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I nuovi strumenti normativi per risolvere le crisi d’impresa

Il legislatore ha trasformato il “fallimento” in “liquidazione giudiziale”: una svolta semantica decisiva nel cambio di prospettiva dello Stato sul fronte delle misure e delle procedure volte a risanare o liquidare un’azienda in tempi brevi.

Decoctor ergo fraudator”, il tradizionale brocardo, la cui paternità si attribuisce al giureconsulto del ‘300 Baldo degli Ubaldi, è tradizionalmente utilizzato per descrivere la condotta dell’imprenditore “decotto”, che trova, per l’appunto, espressione nella semantica adottata nella definizione di legge – Fallimento – del 1942, che ne evidenzia l’accezione in termini di riprovevolezza.  Le definizioni di legge, tutt’altro che prive di ricadute sulla elaborazione delle relative prescrizioni, trovano corrispondenza nella disciplina di riferimento, di talchè mettere al bando la parola “fallimento” si traduce nell’introduzione di nuovi strumenti a disposizione dell’imprenditore per superare o concludere la crisi, tramite percorsi normati che prescindono da valutazioni aprioristicamente negative circa l’incombente (o attuale) stato di insolvenza.
Come si legge in una illuminata ordinanza del 13 giugno 2014 del Tribunale di Vicenza, preso atto che “l’insolvente può essere, e normalmente è, una brava persona, magari incapace di gestire un’azienda, o persino soltanto uno che non è stato pagato dai propri clienti, fors’anche dallo Stato, ma non certo necessariamente un frodatore, o ingannatore, per obbligatoria definizione giudiziaria”, si auspicava un intervento che consentisse “al giudice di non pronunciare il fallimento della persona fisica socio, per l’incostituzionalità dell’attribuzione della qualifica di fallito, con tutto il portato etico e sociale che ne consegue, e per la dignità della persona nella sua globalità, consentendo invece di dichiararne l’insolvenza, dichiarando il fallimento (o l’insolvenza) dell’impresa sociale, intesa come attività, in attesa dell’auspicata rielaborazione organica complessiva della intera materia fallimentare, sulla scorta del modello operativo costituito dalla L. n. 3 del 2012”.
Proprio la Legge n. 3/2012 ha dato impulso al percorso che ha trovato da ultimo compimento nella mutata definizione adottata dal Nuovo Codice della Crisi ove il “fallimento” diventa “liquidazione giudiziale”, con consacrazione di una svolta semantica decisiva nel cambio di prospettiva del Legislatore. Il nuovo Codice si pone quale strumento organico teso a regolamentare misure e procedure volte al risanamento dell’impresa, ovvero alla rapida liquidazione delle imprese non risanabili.
Rivolgendosi il presente contributo agli esercizi di vicinato presumibilmente “sotto-soglia”, gli strumenti a disposizione dell’imprenditore “minore” (c.d. “non fallibile”, nell’ormai antica accezione), anche nell’ottica della continuità aziendale, sono quelli, appunto, delle procedure di sovraindebitamento di cui alla legge 3/2012 e della composizione negoziata, quest’ultima entrata in vigore in via anticipata rispetto a tutto il Codice della Crisi, il 15 novembre 2021.
La Legge 3/2012 modificata dal D.L. n. 179/2012 convertito in L. n. 221/12, e più di recente dal DL 137/2020 convertito in Legge 176/2020, ha introdotto nel nostro ordinamento uno strumento di esdebitazione rivolto a tutti quei soggetti che sono sovraindebitati e che non possono accedere alle procedure concorsuali previste dalla Legge Fallimentare.  La disciplina è quindi indirizzata non solo al consumatore ma anche all’impresa agricola e. per l’appunto, alle imprese prive dei requisiti di fallibilità, a disposizione dei quali risultano accessibili due delle tre procedure previste, accordo di composizione e liquidazione del patrimonio, con esclusione del piano del consumatore.
Gli strumenti possono consentire allo stesso debitore di liberarsi dai debiti e disporre nuovamente delle proprie risorse patrimoniali. Il presupposto di accesso è costituito dalla situazione di sovraindebitamento, definita quale “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente” (art. 6 comma 1). Per conseguire l’omologazione del Tribunale dell’accordo di composizione, occorre recepire il consenso dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti (art. 11, comma 2). Da tenere in considerazione il fatto che l’accordo risulta comunque omologabile in caso di mancata adesione dell’amministrazione finanziaria che risulti decisiva per il suo peso ai fini del raggiungimento della suddetta percentuale, qualora la proposta di accordo preveda un soddisfacimento più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (art. 12, comma 3 quater), in applicazione della regola del c.d. cram down che permea tutti i nuovi strumenti di soluzione/superamento della crisi. Ciò vale a dire che nell’ambito della composizione ex legge 3/12, potrà pervenirsi a falcidia dei debiti previdenziali e fiscali, anche in presenza di mancata adesione che potrà consistere non solo nella mancata approvazione dell’accordo, ma pure nella manifestazione di voto espressamente negativa da parte dell’amministrazione (Trib. La Spezia, decreto 14 gennaio 2021; orientamento confermato dal Trib. di Torre Annunziata decreto, 4 maggio 2022, in tema di accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis Legge Fallimentare).
