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Sigarette elettroniche, il rovinoso fallimento del modello australiano

A un anno dall'entrata in vigore della legge che prevede prescrizione medica, fiorisce il mercato illegale di prodotti senza nessun controllo.

A un anno dalla sua entrata in vigore, è tempo di bilanci per la legge australiana sulle sigarette elettroniche, che prevede una complicata procedura di acquisto dall’estero di prodotti con nicotina esclusivamente con prescrizione medica e, preferibilmente, attraverso farmacia. Se non è un modello totalmente proibizionista, poco ci manca, visto che – come detto – le e-cigarette con nicotina possono essere importate dall’estero e il processo è talmente complesso e macchinoso da sembrare ideato apposta per scoraggiare i consumatori. E, sempre secondo la legge attiva dal 1° ottobre del 2021, il possesso o l’importazione di liquidi con nicotina senza prescrizione medica è un reato punibile con sanzioni che possono arrivare a 222 mila dollari australiani o addirittura con il carcere. E il bilancio dopo questi primi dodici mesi racconta di un fallimento su tutta la linea.
Lo illustrano bene i dati di un’indagine recentemente condotta da Roy Morgan per conto dell’Australian Association of Convenience Stores. In questo anno, solo il 12% degli svapatori ha avuto una prescrizione per prodotti del vaping con nicotina e solo il 2% ha effettuato l’acquisto tramite farmacia. La facilità con cui ci si può procurare le normali sigarette a tabacco combusto – spiega in un intervento su Spectator Colin Mendelsohn, medico sostenitore della riduzione del danno – stride in maniera perversa con l’iter complesso, oneroso e costoso per ottenere l’e-cig. I vaper non si percepiscono come malati e sono riluttanti a recarsi dal medico. Inoltre i medici di famiglia australiani sanno molto poco di un prodotto che non è mai stato legale nel loro Paese e non hanno sostenuto la nuova regolamentazione.
A giugno di quest’anno, continua Mendelsohn, solo 200 medici su 31 mila erano nella lista di coloro che prescrivevano nicotina. Molti di loro, costantemente bombardati da messaggi negativi sul vaping, hanno paura di ripercussioni medico-legali per aver prescritto dei prodotti non approvati dall’agenzia del farmaco. Dall’altra parte sono altrettanto poche le farmacie che vendono liquidi con nicotina e quelle che lo fanno, offrono una varietà di prodotti molto limitata. Tutto questo ha reso davvero difficile, quando non impossibile, il percorso a quei consumatori che volevano seguire la legge, come dimostrato da numerose testimonianze di vaper.

Il risultato del modello australiano è quello che molti avevano paventato: la nascita di un fiorente mercato criminale di prodotti illegali, che non sottostanno a nessuno standard qualitativo, importati dalla Cina e venduti da esercizi commerciali, online e sui social media. Naturalmente senza nessun controllo sull’età e con pieno accesso ai minori, proprio quella categoria che la normativa avrebbe voluto salvaguardare. Tutto questo ha mentre i negozi legali specializzati in prodotti del vaping, schiacciati dalla concorrenza sleale del mercato nero, hanno visto un crollo delle vendite che ha costretto molti a chiudere per sempre. Insomma, il fallimento da manuale delle politiche proibizioniste.
Di fronte a questo panorama, la legalizzazione potrebbe rappresentare l’unica via di uscita. “L’unico modo per eliminare un mercato illecito – commenta Mendelsohn – è sostituirlo con un mercato legale e regolamentato. Il liquido con nicotina dovrebbe essere un prodotto di consumo per adulti venduto da punti vendita autorizzati, minimarket, tabaccherie e negozi generici (i convenience store, ndr). Ci dovrebbe essere una rigorosa verifica dell’età e severe sanzioni e perdita della licenza per le vendite di minorenni, con controlli altrettanto rigorosi”. Il medico australiano si dichiara favorevole anche a un percorso doppio, con i liquidi con nicotina sia in vendita come prodotti di consumo che prescrivibili dal medico. Ma per Colin Mendelsohn una cosa è certa: “L’esperimento australiano è fallito. Dobbiamo accettarlo, ammettere l’errore e andare avanti con un modello normativo più realistico per supportare i fumatori e i vaper del nostro Paese”.

 

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