Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

Il boomerang delle politiche salutistiche: “Il terrorismo psicologico è inutile”

Gli slogan sui danni provocati dal fumo potrebbero essere psicologicamente controproducenti: nel fumatore si può creare una sorta di barriera contro i messaggi minatori, irritanti ed offensivi, e quindi da allontanare e reprimere. Ma può anche instaurarsi un meccanismo psicologico di sfida.

psicologa esperta in Nuove dipendenze patologiche & Counseling psicologico

Le campagne salutistiche basate su messaggi e su immagini crude impresse sui pacchetti di sigarette pensate dalla sanità pubblica con l’obiettivo di sensibilizzare il fumatore e di farlo smettere, tendono invece a creare a livello psicologico l’effetto opposto, inducendo nella persona una sensazione di “incapacità nel riuscire”, un abbassamento dell’autostima e un senso di sconfitta, che lo porta probabilmente a fallire nell’intento di smettere di fumare. Questi fattori certamente non sono di supporto per intraprendere un percorso equilibrato di disassuefazione.
In un studio inglese condotto dalla dottoressa Sara Evans-Lacko, ricercatrice della London School of Economics, è emerso che: “Stigmatizzare severamente la pratica del fumo con l’uso di immagini drammatiche e di messaggi ansiogeni” può, in molti casi, rendere più difficile l’allontanamento dalla sigaretta e complicare ulteriormente i tentativi di smettere di fumare, poiché nel fumatore possono crearsi sentimenti di rabbia e di difesa, inducendolo a un calo di autostima. I risultati di questa ricerca, pubblicati sulla rivista Social Science & Medicine, sottolineano che gli “stereotipi negativi sul fumo” finiscono per ritorcersi contro i fumatori e portano a ribaltare le intenzioni con cui sono stati creati, inducendo chi già non si stima abbastanza a pensare di non poter riuscire a smettere. La conclusione concettuale di questa ricerca è che “bisognerebbe lanciare slogan anti-fumo che si concentrino più sugli effetti positivi ottenuti da chi ha smesso di fumare e beneficia di una migliore qualità di vita”.
Dal punto di vista psicologico le campagne antifumo messe a punto in questi anni possono essere controproducenti, poiché nel fumatore si può creare una sorta di barriera contro quei messaggi minatori, letti come irritanti, offensivi e quindi da allontanare e reprimere, oppure può anche instaurarsi un meccanismo psicologico di sfida: “Io non smetto solo perché volete impaurirmi”. Non sarebbe quindi la paura indotta dalle immagini stampate sui pacchetti di sigarette o quella data da informazioni sulle malattie mortali causate dal tabacco a spingere un fumatore a smettere di fumare, bensì i sentimenti positivi che si hanno allontanandosi da essa e la voglia di ritornare a uno stato generale di benessere.
Questo perché il nostro “cervello emotivo” si attiva più facilmente in presenza di situazioni che danno buone sensazioni ed effetti positivi vissuti in prima persona rispetto ad eventi non vissuti sulla propria pelle ma soltanto osservati. Quindi bisognerebbe sfruttare questa nostra capacità filogenetica di preferire immagini, sensazioni e ricordi positivi che sono stati soddisfacenti e far leva proprio su tali fattori per allontanarsi dalla dipendenza da sigaretta.
A conferma di ciò esiste anche una ricerca condotta dalla Michigan State University e pubblicata dalla rivista Communication Research Reports (di cui abbiamo già scritto), secondo la quale per spingere un fumatore a smettere sarebbero più efficaci messaggi a stampo nostalgico, immagini positive in grado di far rivivere sensazioni rilassanti e piacevoli vissute prima di divenire dipendenti dalla sigaretta. Inoltre un altro fattore che può influire in queste campagne non efficaci è la cosiddetta abitudine cognitiva ossia l’abituarsi allo stimolo in questo caso visivo.
Le immagini forti destano interesse, ci incuriosiscono, ci fanno riflettere ma dopo un po’ di tempo il nostro cervello si abitua ad esse, anche a quelle più impressionanti, e non ci facciamo più caso. Dunque se le campagne salutistiche sono create per sensibilizzare e attirare l’attenzione su temi specifici, sarebbe opportuno cambiare la tipologia di slogan, il contenuto delle immagini e dei messaggi in modo sovente, per attirare un “interesse positivo” sul consumatore. Perché dunque non pubblicizzare gli effetti benefici e positivi che si possono raggiungere abbandonando la sigaretta? Magari proponendo dispositivi di aiuto come l’e-cig? Ci sono delle importanti campagne come ad esempio quella di The switch realizzata dal National Centre for Smoking Cessation and training britannico e New Nicotine Alliance dove ex fumatori che hanno smesso grazie la sigaretta elettronica, raccontano pubblicamente la loro esperienza positiva, facendo capire come è migliorata la loro vita senza desiderare più il tabacco. E allora perché rimarcare solo gli aspetti disastrosi sulla salute se non si smette di fumare? Poniamo invece riflettori sugli aspetti migliorativi che la vita può darci sostituendo il tabacco con altri piaceri.
Concludendo, il “terrorismo psicologico” lanciato nelle politiche salutistiche attuali non aiuta affatto il fumatore, anzi aggiunge ansia, preoccupazione, atteggiamenti oppositivi e questi sentimenti non incoraggiano affatto il fumatore al cambiamento, non aiutano ad essere ben predisposti verso il miglioramento della propria condizione di salute fisica e psicologica.
© Riproduzione riservata

Articoli correlati