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Tratto da Sigmagazine #4 – settembre-ottobre 2017
Molti studi hanno dimostrato la connessione tra fumo di sigaretta e disturbi della sfera psicologica/psichiatrica. I dati scientifici dimostrano che le probabilità di sviluppare una depressione sono maggiori tra i fumatori di tabacco e in più evidenziano come il numero di pazienti affetti da patologie psichiatriche sia significativamente più alto nella popolazione dei fumatori tradizionali. Fattore principale è l’attività neuroendocrina della nicotina, responsabile di una modificazione strutturale e funzionale dell’equilibrio dei sistemi dopaminergici e serotoninergici, in particolare nelle aree cerebrali limbiche come l’amigdala, struttura profonda deputata al controllo dell’umore e di altre funzioni comportamentali.
Tra i disturbi psichiatrici fumo-correlati la dipendenza da nicotina viene classificata nel DSM V come un vero e proprio disturbo patologico e anche come sintomo di altre patologie psichiatriche. Infatti la dipendenza stretta dalla nicotina, sostanza che induce l’attivazione di neuromodulatori dell’umore che danno piacere e gratificazione come la serotonina o la dopamina, spiegherebbe in parte il maggior consumo di sigarette nelle sindromi ansiose-depressive. Questa forte dipendenza contribuisce alla desensibilizzazione dei recettori nicotinici del sistema limbico con la conseguente perdita dell’effetto gratificante e sedativo indotto dal fumo, che spinge il soggetto dipendente ad azzumere dosi sempre più massicce. Tra i meccanismi neurobiologici implicati c’è anche la modificazione della normale funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che produce livelli alti di cortisone, grazie proprio dalla nicotina, livello ulteriormente peggiorato dalla presenza di abitudini poco sane e concomitanti all’uso sigaretta come l’abuso di alcol. È inoltre accertata l’esistenza di una prevalente maggior dipendenza da nicotina tra gli individui affetti da disturbi depressivi e sono diversi gli studi concordi nel ritenere il fumo di sigaretta come un possibile fattore di rischio per disturbi d’ansia ed attacchi di panico. Così anche il disturbo depressivo bipolare risulterebbe più alto nella popolazione fumatrice per gli stessi meccanismi neuroendocrini.
Dagli studi sulla schizofrenia condotti in venti Paesi del mondo emerge che i pazienti schizofrenici consumano un maggior numero di sigarette rispetto a quelli con altri disturbi. In questo scenario l’ecig può essere di aiuto anche nel caso siano presenti severi disturbi dell’umore o disturbi psicotici? I pazienti psichiatrici possono trarne beneficio? Una risposta chiara si ha nello studio condotto da ricercatori del King’s College di Londra e della London South Bank University, presentato nell’aprile 2016 a Firenze, durante il congresso della Schizophrenia International Research Society. Trentasei fumatori di età compresa fra i 18 e i 70 anni con diagnosi di schizofrenia, disturbo bipolare, disturbo schizoaffettivo o schizofreniforme sono stati invitati a sostituire la sigaretta tradizionale con l’ecig di prima generazione (nicotina a 4,5mg). Già alla sesta settimana si registrava una diminuzione significativa del monossido di carbonio espirato e quasi la metà del campione dei pazienti ha dichiarato di voler continuare ad usare la sigaretta elettronica. Alla decima settimana si era ottenuta una riduzione significativa nel consumo sia di sigarette tradizionali sia dell’ecig. Il risultato più importante è che non vi sono state variazioni significative nei sintomi psicotici, elemento fondamentale per questi pazienti che devono rimanere “stabilizzati” per stare bene e a contatto con la realtà.
Dunque tale ricerca dimostra che la sigaretta elettronica in nessun caso peggiora il quadro clinico e sintomatologico dei pazienti psichiatrici, anzi dimostra che l’ecig può aiutare a ridurre la dipendenza da tabacco e i danni ad esso correlati anche negli individui con gravi malattie mentali, senza peggiorare la loro sintomatologia, migliorando significativamente la loro “quality of life”.
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