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Drappello di senatori punta il mirino contro le aziende del vaping

Interrogazione rivolta al ministro Padoan per chiedere maggiori controlli ispettivi di Guardia di Finanza e Aams nei confronti delle attività produttive legate al fumo elettronico. E intanto l'integruppo parlamentare sulla sigaretta lettronica tace.

Più controlli da parte della Guardia di Finanza; più controlli da parte di Aams; più controlli verso depositi fiscali e rappresentanti fiscali. Sono le richieste che i senatori Serenella Fucksia (ex Cinquestelle) e  Giovanni Bilardi hanno inoltrato al ministro dell’economia Padoan. I senatori di Idea-Popolo e Libertà (drappello sotto la guida del già ministro Gaetano Quagliariello), non chiedono una rimodulazione della tassazione attualmente in parte sospesa con sentenza costituzionale, ma auspicano che vengano intensificati i controlli per la riscossione. Vogliono sapere, infatti, se il Ministro “intenda prevedere un sistema di controllo delle procedure di riscossione dell’imposta di consumo gravante sulle sigarette elettroniche maggiormente efficace“. Richieste che, anziché andare nella direzione della prevenzione e della diffusione di uno strumento di riduzione del rischio – oltretutto entrambi i senatori esercitano la professione medica – vanno invece a reprimere un settore che, dopo un periodo di asfissia normativa, sembra tornato a respirare.
E, in aggiunta, chiedono come intenda il ministro “provvedere per fronteggiare la situazione e avviare le proprie valutazioni, anche attraverso verifiche sulla corretta esecuzione della normativa in vigore, in considerazione del fatto che, con il prolungarsi dell’assenza di un adeguato regime di controllo, si rischia di dare luogo al proliferare di gravi atteggiamenti elusivi, nonché distorsivi del mercato, con riferimento agli operatori che invece effettuano il corretto pagamento dell’importo dovuto“.
Il riferimento è all’applicazione della tassazione sui liquidi con nicotina. In attesa di sentenza della Consulta molte aziende hanno optato per la cosiddetta formula light: in sostanza pagano all’erario una quota proporzionale al contenuto di nicotina e non su tutto il flacone. La ratio è presto detta: la Corte ha stabilito che solo la nicotina può essere oggetto di tassazione, dunque, se un flacone da 10 millilitri contiene 100 milligrammi totali di nicotina (ovvero gradazione al 10%), è corretto pagare il 10 per cento e non l’importo totale che andrebbe invece ad incidere sul rimanente 90 per cento composto da glicole, glicerina, acqua ed aromi. Ma chi avrebbe interesse ad incentivare i controlli fiscali per verificare il pagamento totale dell’imposta? Probabilmente chi sino ad oggi ha auspicato e difeso la tassazione sul singolo flacone a prescindere dal livello di nicotina. E a sostenere questa tesi sono le due Big del tabacco presenti sul mercato italiano con i loro vaporizzatori personali.
Esattamente un anno fa di questi tempi, l’intergruppo parlamentare sulla sigaretta elettronica aveva ricevuto una petizione con circa 4mila firma affinché lavorasse sulla separazione normativa tra fumo e vapore. Alla foto di rito hanno fatto seguito le promesse diffuse con ampio risalto: “Entro la fine del 2016 – annunciavano in sede di costituzione – elaboreremo una proposta legislativa che tenga conto delle peculiarità del prodotto disciplinandone gli aspetti fiscali, sanitari e regolamentari”. Ma dopo queste ricadute mediatiche, nulla è più accaduto, come nulla è stato prodotto in sede parlamentare. Probabilmente i parlamentari sono stati delusi dalla scarsa partecipazione delle associazioni di settore, o forse pensavano di ottenere ben più ampio riscontro a livello di adesioni. Il risultato è che nell’ultimo anno, periodo clou per il settore dovuto alla riscrittura della tassazione e all’entrata in vigore della Tpd, l’intergruppo parlamentare sulla sigaretta elettronica è scomparso da qualunque tipo di dibattito. Mai come in queste occasioni dovrebbe invece dare un segno di esistenza in vita.

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