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In occasione dell’audizione che ha tenuto in Commissione Affari Sociali della Camera della Repubblica – e di cui abbiamo dato conto con la pubblicazione del video integrale – il professor Riccardo Polosa non si è limitato a suggerire piani d’azione sanitari in ottica di riduzione del danno da fumo ma ha anche puntato l’attenzione contro l’attuale normativa fiscale sulle sigarette elettroniche. Come da anni la filiera sta chiedendo a gran voce, lo scienziato catanese ha sottolineato che sarebbe arrivato il momento di separare la regolamentazione degli strumenti elettronici a rischio ridotti dai prodotti del tabacco. Lo ha fatto attraverso una memoria scritta che è agli atti dei documenti ricevuti dalla commissione. “La normativa italiana – dice Polosa – prevede che l‘imposta di consumo sui liquidi da inalazione e l’accisa sul tabacco da riscaldare sia agganciata all’accisa sul tabacco tradizionale. Fatta 100 quella sul tabacco tradizionale, il tabacco riscaldato paga circa 40 mentre i liquidi per sigarette elettroniche pagano 15 (con nicotina) e 10 (senza nicotina). Il meccanismo ideato dal legislatore è progressivo, ovvero se aumenta la tassa sul tabacco, aumenta proporzionalmente anche quello degli altri due. La norma non stabilisce imposte in valore assoluto ma sotto forma di sconto fiscale. Quindi, se sale il tabacco salgono anche le altre due. Una fiscalità equa dovrebbe dividere le tre categorie, cosicché si possa intervenire penalizzando in modo specifico la tipologia di prodotto a rischio più elevato (come la sigaretta convenzionale). Sempre seguendo l’esempio inglese, dove vige una politica fiscale aggressiva nei confronti delle sigarette (un pacchetto costa mediamente il triplo che in Italia) e più permissiva nei confronti dei liquidi e del tabacco riscaldato. Oggi, in Italia, un pacchetto di sigarette (5,5 euro) costa solo marginalmente meno di un flacone liquido per sigarette elettroniche (6 euro) o di una sigaretta elettronica usa e getta contenente 2 millilitri di liquido (8 euro). Una ricarica da 20 di tabacco da riscaldare costa mediamente 3,5 euro. È del tutto evidente che l’equivalenza fiscale così come è concepita non regge. Basterebbe – ha in conclusione suggerito Polosa – sganciare la fiscalità dei prodotti a rischio ridotto da quella del tabacco tradizionale”.
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