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Tutti contro la tassa sulle sigarette elettroniche del Regno Unito

Dopo l'annuncio di ieri del cancelliere Hunt, piovono le critiche del settore del vaping e dei sostenitori della riduzione del danno.

Come era prevedibile, l’annuncio del cancelliere dello scacchiere Jeremy Hunt di inserire nel bilancio primaverile una tassa sui liquidi per sigaretta elettronica, peraltro piuttosto salata, ha scatenato le critiche del mondo del vaping britannico e dei sostenitori della riduzione del danno. Un settore ancora in gran parte sotto shock per il repentino cambiamento di atteggiamento del governo conservatore, passato in pochi mesi dalla promozione attiva del vaping come strumento nella lotta al fumo alla proposta di vietare i dispositivi usa e getta e una non meglio precisata varietà di aromi, fino ad arrivare alla imposizione di un prelievo fiscale che, nelle intenzioni dell’esecutivo, risulterà essere fra i più alti d’Europa, secondo solo alla Danimarca.
Il primo a reagire ieri, subito dopo il discorso di Hunt alla Camera dei comuni, è stato Christopher Snowdon, capo del settore Lifestyle Economics del think thank Institute of

Christopher Snowdon

Economic Affairs. Snowdon, che già da giorni metteva in guardia il governo sul tema, accusa il cancelliere di profondo cinismo. “Dimenticate le tasse sul peccato, questa è una tassa sulla santità – afferma – I vaper hanno fatto quello che il governo voleva e hanno smesso di fumare. Ora vengono puniti per questo”. Secondo Snowdon questa misura dimostra “analfabetismo scientifico ed economico”. “Mettendo insieme questa tassa e il divieto sui vaporizzatori usa e getta – aggiunge – sembra che il governo intenda far sì che le persone continuino a fumare. La tassa non solo colmerà il divario di prezzo tra vaporizzatori e sigarette, ma invierà al pubblico il messaggio che i rischi per la salute sono simili. Poiché la maggior parte delle persone in Gran Bretagna crede già erroneamente che svapare sia pericoloso almeno quanto fumare, l’avidità sconsiderata del governo costerà vite umane. In qualità di ex Ministro della sanità, Hunt dovrebbe vergognarsi”.

Clive Bates

Altrettanto critico è Clive Bates, noto sostenitore della harm reduction con un passato istituzionale nella lotta al fumo, che descrive la tassa sulle sigarette elettroniche come “una tassa sulla cessazione del fumo, quindi sui fumatori che si prendono cura della propria salute a proprie spese”. “Tutti si riempiono la bocca di prevenzione per ridurre i costi a carico del Servizio sanitario nazionale – continua – ma non appena abbiamo un modo affidabile per prevenire malattie gravi su larga scala, il governo preferisce un prelievo fiscale”. Secondo Bates si tratta di un provvedimento insensato dal punto di vista sanitario, che avrà tre effetti principali: più fumo, più commercio illegale e fai-da-te, e maggiori oneri burocratici fiscali che ricadranno sulle piccole imprese che rispettano la legge. “È tutto completamente incoerente e opportunistico – conclude Bates – e, si spera, verrà cancellato prima che entri in vigore tra più di due anni”.
Più timida, almeno per il momento, la comunità scientifica britannica, alla cui spinta è stato dovuto l’atteggiamento benevolo avuto finora dalle istituzioni verso il vaping. Ad oggi l’unica reazione che si registra è quello della professoressa Maggie Rae della dottoressa Nicola Stingelin-Giles della Royal Society of Medicine. Le due ricordano che le sigarette elettroniche con nicotina possono aiutare a smettere di fumare e comportano danni sostanzialmente minori rispetto al fumo. Pur sottolineando l’importanza di preservare i minori e i non fumatori dall’uso di questi strumenti, sottolineano che “è imperativo garantire che l’uso medicinale dei vaporizzatori per aiutare le persone a smettere di fumare continui ad essere incoraggiato, poiché la cessazione del fumo rimane una questione prioritaria”. “L’introduzione di una tassa che renda lo svapo più costoso – continuano Rae e Stingelin-Giles – deve essere valutata attentamente per garantire che gli aspetti positivi non siano superati da eventuali effetti dannosi sulla salute, soprattutto laddove esiste il rischio di ampliare le disuguaglianze nella nostra società”.

Il cancelliere dello scacchiere Jeremy Hunt durante la presentazione del bilancio di primavera

Meno diplomatica è ovviamente l’associazione dell’industria del vaping britannica UKvia. Il prelievo, spiega, andrà a colpire soprattutto i fumatori meno abbienti e, essendo proporzionato alla nicotina, quelli più accaniti. Cioè proprio chi avrebbe più urgenza di smettere di fumare. Nella stessa giornata di ieri, il direttore di UKvia John Dunne ha indirizzato una lettera al cancelliere. “A nostro avviso – scrive Dunne – un aumento del prezzo dei vaporizzatori servirà solo ad alimentare il mercato nero e a far sì che più minori utilizzino prodotti di vaporizzazione illeciti e potenzialmente dannosi”.
Parlano infine anche le associazioni dei consumatori. New Nicotine Alliance si dichiara “esasperata” dal fatto che il governo Sunak stia sistematicamente smantellando la politica di riduzione del danno da fumo di cui è stata leader mondiale e che è stata da esempio per il resto del mondo. Anche le modalità dell’imposizione fiscale suscitano critiche. “Imporre una tassa più alta sugli e-liquid più forti non tiene conto del fatto che i fumatori più fortemente dipendenti avranno bisogno di liquidi più forti per rimanere senza fumo – commenta la presidente Louise Ross, direttrice per anni del Centro antifumo di Leeds – Ciò comprende persone con problemi di salute mentale, persone che ricevono sussidi, persone che vivono in comunità svantaggiate e persone con vite difficili. Tasse più alte li faranno continuare a fumare”.
Una opinione condivisa anche da World Vapers’ Alliance, la rete internazionale di associazioni dei consumatori. “Aumentare il costo dei vaporizzatori, meno dannosi del fumo, mette a repentaglio la vita di milioni di ex fumatori e attuali svapatori – afferma il direttore Michael Landl – Il costo è un fattore determinante per il passaggio a opzioni meno dannose e questa tassa non farà altro che rendere i prodotti alternativi meno convenienti”. Vedremo se questo coro di critiche spingerà Rishi Sunak a rivedere la sua politica.

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