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Vapore non è fumo: adesso non bisogna fermarsi

Sostegno da Rita Bernardini, a Jacques Le Houezec, da Philippe Poirson ai produttori, distributori e negozianti. E ovviamente i vapers. Ma non bisogna fermarsi ora, ogni firma è una persona che chiede alle istituzioni di avere un occhio di riguardo per la salute pubblica. E arrivare finalmente alla consapevolezza che "vapore non è fumo".

di Stefano Caliciuri

Milleseicento firme in meno di ventiquattro ore. La petizione per chiedere all’intergruppo parlamentare di scorporare la sigaretta elettronica dalla normativa sui tabacchi è partita come meglio non poteva. Il difficile, però, viene adesso. Non fermare il conteggio ma far sì che il numero possa raggiungere livelli importanti, non fermandosi cioè all’impulso e all’euforia iniziale. Bisogna allargare la platea dei firmatari anche a coloro che non sono soliti frequentare forum o social media. E’ sufficiente un passaparola, un messaggio, far vedere sul proprio display la petizione. Ogni firma è importante, perché ogni firma rappresenta una persona che chiede allo Stato, alle istituzioni, di salvaguardare la salute pubblica. Il fumo elettronico, prima ancora di essere un settore merceologico, prima ancora di essere una passione, è soprattutto una possibilità in termini di riduzione del rischio. E’ la salute il primo, vero, punto su cui bisogna insistere. E a chi risponde che ancora non ci sono prove scientifiche a dimostrazione di quanto sostenuto, è sufficiente elencare una qualsiasi tra le oltre mille ricerche pubblicate.

La petizione sarà consegnata a mano ai referenti dell’intergruppo parlamentare. Non ci poniamo limiti temporali, l’obiettivo è avere quante più firme possibili in occasione della prima riunione istituzionale la cui data non è ancora stata fissata. Potrebbe essere domani come fra due mesi, ecco perché è importante non mollare la presa, firmare e far firmare una petizione che chiede forse l’unica cosa in grado di unire l’intero settore: la divisione normativa tra fumo e vapore. Un testo unico di regolamentazione scorporato dal Decreto tabacchi. Perché, come ormai siamo soliti ripetere, “vapore non è fumo”.

La petizione può essere firmata soltanto dagli italiani perché indirizzata ad una istituzione nazionale e tratta di questioni legislative interne. E’ stata ripresa sia dalla Francia che dalla Svizzera che dall’Inghilterra per dare la possibilità anche agli italiani all’estero di prenderne visione e firmare. L’autorevole tabaccologo francese Jacques Le Houezec l’ha rilanciata in francese e in inglese, in italiano invece lo svizzero Philippe Poirson. L’onorevole Rita Bernardini, condividendo il contenuto, ha inoltre aggiunto che “ai nostri legislatori occorre anche spiegare che il vapore non è la stessa cosa del fumo da combustione. Cioè, occorre spiegare l’ovvio“. L’iniziativa è stata condivisa da molti produttori e distributori, che vanno da Arcangelo Bove a Vincenzo Sparacino, da Massimiliano Begotti e Stefano Giorgetti, da Roberto Baldini a Tiziano Cavaliere, da Paolo Bertacco a Gregorio Lo Porto, da Massimiliano Celeghin a Duccio Fabiani, da Fortunato Francia a Renzo Cattaneo. Sicuramente abbiamo dimenticato qualcuno – e ce ne scusiamo – ma l’elenco si allunga di ora in ora, di minuto in minuto. L’importante è non mollare, rimanere tutti uniti, attirare l’attenzione di chi ancora non ha firmato, continuare l’attività di diffusione. Affinchè non siano singole voci ma un unico coro a gridare: “Vapore non è fumo”.

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