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Anche questo 31 maggio le autorità di salute pubblica italiane hanno perso una grande occasione per entrare nel futuro. Al convegno del No tobacco day, svoltosi ieri mattina presso l’Istituto superiore di sanità (Iss), abbiamo assistito all’ennesima prova di ostinazione istituzionale contro la sigaretta elettronica. Per Anpvu le tesi esposte sono semplicemente inaccettabili: la riduzione del danno è un concetto applicato con successo in tutto il mondo in diversi settori e non è ancora ben chiaro il motivo per il quale non possa essere applicato anche al danno da fumo di sigaretta.
Secondo i dati dello stesso Iss, in Italia su oltre 11,3 milioni di tabagisti appena qualche migliaio si rivolge annualmente ai 292 centri antifumo (di cui circa 100 non hanno dato riscontro delle loro attività nell’ultimo anno). E di questi solo la metà circa riesce nell’intento di abbandonare il fumo. Il numero verde antifumo impresso sui pacchetti di sigarette, invece, ė stato contattato nell’ultimo anno da circa 8mila persone (3mila in meno rispetto allo scorso anno) su 11,3 milioni di fumatori: circa uno scarso e deludente 0,7%. A tal proposito ci piacerebbe conoscere anche i costi che il Ministero della salute sostiene annualmente per il mantenimento di questi due servizi che, a quanto pare rappresentano attualmente solamente uno spreco di risorse pubbliche in quanto non coadiuvate da sistemi validi, come appunto, il vaping.
Durante il convegno abbiamo sentito dire: “I fumatori e i consumatori di sigarette elettroniche vivono all’interno di un palazzo di cento piani. Chi consuma sigarette tradizionali sarà destinato a cadere dal centesimo piano; chi consuma prodotti a tabacco riscaldato cadrà dal cinquantesimo piano; i consumatori di sigarette elettroniche cadranno dal decimo piano. E la chiamiamo riduzione del danno?”. Un paragone che ci fa venire in mente quello recentemente fatto da Hazel Cheeseman di Action on smoking and health nel documentario sul vaping del britannico Yorkshire Cancer Research. “Il rischio del fumo – affermava Cheeseman – equivale a saltare dal 16° piano di un palazzo, quello dell’e-cigarette a saltare dal gradino più basso delle scale del portone di casa”. Ma purtroppo il Regno Unito è un Paese molto diverso dall’Italia, così come le sue istituzioni sanitarie!
In ogni caso, mentre il Ministero era impegnato nella dubbia demolizione e demonizzazione di uno strumento che sta salvando milioni di vite ogni anno, come associazione Anpvu abbiamo dato vita sui social ad una breve campagna rivolta a tutti i nostri deputati nazionali ed europei, al fine di sensibilizzarli sul tema. Il nostro auspicio è quello di far sentire la nostra voce a tutti i livelli al fine di far conoscere in ogni modo la nostra esperienza con la sigaretta elettronica come strumento di riduzione del danno e ottenere un giusto ed equo riconoscimento.
L’autore: Carmine Canino è presidente dell’associazione italiana dei consumatori di sigarette elettroniche Anpvu