Al riguardo, occorre ulteriormente tenere presente che, nell’ambito di un accordo di composizione della crisi, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 245 del 29 novembre 2019, anticipando quanto previsto nel Codice della Crisi, è stata riconosciuta la falcidiabilità del debito IVA, statuendo che “anche per l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, riservato al debitore non fallibile, cade il divieto di soddisfazione parziale dell’IVA. Si ritiene, infatti, illegittimo l’art. 7, comma 1, terzo periodo della legge n. 3/2012, in quanto nega la possibilità di falcidiare l’IVA, creando così una disparità di trattamento con le procedure concorsuali maggiori, per le quali è invece possibile la soddisfazione parziale dei crediti privilegiati tributari, IVA compresa”.
Per l’imprenditore sotto soglia l’alternativa all’accordo (o mancato raggiungimento dell’accordo) è la liquidazione del proprio patrimonio secondo le prescrizioni di cui all’art. 14-ter e seguenti della L. 3/2012, cui potrà conseguire l’esdebitazione ove sussistenti le condizioni di cui all’art. 14-terdecies. La filosofia della legge sul sovraindebitamento trova ulteriore compimento nella recente Composizione negoziata per la crisi di impresa, DL 118/2021 convertito in Legge 21 ottobre 2021 n. 147, destinata trasversalmente a “qualunque imprenditore commerciale e agricolo” che si trovi “in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza”. In estrema sintesi, si tratta di uno strumento procedimentale stragiudiziale cui può accedere l’imprenditore, presentando la relativa istanza tramite la Piattaforma Telematica Nazionale, cui consegue la nomina di un professionista “esperto”, indipendente, grazie al cui ausilio si perseguirà il fine di raggiungere una soluzione alla crisi, con il coinvolgimento di tutte le parti interessate al processo di risanamento, in primis i creditori, ma anche dipendenti, clienti o professionisti e, naturalmente, banche e intermediari finanziari.
Le “imprese sotto soglia” sono destinatarie di una forma di accesso semplificata: per loro gli esiti della procedura di composizione negoziata possono consistere in: i) un accordo (contratto) idoneo ad assicurare la continuità aziendale; ii) un accordo idoneo a produrre gli effetti del piano di risanamento ex art. 67, comma 3, LF, senza necessità dell’attestazione; iii) una proposta di accordo di ristrutturazione ai sensi della Legge sul sovraindebitamento (art. 7, vedi sopra); iv) la liquidazione dei beni; v) una domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, senza l’imposizione di soglie predeterminate ex lege.
All’imprenditore minore è concessa, quindi, la possibilità di usufruire dei due strumenti – sovraindebitamento e composizione negoziata della crisi – cui la selezione di accesso è demandata alla scelta dell’imprenditore ed al sussistere dei relativi presupposti, tenuto, in ogni caso, in considerazione, che il secondo strumento può, come si è visto, confluire nel primo, se è vero che l’esito della composizione negoziata può condurre alla proposta di accordo ex art. 7 legge 3/2012. Senza pretese di esaustività, per chi intende approcciarsi a tali strumenti, occorre soffermarsi sul fatto che entrambi possano portare a una soluzione che preservi il valore dell’azienda, garantendone la continuità, esprimendo una nuova business rescue culture volta, per quanto possibile, a prevenire i fattori di decozione.
Entrambe le procedure prevedono l’ausilio di un professionista (“gestore della crisi” nell’accordo di sovraindebitamento, ed “esperto” nella composizione negoziata) che, seppur con funzioni e presupposti differenti, sono chiamati a coadiuvare l’imprenditore nel giudizio di fattibilità del progetto di risanamento. Entrambi gli strumenti, inoltre, sono permeati dal principio del “cram down”, quale espressione del favore del legislatore alla conclusione dell’accordo compositivo, quale alternativa più conveniente rispetto all’ipotesi liquidatoria. Entrambe infine, prevedono l’attivazione di “misure protettive” – anche qui con tempi e modi differentemente disciplinati – volte a paralizzare le iniziative pregiudizievoli dei creditori, nelle more di definizione/esecuzione dell’accordo compositivo.
Come già accennato, sovraindebitamento e composizione trovano compiuta e organica attuazione nel nuovo Codice della Crisi, con le modifiche introdotte dal decreto attuativo della Direttiva Insolvency (UE 2019/1023), il cui schema prosegue nell’intento di incentivare l’attivazione degli strumenti di prevenzione della crisi, tramite l’introduzione dei meccanismi di segnalazione coattiva che enti previdenziali ed Agenzia saranno tenuti ad attivare, in presenza di determinate soglie di esposizione debitoria nei confronti dei creditori pubblici qualificati.

L’autore: Iacopo Annese è avvocato esperto in diritto commerciale, civile e fallimentare presso il Foro di Bologna.

(articolo tratto da Sigmagazine #33 luglio-agosto 2022)

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