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Eurispes: centri antifumo inutili, medici disinformati sulle alternative

Nell'annuale report sulle abitudini degli italiani, una sezione è dedicata agli strumenti di riduzione del danno e al ruolo delle istituzioni sanitarie.

anche quest’anno l’istituto di ricerca Eurispes ha diffuso i dati sulle abitudini e consumi degli italiani. Come ormai di consuetudine, nel Rapporto Italia, giunto ormai alla 34^ edizione, sono contenuti anche riferimenti al tabacco, sigarette elettroniche e riscaldatori.
L’indagine sui centri antifumo in Italia ha evidenziato come la quota di pazienti presi in carico dai Centri antifumo sia assolutamente sproporzionata in difetto rispetto alla forza professionale e economica messa in campo dallo Stato per supportarli: soltanto 18.700 le persone prese in carico, rappresenterebbero cioè lo 0,16% del totale dei fumatori. L’attività dei Centri antifumo come struttura di supporto alla popolazione fumatrice ha un limitato successo per quanto riguarda le terapie miranti alla cessazione del fumo. Il 76% dei responsabili interpellati si dice aperto ad altre possibili strategie, anche se poi nel 48% degli interpellati permane una certa contrarietà all’impiego dei prodotti senza combustione quali alternative al consumo tradizionale di tabacco. Dal 2019 al 2021, tuttavia, cresce la quota dei responsabili (dal 9 al 20%) che denuncia di non disporre di informazioni sufficienti per valutare il potenziale impatto dei nuovi strumenti che superano la combustione in logica della riduzione del rischio. Dall’indagine su tabacco riscaldato e vaping realizzati dall’Eurispes, emergono altre indicazioni interessanti. Tra queste, di particolare valore risulta l’intreccio tra consumo dei nuovi prodotti e diminuzione del fumo di sigaretta o, addirittura, in apprezzabile percentuale, la cessazione dal fumo tradizionale. Innanzitutto si registra un effetto sostituzione dei nuovi prodotti rispetto alle sigarette: il 95,7% degli utilizzatori rispondenti dichiara di essere stato precedentemente fumatore di sigarette tradizionali, mentre l’81,5 % dichiara di aver cessato il consumo di sigarette, dati significativi vista la quota di fumatori che non ha mai provato a smettere di fumare (62%). “Anche tenendo conto che gli studi clinici e scientifici non escludono rischi relativamente all’uso dei nuovi prodotti – si legge nel Rapporto Italia – quello che è certo è che nel caso della permanenza nell’area del consumo dei prodotti tradizionali questi rischi, per altro assai amplificati, diventano certezze assolute. Mantenendo comunque la necessaria attenzione al principio di precauzione che informa le istituzioni sanitarie – conclude Eurispes – queste dovrebbero in buona misura “aprire” a quello della riduzione del rischio”.

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