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Stati Uniti, report smoking cessation: sigaretta elettronica rimandata a settembre

Lo ha firmato e presentato il Surgeon General degli Stati Uniti, portavoce del governo per le questioni di salute pubblica.

È stato reso pubblico ieri il report intitolato “Smoking cessation”, firmato dal Surgeon General degli Stati Uniti, il vice ammiraglio Jerome Adams. Quella del “Chirurgo generale” è una figura molto importante negli Usa, perché rappresenta il portavoce del governo per le questioni di salute pubblica e viene nominato direttamente dal presidente e poi confermato con un voto del Senato. Si tratta del 34esimo rapporto, dal 1964 ad oggi, che si occupa di tabacco e salute e il primo dopo trent’anni ad essere incentrato specificatamente sulla cessazione. Il lavoro poderoso (675 pagine) copre virtualmente tutti gli aspetti della cessazione, dai vantaggi per la salute a quelli economici, riporta una enorme quantità di studi scientifici, discute degli interventi clinici e a livello di popolazione, partendo dall’incoraggiante dato che due terzi dei fumatori adulti americani dichiarano di voler smettere e che la maggioranza di loro ha tentato di farlo in passato.
Nel documento è dedicato ampio spazio anche alla sigaretta elettronica, uno strumento che, sebbene non sponsorizzato come i metodi approvati dalla Fda, si impone in questo ambito per la preferenza “dal basso”, cioè dei fumatori. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, però, si può dire che la posizione espressa dal Surgeon General sull’e-cigarette è interlocutoria e, infatti, gli oppositori del vaping stanno già accusando Adams di lanciare messaggi ambigui. La conclusione del rapporto è che “al momento non vi sono sufficienti prove per concludere che le sigarette elettroniche, in generale, aumentano la cessazione dal fumo”. Che non è certo una benedizione, ma nemmeno una bocciatura senza appello. La difficoltà, si legge nel rapporto, è data anche dalla natura stessa dello strumento: “Le sigarette elettroniche, un gruppo di prodotti variegato e in continuo mutamento, sono usati in modi molto diversi. Questo rende difficile trarre conclusioni generalizzate, basandosi su test clinici che utilizzano una particolare sigaretta elettronica”.
Nel capitolo dedicato esclusivamente alle sigarette elettroniche, che inizia a pagina 524, si riconosce l’appeal che esercitano questi prodotti sui fumatori, perché mimano per molti aspetti l’esperienza del fumo e sono in grado di somministrare la nicotina in maniera simile alla sigaretta. Certo, nel rapporto si sottolinea che, mentre è provato che le terapie sostitutive a base di nicotina (le Nrt, come gomme e cerotti) sono “efficaci e sicure”, non è così per le sigarette elettroniche (perché non hanno ancora ricevuto l’approvazione dell’Fda). Ma si dice pure che “l’areosol delle sigarette elettroniche contiene generalmente meno sostanze tossiche delle sigarette convenzionali”.
Viene citata la National Academies of Sciences, Engineering and Medicine, che nel 2018 concludeva che “per i fumatori, sostituire completamente il tabacco combusto con le sigarette elettroniche ridurrebbe l’esposizione a numerose sostanze tossiche e cancerogene presenti nelle sigarette di tabacco”. Così come lo studio di Goniewicz ed altri che rileva come l’uso esclusivo della sigaretta elettronica si associa ad una “marcata riduzione dell’esposizione a sostanze tossiche del tabacco rispetto al fumo o all’uso duale”.
Si evidenzia come, nonostante questa “marcata minore tossicità” dimostrata dalla letteratura scientifica, esistano ancora incertezze sugli effetti a lungo termine, citando, per esempio, i controversi studi di Glantz e Bhatta sul maggiore rischio di infarto. Ma si riporta anche l’opinione in merito di Farsalinos e Niaura, concludendo che la natura della ricerca di Glantz “limita la capacità di stabilire un nesso di causalità”.
Per quanto riguarda gli studi clinici randomizzati sull’efficacia dell’e-cigarette per smettere di fumare, trovano menzione tutti lavori esterni agli Usa. Fra gli studi citati ve ne sono due italiani, uno coordinato da Pasquale Caponnetto dell’Università di Catania nel 2013 e l’altro da Lamberto Manzoli nel 2015. Poi, naturalmente quello del 2019 di Peter Hajek con 886 partecipanti, che conclude che chi con la sigaretta elettronica i fumatori raddoppiano le probabilità di smettere di fumare, rispetto alle altre Nrt.
La conclusione del Surgeon General, però è che “le prove scientifiche sono suggestive, ma non sufficienti per dedurre che l’uso della sigaretta elettronica in generale aumenti la cessazione del fumo”. Secondo Adams sono necessarie ulteriori ricerche su diversi aspetti per determinare se “le e-cigarette (o alcuni tipi di e-cigarette) possono essere sfruttate per massimizzare i risultati positivi della cessazione, minimizzando l’uso giovanile”. Un tema, quello della diffusione fra i minori, che per gli Usa rimane sempre l’ago della bilancia della “questione vaping”.

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