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Che gli strumenti di riduzione del danno avrebbero ricoperto un ruolo importante nel convegno per il No-Tobacco Day, tenutosi ieri all’Istituto Superiore di Sanità, è stato subito chiaro. Ancora prima che iniziassero i saluti del padrone di casa Walter Ricciardi, infatti, alla platea è stato distribuito un paper dal titolo “Nuovi prodotti del tabacco – Documento di consenso di società scientifiche e di esperti”. Il documento intende “richiamare l’attenzione degli operatori sanitari e dell’opinione pubblica su alcune informazioni (…) sull’uso di tabacco in qualsiasi forma, compresi i prodotti a base di ‘tabacco riscaldato’ e dispositivi elettronici”. In breve gli esperti dicono che “le terapie attualmente disponibili sono efficaci e permettono la cessazione del fumo di tabacco” e semmai il problema sarebbero i tentativi “non assistiti”, cioè basati sulla “buona volontà individuale”. Le terapie si fondano “sull’uso di farmaci appropriati e sul supporto comportamentale da parte di medici e operatori sanitari”.
“La priorità – continua il documento – sono la prevenzione e la terapia del tabagismo, non la diffusione di prodotti alternativi di tabacco riscaldato o di dispositivi elettronici per il rilascio di nicotina”. Gli esperti temono che questi prodotti possano costituire per i giovani un primo passo verso la dipendenza e spiegano che “la riduzione del danno (…) non può essere considerata una politica di salute pubblica applicata alla popolazione in generale, ma un intervento individuale, praticato da esperti, in casi selezionati non rispondenti alle cure e in setting sanitari specialistici”.
Questo documento, firmato fra gli altri da molti dei relatori che interverranno nel corso della giornata, contiene degli elementi che ricorreranno in molti interventi. Uno soprattutto, che non possiamo non notare come una apertura, seppure minima, rispetto agli anni scorsi. Le istituzioni non possono puntare sugli strumenti di riduzione del danno per la generalità, ma nel rapporto fra paziente e medico ci può essere spazio per questi strumenti. Lo dice Vincenzo Zagà, presidente della Società italiana di tabaccologia, e lo ribadisce Daniela Galeone del Ministero della Salute nel suo lungo intervento sulle strategie internazionali di lotta al tabagismo. È certamente poco, ma chi ha seguito il convegno dello scorso anno, ricorda che la sigaretta elettronica era stata bocciata a 360 gradi e senza possibilità di appello. Ammetterla, seppure in casi limite e quasi sottobanco, equivale comunque a riconoscerle un’utilità.
Quest’anno, d’altronde, la grande preoccupazione dei medici era evidentemente rivolta ai riscaldatori di tabacco la cui popolarità, come sottolineato da Roberta Pacifici nella presentazione del Rapporto sulla prevalenza dei fumatori, è salita molto rispetto al 2017, grazie anche alle aggressive campagne promozionali dei produttori. In molti, come per esempio il professor Silvio Garattini, hanno sottolineato come si debba impedire che le multinazionali del tabacco “passino come benefattori dell’umanità”, stigmatizzando la presenza di Philip Morris al Festival della Scienza di Bologna. E Giuseppe Gorini, dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete oncologica di Firenze, si è soffermato sulla diversa dannosità di ecig e riscaldatori.
Di sigaretta elettronica ha parlato anche Fabio Beatrice, che ha presentato il libro scritto a quattro mani insieme alla giornalista Johann Rossi Mason “Senti chi fuma”. Il lavoro cerca di raccontare il punto di vista dei fumatori che smettono e qui c’è anche chi c’è riuscito con l’ecig, “trasformando un vizio in un’indulgenza”. Insomma, Beatrice sottolinea come “l’esperto debba mettersi più in basso e ascoltare i pazienti per rendersi ricevibile” e in questa ottica il medico deve prevedere la possibilità di ridurre la tossicità con strumenti di riduzione del danno. Torna ancora una volta il concetto di rapporto individuale fra medico e paziente.
Paradossalmente la sigaretta elettronica viene trattata peggio nella sessione pomeridiana, quella dedicata alle “strategie di supporto alla cessazione dal fumo di tabacco”. Claudio Leonardi della Società italiana patologie da dipendenze, nel suo intervento sulla dipendenza da nicotina ne condanna la gestualità simile a quella del fumo e afferma che possa fungere da gateway – porta d’ingresso – verso le sigarette di tabacco o altre sostanze stupefacenti, perché l’assunzione della nicotina crea una predisposizione del cervello a reagire positivamente e ricercare determinati stimoli.
Anche il già citato Gorini, a cui è affidata la relazione “E-cig e prodotti di nuova generazione: opportunità terapeutica o commerciale?”, non è certo tenero verso il vaping. Mette in guardia contro l’uso duale di sigaretta elettronica, spiegando che questa modalità non annulla i rischi del fumo e poi, citando stralci di vari studi, conclude che “l’evidenza che l’ecig possa aiutare a smettere di fumare è ancora limitata” e che “non si conoscono danni e benefici a lungo termine”. Ma il fatto che si parli di “evidenza limitata” implica che un’evidenza c’è ed inizia ad accorgersene anche l’ISS. Spiragli si aprono anche quando si parla di “vapore passivo”: da alcune tabelle che paragonano le emissioni di sigaretta tradizionale, ecig e Iqos salta subito all’occhio come il vaping sia praticamente innocuo per terzi.
E anche per quanto riguarda l’esposizione del consumatore a sostanze cancerogene e tossiche, Gorini conclude che lo “switching completo a ecig espone a una quantità di cancerogeni e tossici minore rispetto a sigarette, eccetto che per nichel e cromo” e che lo “switching completo a ecig espone a una quantità di cancerogeni e tossici minore rispetto a switching completo a Iqos, eccetto per alcuni metalli (Zn, Ni, Cr, Pb)”. Sulla possibilità che l’ecig influenzi l’iniziazione al fumo dei giovani, Gorini cita le ricerche di Stanton Glanz, che sono tutt’altro che universalmente accettate dalla comunità scientifica, ma poi deve concludere che “l’effetto Gateway è limitato” e che in Uk e Usa “l’uso di ecig è in aumento e il fumo è in continuo calo”. Insomma, la sigaretta elettronica riduce l’esposizione a sostanze cancerogene e tossiche e c’è “un’evidenza limitata” che aiuti anche a smettere di fumare.
Qual è, allora, il futuro auspicabile per questo strumento? Secondo Gorini, “una cornice di regolamentazione che riuscisse ad allontanare l’utilizzo di ecig dagli adolescenti, concentrando il suo utilizzo tra i fumatori, una volta dimostrata la sua efficacia, avrà probabilmente l’impatto più forte”. In breve, uno strumento per fumatori adulti, non promosso dalle autorità sanitarie ma in qualche modo lasciato in un limbo del rapporto fra fumatore e medico. Non è certo la posizione apertamente pro vaping delle istituzioni della salute britanniche, ma è comunque una breccia che si apre nel muro del principio della massima precauzione dell’ISS.