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Il governo del Canada ha fatto quello che gli Stati Uniti non si sono ancora decisi a fare, nonostante le reiterate richieste di autorevoli scienziati: cambiare il nome della patologia Evali, che è l’acronimo di E-cigarette or Vaping Use-Associated Lung Injury. Tutti ricorderanno i casi di lesioni polmonari, in alcuni casi letali, verificatesi negli Usa negli ultimi mesi del 2019. Le autorità sanitarie statunitensi attribuirono inizialmente la patologia al consumo di normali sigarette elettroniche, quelle usate dai fumatori per liberarsi della dannosa abitudine. Un allarme che, con il conseguente insistente battage mediatico che ne è seguito, ha fortemente danneggiato l’immagine dello strumento di riduzione del danno ben oltre i confini americani. Da questa iniziale convinzione delle istituzioni sanitarie viene il nome dato alla patologia, nel quale c’è un riferimento diretto all’e-cigarette. Nome che non è stato cambiato nemmeno quando, dopo poche settimane, apparve chiaro che le lesioni polmonari erano dovute alla presenza di acetato di vitamina E in cartucce da svapare precaricate con cannabis, vendute sul mercato illegale.
La sigaretta elettronica, dunque, non c’entrava nulla, eppure lo stigma verso lo strumento rimane fissato nel nome della malattia. Non in Canada, però, dove la patologia è stata rinominata Vali, togliendo quindi la E di e-cigarette. Non solo. Sul sito del governo, nella sezione della salute dedicata al vaping, l’approfondimento su Vali è inserito nel paragrafo “Vaping Cannabis”, creando quindi una chiara connessione con il consumo, appunto, di prodotti per la vaporizzazione di Thc. Non si trova solo questo sul sito del governo canadese. Oltre ad affermare chiaramente che “i prodotti per il vaping producono solo una piccola parte delle sostanze chimiche che trovate nel fumo di tabacco e livelli più bassi di quelle potenzialmente dannose”, il sito smentisce anche altri miti che hanno accompagnato la sigaretta elettronica.
Per esempio il gateway effect, cioè il fatto che il vaping possa indurre i minori a fumare. “Esistono prove limitate del fatto che l’uso di prodotti da svapo aumenti il rischio di utilizzare sigarette di tabacco combustibile (sigarette da fumo) tra i giovani e i giovani adulti – si legge – Tuttavia, dati recenti suggeriscono che, finora, i tassi di fumo, sia per i giovani che per gli adulti, continuano a diminuire e sono ai minimi storici”. O ancora il cosiddetto “popcorn lung”, ossia una malattia cronica polmonare, la bronchiolite obliterante, dovuta a ripetuta e massiccia esposizione al diacetile, utilizzato per conferire l’aroma del burro. “Non è noto che la sigaretta elettronica causi il popcorn lung – scrive ancora il sito del governo – Mentre una volta era comune nei prodotti per lo svapo, negli ultimi anni i ricercatori di Health Canada hanno trovato il diacetile solo in 2 campioni su oltre 800 liquidi disponibili nel Paese. Ad oggi, in Canada non ci sono stati casi confermati di questa malattia polmonare dovute all’uso della sigaretta elettronica”.
Insomma, dopo le dichiarazioni favorevoli al vaping del mese scorso da parte dei ministri della salute e della salute mentale e dipendenze e l’invito a passare all’e-cig dell’agenzia del Ministero della salute Health Canada, una nuova buona notizia arriva dal Paese del Nord America. Sarebbe ora che anche gli Stati Uniti e gli altri Paesi emendassero il nome della patologia polmonare del 2019, togliendo qualsiasi riferimento a uno strumento che si è rivelato non avere nulla a che fare con essa.
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