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Con l’onere della prova l’industria della sigaretta elettronica “pecca” di serietà

Umberto Roccatti, presidente Anafe-Confindustria: "Non ci sarebbero produttori se non ci fossero consumatori, questo è un dato di fatto banale ma reale".

In occasione della giornata mondiale del vaping che si è tenuta lo scorso 30 maggio, l’associazione italiana dei consumatori di ecig ha organizzato una maratona oratoria a sostegno degli strumenti di riduzione del danno da fumo. Al microfono di Anna Corbosiero, vicepresidente Anpvu, si sono alternate le personalità di riferimento del settore. Di seguito pubblichiamo quello di Umberto Roccatti, presidente dell’associazione Anafe-Confindustria che rappresenta i produttori e distributori italiani di sigarette elettroniche.

Come valuti la prima Giornata mondiale del vaping, organizzata dalle associazioni dei consumatori?
Innanzitutto, non ci sarebbero produttori se non ci fossero consumatori, questo è il primo dato di fatto banale, ma reale. Personalmente sono anche un vaper, anche se oggi parlo in veste di produttore. Penso che oggi tutti i vaper abbiano qualcosa da festeggiare. Io ad esempio ero un forte tabagista, fumavo più di trenta sigarette al giorno, fino a otto-nove anni fa, adesso sono completamente libero dal tabacco. Quindi penso che una giornata del vaping sia un momento per fermarsi e festeggiare come consumatori di aver abbandonato un vizio sicuramente dannoso, con la strategia del rischio ridotto. Come produttori stiamo affrontando la seconda pandemia in sei mesi. Prima c’è stata Evali, questa malattia che in America ha causato una ventina di decessi e per la quale il vaping è stato messo sotto accusa, anche se si sapeva benissimo sin dall’inizio che era dovuta a sostanze illecite, comprate sul mercato illegale e consumate, precisiamolo, attraverso sistemi chiusi.

Questo è importante precisarlo, perché invece tutti i medici intervistati, almeno sulle televisioni nazionali italiane, hanno detto che il grave danno era fatto dai sistemi aperti.
Assolutamente no, erano sistemi chiusi. Banalmente il Thc si vende nei sistemi chiusi, perché costa circa 100 dollari ogni 10 ml negli Stati Uniti, sia sul mercato legale che illegale. Quindi, per una questione di commerciabilità, si vende in tank precaricati a dieci euro – dieci dollari nel caso degli Stati Uniti – l’uno. Recentemente ho fatto una Tac ai polmoni dopo otto anni di svapo, ho fatto un esame di spirometria a sei livelli, andando a identificare l’interscambio anidride carbonica/ossigeno a livello di alveolo polmonare e, fatto 100 il valore di una persona sana, io sono a 104; in pratica in otto anni in cui ho sempre svapato circa 6 ml al giorno a 8 milligrammi di nicotina, ho completamente ripulito i miei polmoni. A livello di spirometria e di capacità polmonare mi sono completamente rigenerato, tant’è che ho ricominciato a fare sport intensivo su bici da corsa. Abbandonando il tabacco, sono tornato ad essere una persona attiva e sportiva. Sicuramente non fa statistica, non è scienza, è solo il mio caso, ma è la mia esperienza da consumatore e oggi io da vaper festeggio questo mio traguardo importante.

Allora, tu dai il buon esempio diciamo così.
Esatto. Poi, naturalmente, il vaper non ha le stesse priorità dell’industria, questo è banale lo si vede in qualsiasi settore merceologico. Però posso dire che la nostra industria è molto più seria di altre, perché noi produttori abbiamo ancora l’onere della prova. Abbiamo una responsabilità più alta di altri settori merceologici, avendo la lente di ingrandimento e il mirino laser puntato costantemente addosso da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, di pseudo-giornalisti che fanno inchieste partendo dalle loro tesi e costruendo delle ipotesi. Insomma, noi dobbiamo dimostrare di più di altri settori. Ci hanno accusato di voler indurre al fumo i minorenni e mantenere nella dipendenza le nuove generazioni. Non c’è nulla di più sbagliato. In questo momento, tralasciando i dati che ha fornito ieri l’Istituto superiore di sanità che secondo me sono completamente errati, in Italia ci sono circa un milione e mezzo di svapatori, di cui alcuni purtroppo ancora duali, cioè che alterno sigarette elettroniche e tabacco. Ci sono poi ancora dai dieci ai dodici milioni di fumatori e quello è il mercato che interessa ai produttori. Non ci interessa il marketing arrogante, il marketing per i ragazzini, perché andrebbe tutto a discapito del nostro settore e della nostra attività. Anche se questo non vuol dire che non c’è nessuno che lo fa…

