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Evali, i Cdc ritirano la raccomandazione di non usare sigarette elettroniche

Dopo cinque mesi e mezzo finalmente l'e-cig è ufficialmente scagionata. Ma i danni causati da questa ambiguità sono enormi.

La prima cosa che salta all’occhio è che l’emergenza per la crisi di malattie polmonari in corso negli Stati Uniti non apre più il sito dei Centers for Disease Control and Prevention. Dopo cinque mesi e mezzo, la malattia descritta in maniera fuorviante già nel nome, Evali, che rimanda alla sigaretta elettronica e al vaping, ha finalmente lasciato il posto d’onore al coronavirus proveniente dalla Cina. Dall’home page della Food and Drug Administration, invece, era sparita ormai da un bel po’, rintracciabile solo – come settimo box in evidenza – nella sezione dedicata ai prodotti del tabacco.
Ma le ritrattazioni dei Cdc non finiscono qui. Perché dopo lo studio pubblicato venerdì scorso nel Morbidity & Mortality Weekly Report, in cui si evidenziava ancora una volta il ruolo dell’acetato di vitamina E contenuto nei liquidi al Thc illegali, i Cdc hanno finalmente eliminato la raccomandazione ai cittadini di astenersi dall’uso di sigarette elettroniche di qualsiasi tipo, anche quelle contenenti nicotina. Raccomandazione che era rimasta presente sul sito da agosto fino a venerdì scorso, nonostante nessuno dei casi di malattia polmonari fosse stato riportato al consumo di normali prodotti per la vaporizzazione per fumatori e, anzi, andassero aumentando le prove che vittime e ricoveri fossero causati da prodotti alla cannabis, soprattutto di provenienza illegale, il cui mercato negli Usa è letteralmente esploso nell’ultimo anno.
Eccesso di prudenza, si dirà. Forse. Fatto sta che il danno causato da questa ambiguità è stato enorme e le sue conseguenze sono andate ben oltre i confini degli Stati Uniti. L’ondata di panico che è partita dalle istituzioni sanitarie, è rimbalzata sui media, per amplificarsi nelle dichiarazioni – e purtroppo anche nelle azioni – di politici e legislatori. Si è fatta di tutta l’erba un fascio, confondendo malattie polmonari e diffusione del vaping fra i giovani, demonizzando un settore e uno strumento nato per aiutare i fumatori, in un’orgia di divieti che spesso mancavano entrambi i bersagli. E dando la giustificazione anche a Paesi lontani come l’India o le Filippine per vietare la sigaretta elettronica tout court.
Ma, soprattutto, puntare il dito puntato contro la sigaretta elettronica ha evitato che ci si occupasse del reale problema, cioè della capillare diffusione negli Stati Uniti di di prodotti per la vaporizzazione al Thc illegali e, soprattutto, molto pericolosi. Oggi Brian King dell’Office on Smoking and Health dei Cdc, spiega finalmente in un intervento sul New England Journal of Medicine, che la scienza dimostra che l’acetato di vitamina E è strettamente legato ai casi di Evali e dedica attenzione al consumo di prodotti contenenti Thc. La legalizzazione della marijuana avvenuta in molti Stati – spiega King – ha cambiato la percezione del rischio legata a queste sostanze e ne ha aumentato il consumo, specialmente fra i giovani adulti.
Nel frattempo, il panorama di questi prodotti si è rapidamente ampliato con l’arrivo di liquidi per la vaporizzazione contenti Thc. “L’impatto di queste tendenze sulla salute pubblica – riconosce King – ha ricevuto finora un’attenzione minima da parte della ricerca, anche quando l’uso della marijuana si è diffuso sempre più, gli approcci normativi degli Stati sono cambiati e il mercato dei prodotti illegali si è espanso”. King fa finalmente una chiara differenza fra lo scoppio di Evali e la cosiddetta epidemia del vaping fra i minori e spiega al Wall Street Journal che le nuove raccomandazioni del Cdc, che scagionano la sigaretta elettronica, “sono state elaborate per riflettere le migliori prove scientifiche disponibile e proteggere al meglio la salute pubblica”. Ma dopo mesi di fuoco costante sul vaping, questo rischia di essere troppo poco e troppo tardi. Almeno negli Stati Uniti.

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