere la sua importanza per la nostra salute. Saranno necessarie ulteriori ricerche ma scoprire che utilizzare un vaporizzatore è meno dannoso del fumare per i nostri batteri intestinali costituisce un ulteriore incentivo a passare alle sigarette elettroniche e ad usarle come uno strumento per smettere di fumare del tutto. Questa ricerca nasce dall’aumento del numero di persone che utilizzano sigarette elettroniche e comprenderne gli effetti sul corpo umano sta diventando sempre più importante”. Il primo studio di questo tipo ha evidenziato che le persone che utilizzano i vaporizzatori hanno lo stesso mix di batteri intestinali dei non fumatori, mentre coloro che fanno uso di sigarette combustili hanno notevoli cambiamenti al loro microbioma intestinale (l’insieme dei geni dell’intero microbiota). In particolare, nei fumatori è stato osservato un aumento dei batteri prevotella, che è stato collegato ad un maggior rischio di tumore del colon e colite, e una riduzione dei batteri benefici. Tale riduzione è stata associata a obesità e malattia di Crohn.
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