Quello che non hanno capito alcuni legislatori e molti giornalisti è che cercare il mercato dei ragazzini non paga sul lungo periodo; perché l’assimilazione della nicotina tramite i vaporizzatori personali non crea l’assuefazione che creano invece i prodotti del tabacco combusto, con i loro additivi che servono ad aumentare l’assuefazione. Poi è una fascia di età che si stanca facilmente delle cose, quindi puntare a loro non ha molto senso dal punto di vista del marketing. Però continuano a convincersi che il ragazzino, invece, sia molto colpito da questo mezzo, che tra l’altro non da grandi effetti psicotropi.
Parliamoci chiaro: c’era stata un’adozione della sigaretta elettronica di una certa fascia di minorenni nel 2016 ma il fenomeno si è già concluso, perché i ragazzini cercano di emulare gli adulti in tutto quello che è un fenomeno di moda. La sigaretta elettronica ha finito il suo momento di moda. Ci sono stati due periodi, nel 2012-2013, quando c’era stato il lancio sul mercato e l’apertura di vari negozi ,e un altro momento d’oro con l’avvento del cloud nel 2015 e nel 2016. Adesso i ragazzini perlopiù utilizzano heat-not-burn, il tabacco riscaldato, perché è la nuova moda del momento e poi ci sarà un’altra moda. Non si può mettere in croce un’industria, solo perché c’è un effetto di emulazione da parte dei teenager che lo fanno in tutti campi, in tutti gli ambiti, non solo con la sigaretta elettronica.
Chiaramente devono però essere protetti e sono ampiamente protetti. Ricordiamo che, se vende a un minore, un negoziante rischia la prima volta la chiusura per quindici giorni del negozio e la seconda volta il ritiro della licenza. La vendita dei prodotti è vietata ai minorenni, la legge li protegge. Ed io posso garantire che, come produttori, facciamo tutto il possibile per far sì che non ci sia il cosiddetto effetto entry gate e ci concentriamo principalmente sugli utilizzatori e sui fumatori resistenti. Quelli sono assolutamente il nostro target. Perché un produttore, un’azienda si dirige su quelli che sono i target rilevanti e nel nostro caso sono quei dieci milioni di fumatori che ancora non hanno le idee chiare purtroppo sulla sigaretta elettronica a causa soprattutto del ruolo di certi media e di certe istituzioni.

Ci sarà la possibilità di sfruttare i canali che sfruttano le big del tabacco per pubblicizzare i loro prodotti? Perché so che la domanda ricorrente è: perché non copiano da Philips Morris?
Qualche uscita l’abbiamo fatta sui quotidiani recentemente ma possiamo parlare solo in linea generale del settore della sigaretta elettronica. Ormai è assolutamente veramente vietato fare qualsiasi tipo di pubblicità diretta. Se poi parliamo di product placement nei film hollywoodiani, ecco noi non ci siamo ancora e non sono neanche sicuro se sia veramente quello che vogliamo. Permettimi però una riflessione. Visto che si parla tanto di flavour ban o dei flavour contenuti nella sigaretta elettronica, noi abbiamo fatto uno studio molto dettagliato con Euromedia ed è venuto fuori che la maggior parte dei fumatori che hanno provato la sigaretta elettronica, non hanno poi continuato perché non gli dava la stessa, appagante, sensazione del tabacco. Noi, come produttori, dobbiamo fornire dei prodotti soddisfacenti, altrimenti la gente lo switch verso la sigaretta elettronica non lo fa. La sigaretta tradizionale piace tantissimo al fumatore e bisogna offrire un prodotto che piaccia con il rischio enormemente ridotto. Abbiamo una grandissima opportunità di salute pubblica per migliorare le condizioni di vita di tantissime persone e io spero che prima o poi se ne rendano conto. Spero, insomma, che questa farsa della protezione dei bambini, dei ragazzini o di altre cose intorno al rischio ridotto prima o poi scompaia e ci possa essere dignità per il nostro mercato e che possiamo offrire a tutti i vaper prodotti soddisfacenti, sicuri per farli continuare nel loro percorso di allontanamento dal tabagismo.

(tratto dalla rivista Sigmagazine #21 luglio-agosto 2020)

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