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È stato appena pubblicato su Jama Network un importante studio di coorte che cerca di conciliare due fattori contraddittori. Mentre da una parte, infatti, molti studi mostrano che nei giovani l’uso delle sigarette elettroniche è associato al fumo successivo (cioè che i minori che usano l’e-cig hanno maggiori probabilità di diventare fumatori), dall’altra tutte le rilevazioni indicano che negli Usa i tassi di fumo fra gli adolescenti sono costantemente diminuiti, proprio nel periodo in cui si diffondeva il vaping. La conclusione degli autori è che, indipendentemente dall’uso dell’e-cigarette, sono pochissimi i minori che iniziano a fumare in un secondo momento (circa il 4%) e ancora meno quelli che continuano poi a fumare (secondo questo studio lo 0,2%). E che dunque l’uso o meno della sigaretta elettronica sia sostanzialmente ininfluente.
Il lavoro si intitola “Association of Electronic Cigarette Use by US Adolescents With Subsequent Persistent Cigarette Smoking” ed è stato condotto da Ruoyan Sun della School of Public Health della University of Alabama, insieme a David Méndez e Kenneth E. Warner della University of Michigan. I ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a 8671 adolescenti che non avevano mai fumato, provenienti da tre ondate (dal 2015 alla fine del 2019) del Population Assessment of Tobacco and Health Study (Path), l’indagine nazionale americana sull’uso del tabacco. I risultati sono quelli già riassunti. “Le misure assolute e relative dei rischi hanno prodotto risultati che suggeriscono interpretazioni molto diverse dell’associazione – scrivono gli autori – Sebbene per gli utilizzatori di sigarette elettroniche ci fossero rapporti di probabilità statisticamente significativi di continuare a fumare rispetto ai non utilizzatori, le minori differenze di rischio fra i due gruppi, insieme all’esiguità dei rischi assoluti, suggeriscono che pochi adolescenti probabilmente continueranno a fumare indipendentemente dalla sigaretta elettronica”.
Cosa questo significa è spiegato bene in un commento del professore britannico Lion Shahab, condirettore del Tobacco and Alcohol Research Group presso University College London e autore di studi in questo campo. “Quando i risultati vengono analizzati statisticamente – spiega – i rapporti di probabilità calcolati per valutare il rischio possono esagerare gli effetti reali proprio perché l’evento (iniziazione al fumo o fumo continuato) è così raro. Al contrario, le differenze del rischio assoluto saranno meno distorte da questa rarità dell’evento e infatti non dimostrano forti evidenze che l’uso della sigaretta elettronica abbia un effetto sul fumo successivo”. Shahab continua aggiungendo: “Ciò significa che, anche se le sigarette elettroniche, relativamente parlando, rispetto al non utilizzo sono associate al fumo successivo, poiché così pochi adolescenti iniziano a fumare, indipendentemente dall’uso o meno dell’e-cigarette, a livello di popolazione il vaping non avrà avuto un impatto rilevante sui tassi di fumo in termini assoluti”.
Il professore britannico conclude il suo commento con una riflessione non banale. “Questo studio non può dirci – dichiara – cosa avrebbero fatto gli adolescenti che hanno iniziato a svapare se non ci fossero state le sigarette elettroniche. È concepibile che questi giovani avrebbero comunque iniziato a fumare, e forse a tassi molto più alti. In ogni caso, è rassicurante vedere che indipendentemente dal fatto che gli adolescenti utilizzino o meno le sigarette elettroniche, il fumo, che è molto più dannoso, sta diventando sempre più raro e l’uso quotidiano e abituale è diventato praticamente inesistente tra i giovani negli Stati Uniti”.
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