Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

“La lotta al fumo si vince con prevenzione e strumenti che riducono il danno”

Su una rivista scientifica il medico Fabio Beatrice ribadisce l'utilità della sigaretta elettronica per i fumatori che non possono o vogliono smettere.

L’etica medica non può spingere la prudenza, sempre appropriata nel settore sanitario, al punto di bloccare l’azione di aiuto a una larga parte della popolazione che si ammala e muore per il fumo da tabacco combusto”. Sono queste le conclusioni di un articolo pubblicato sull’Hsoa Journal of Community Medicine and Public Health Care dal titolo “Can you do without risk reduction in the fight against smoking?” (Si può rinunciare alla riduzione del rischio nella guerra al fumo?). Autori dell’articolo sono Fabio Beatrice, primario emerito di otorinolaringoiatria all’ospedale san Giovanni Bosco di Torino e direttore del Mohre, Andrea Albera della facoltà di Scienze chirurgiche dell’Università di Torino e la ricercatrice Johan Rossi Mason.
Il fumo di sigarette, spiegano gli autori nell’introduzione, è uno dei maggiori fattori di rischio per sviluppare cancri e malattie cardiovascolari e polmonari. “Da solo – specificano – causa più morti di alcolismo, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme”. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale di sanità ogni anno oltre 8 milioni di persone muoiono come conseguenza diretta del fumo e altri 1,2 milioni per il fumo passivo. L’Unione europea conta 700 mila decessi all’anno fumo-correlati, che diventano 93 mila in Italia, 43 mila dei quali sono dovuti a tumori riconducibili al fumo. A fronte di questi numeri preoccupanti si stanno rivelando poco efficaci gli interventi normativi tesi a scoraggiare il fumo. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istituto superiore di sanità, nell’ultimo anno nel nostro Paese i fumatori sono addirittura aumentati di 800 mila unità. “Dati che – commenta l’articolo – suscitano preoccupazione”.
Cosa fare? Partendo dalla definizione del fumo come “malattia cronica recidivante condizionata dalla dipendenza da nicotina”, Beatrice e gli altri rilevano come l’esperienza americana dimostri che il proibizionismo non funziona. Anche politiche fiscali o divieti sul consumo riescono a contenere il fenomeno, ma non risolvono il problema per i fumatori accaniti, cioè quelli che non voglio smettere o non riescono a farlo. Ne è la prova il Centro antifumo dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino che, pur avendo risultati positivi superiori alla media nazionale, si muove sempre su numeri scarsamente significativi. “Coloro che falliscono – spiega l’articolo – ritornano al consumo iniziale di sigarette e dobbiamo chiederci cosa fare in questi casi”.
La risposta può essere, secondo gli autori, la riduzione del danno offerta dalle sigarette elettroniche e dagli altri prodotti che forniscono nicotina senza la combustione del tabacco, che è con certezza la principale causa delle malattie fumo-correlate. “Certamente – commentano gli autori – un consumo di nicotina caratterizzato da una significativa riduzione della tossicità da combustione, pur non risolvendo il problema della dipendenza, sarebbe un importante aiuto per i fumatori accaniti incapaci di smettere”. La nicotina, d’altronde, viene usata in molte forme (gomme, cerotti, spray, inalatori, compresse) per aiutare a smettere di fumare, aumentando le probabilità di successo di chi la usa. E l’ultimo aggiornamento della revisione Cochrane sulla sigaretta elettronica ha concluso che vi è un’elevata certezza che la sigaretta elettronica sia più efficace di questi strumenti, mentre un’altra revisione condotta da Karl Fagerström ha dimostrato che nei Paesi che hanno adottato la riduzione del danno, il fumo è diminuito più rapidamente.
L’articolo affronta anche il tema del cosiddetto “gateway effect”, cioè che il vaping potrebbe introdurre i giovani al fumo, sottolineando che è una teoria che non ha mai trovato conferma scientifica. I dati più recenti – si spiega – indicano che ad usare l’e-cigarette sono più frequentemente quegli adolescenti che già fumano o che avrebbero fumato e per i quali il vaping ha un effetto positivo, allontanandoli dal tabacco combusto. Un vantaggio perché secondo le stime di Public Health England (oggi Office for Health Improvement and Disparities), la sigaretta elettronica riduce la tossicità del fumo del 95%.
Insomma, sarebbe ora che le istituzioni sanitarie e i governi si aprissero alla riduzione del danno. “Ci auguriamo che, sulla base di evidenze scientifiche – concludono infatti Fabio Beatrice e gli altri autori – i tempi siano maturi per una franca riflessione su questi aspetti, tenendo presente che la prevenzione dell’iniziazione dell’uso del tabacco non ha nulla a che fare con le politiche per aiutare i fumatori resistenti alla cessazione. Tutto questo richiederebbe un grande sforzo collettivo e istituzionale, networking, formazione di alleanze e soprattutto bisogna ricordare che, laddove non può essere garantita la guarigione al paziente, bisogna intervenire curando e aiutando. Forse recuperare alcuni valori della scienza medica potrebbe aiutare di più ad affrontare le complesse questioni del fumo. Pensiamo che questo possa accadere”.

LEGGI ANCHE:

Cochrane aumenta la certezza sull’efficacia della sigaretta elettronica

Il fumo crolla più velocemente dove è più diffusa la sigaretta elettronica

Articoli correlati