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La sigaretta elettronica ha spinto Big Tobacco verso prodotti meno dannosi

Secondo uno studio, la concorrenza del vaping è determinante nel cambio di prospettiva dell'industria del tabacco.

È la concorrenza con l’industria della sigaretta elettronica a spingere le multinazionali del tabacco a lanciare sul mercato e promuovere prodotti a rischio ridotto. E dunque le regolamentazioni che pongono limiti alle aziende indipendenti del vaping non solo proteggono i profitti dei produttori di sigarette, ma rischiano anche di rallentare o invertire il recente calo dei fumatori, soprattutto fra i giovani. Giunge a questa conclusione uno studio appena pubblicato su Nicotine and Tobacco Research e intitolato “Do Tobacco Companies Have an Incentive to Promote “Harm Reduction” Products?: The Role of Competition”. A condurlo è stato un pool di otto accademici americani, inglesi e canadesi, coordinati da David T. Levy del Lombardi Comprehensive Cancer Center della Georgetown University. Fra i nomi noti della ricerca sul vaping troviamo anche David Sweanor dell’Università di Ottawa, Clifford Douglas dell’Università del Michigan e K. Michael Cummings della Medical University of South Carolina.
Per questo studio, i ricercatori si sono concentrati sul comportamento delle aziende produttrici di sigarette negli Stati Uniti. E hanno messo a confronto la concorrenza prima e dopo il 2012, analizzando l’impatto della crescita dei vaporizzatori personali di nicotina (le e-cigarette) sulla prevalenza del fumo e sui profitti delle società di tabacco ed esaminando il potenziale ruolo futuro della concorrenza. I risultati dimostrano che, da quando i consumatori si sono rivolti sempre più verso prodotti con nicotina non combustibili (sigarette elettroniche, riscaldatori di tabacco, prodotti per uso orale), le aziende del tabacco hanno acquisito importanti quote in queste categorie di prodotti. E, mentre è probabile che queste aziende promuovano più gli strumenti nelle loro corde (come riscaldatori e prodotti orali) rispetto alle e-cig, “i loro incentivi – scrivono gli autori – saranno direttamente correlati alla concorrenza di aziende indipendenti, che a loro volta dipenderanno dalla regolamentazione del governo”.
Insomma, se le multinazionali del tabacco si sono impegnate nel creare e diffondere prodotti alternativi al fumo a rischio ridotto, è solo grazie alla diffusione della sigaretta elettronica, che ha eroso il loro mercato. Un atteggiamento che può cambiare, qualora la “minaccia del vaping” non fosse più presente. “Sebbene le aziende produttrici di sigarette – spiegano infatti gli autori – sosterranno alternative al tabacco combusto quando si sentiranno minacciate dalla concorrenza, la loro conversione duratura ai prodotti senza combustione dipenderà dall’entità di tale concorrenza che sarà influenzata dalla regolamentazione governativa dei prodotti del tabacco”.
In sostanza, i governi rischiano di essere i migliori alleati del tabacco combusto, adottando normative punitive nei confronti del vaping e limitando la concorrenza creata dalle aziende indipendenti. Per evitare questo, suggerisce lo studio, servono non solo norme che disincentivino il consumo di sigarette e incoraggino a passare a strumenti meno dannosi, ma anche uno stimolo positivo. “La regolamentazione dei prodotti non combustibili per la somministrazione di nicotina e delle sigarette – concludono gli autori – dovrebbe essere proporzionata ai loro rischi relativi, in modo che i fumatori siano incoraggiati a passare dai prodotti combustibili ad alternative più sicure e i produttori di sigarette abbiano incentivi a promuovere prodotti più sicuri”.

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