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Sigarette elettroniche riducono drasticamente il monossido di carbonio

Nuovo studio curato da Fabio Beatrice e Giuseppina Massaro: i prodotti a rischio ridotto sono un'opzione praticabile per abbattere il danno nei fumatori che non riescono a smettere.

Tanto le sigarette elettroniche che i riscaldatori di tabacco sono in grado di ridurre in maniera significativa i livelli di monossido di carbonio espirato almeno nel medio termine, dunque costituiscono un approccio praticabile di riduzione del danno per quei fumatori che non vogliono o non riescono a smettere di fumare”. A dirlo è uno studio tutto italiano, condotto dal professor Fabio Beatrice del Centro antifumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e dalla dottoressa Giuseppina Massaro, ricercatrice esperta delle tecniche di disassuefazione dal tabagismo. La ricerca è stata pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health e, prima di essere effettuato, ha ottenuto l’approvazione del Comitato Etico della Asl della città di Torino.
Si tratta di uno studio pilota osservazionale condotto su 40 fumatori maschi (età media 49,8 anni) con un consumo medio di 21,7 sigarette al giorno nei precedenti 31 anni. Tutti non riuscivano o non volevano smettere di fumare, ma chiedevano di passare a prodotti a rischio ridotto. I fumatori hanno potuto scegliere lo strumento preferito fra una sigaretta elettronica a bassa potenza (con cartucce monouso precaricate e nicotina a 18 mg/ml) o un riscaldatore di tabacco 2.2 (con stick con contenuto di 0,50 mg di nicotina l’uno), dopo essere stati istruiti individualmente da personale medico sulle caratteristiche e le modalità di utilizzo di entrambi gli strumenti. I partecipanti sono stati anche sottoposti al test Fagerstrom, per valutare il loro grado di dipendenza dalla nicotina. Per partecipare allo studio era, infine, tassativo passare completamente al nuovo strumento (smettendo quindi di fumare) entro 15 giorni.
Sono stati, quindi formati due gruppi di 20 individui ciascuno. La prima cosa che salta all’occhio è che ad optare per il riscaldatore sono stati soprattutto quei fumatori che avevano avuto un punteggio più alto al test Fagerstrom, cioè quelli con maggiore dipendenza dalla nicotina, rispetti ai partecipanti che hanno scelto l’e-cig. Per il resto all’inizio dello studio i due gruppi erano omogenei per età, numero di sigarette fumate e livelli di monossido di carbonio espirato. La seconda cosa da notare è che nessun partecipante ha abbandonato lo studio: tutti, in entrambi i gruppi, sono riusciti a fare il passaggio completo al nuovo strumento nei 15 giorni previsti.
Dopo sei mesi di utilizzo, in entrambi i gruppi è stata misurata una riduzione significativa del monossido di carbonio espirato, che aveva raggiunto livelli pari a quelli dei non fumatori. Scopo dello studio – scrivono gli autori – non era quello di fare una comparazione formale fra i due gruppi in termini di riduzione del monossido di carbonio espirato. Rilevano però che il test U di Mann-Whitney (uno di più potenti test non parametrici) dimostra che, mentre dopo sei mesi non vi sono differenze significative nella percentuale di carbossiemoglobina (complesso di monossido di carbonio ed emoglobina all’interno dei globuli rossi) fra i due gruppi, gli ex fumatori che hanno utilizzato il riscaldatore di tabacco hanno registrato una minore riduzione di parti per milione di monossido di carbonio (COppm), rispetto a quelli che hanno usato la sigaretta elettronica.
Questo studio, dunque, dimostra che le fonti di nicotina non combustibili riducono l’esposizione cronica al monossido di carbonio in quei fumatori che non vogliono smettere di assumere nicotina. Dimostra anche quanto sia importante, per la riuscita di un percorso di disassuefazione dal fumo, rispettare le preferenze del fumatore verso un particolare prodotto a rischio ridotto. I primi destinatori di questa ricerca sono infatti i professionisti sanitari, invitati a considerare tutte le opzioni possibile per aiutare i fumatori. “I risultati di questo studio – concludono gli autori – forniscono nuove evidenze agli operatori sanitari e ai fumatori, per aiutarli a identificare la migliore scelta individuale fra gli approcci di riduzione del danno da tabacco, quando non sia possibile raggiungere l’obiettivo della cessazione totale”.
Il professor Fabio Beatrice illustrerà i dettagli della ricerca durante Roma Cuore, in programma nella capitale il prossimo venerdì 8 novembre.

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