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Gli esperti: sigaretta elettronica nel protocollo per fumatori con disordini di salute mentale

I ricercatori chiedono che sia inserita come strumento per la cura di una fascia di popolazione con tassi di fumo molto al di sopra della media.

Sebbene non siano una panacea, le sigarette elettroniche possono rappresentare un potente strumento di riduzione del danno tra le sottopopolazioni tradizionalmente trascurate nei movimenti convenzionali per smettere di fumare”. A invocare la possibilità di ricorrere alla sigaretta elettronica è un gruppo di quattro studiosi di diversi dipartimenti della Ucla David Geffen School of Medicine di Los Angeles, coordinati da Jacqueline T. Vuong, che firma un intervento pubblicato sul Journal of General Internal Medicine, intitolato “Electronic Cigarettes: an Overlooked Tool to Alleviate Disparities in Tobacco Use Disorder Among People with Mental Health and Substance Use Disorders”. La fascia di popolazione a cui gli studiosi fanno riferimento è quindi, quella delle persone che soffrono di problemi di salute comportamentale, che comprendono sia i disordini di salute mentale che quelli legati all’uso di sostanze.
È una attenzione, quella per questi gruppi, che si ripropone spesso nella letteratura scientifica. E per buone ragioni, visto che in queste categorie i tassi di fumatori sono ovunque più alti delle medie nazionali. Negli Usa, affermano gli autori, la prevalenza del fumo fra le persone con problemi di salute comportamentale varia dal 25% all’85% (a seconda dei sottogruppi) ed è accompagnata da una maggiore mortalità e incidenza di malattie fumo-correlate. “Ogni anno – afferma lo studio – circa 200 mila dei 520 mila decessi attribuiti al fumo negli Stati Uniti sono di pazienti con queste problematiche. Le persone con malattie mentali gravi muoiono 25 anni prima rispetto alla popolazione generale e la maggior parte di queste morti precoci è correlata al fumo”.
A fronte di molte ricerche ed esperimenti pilota, lo studio ritiene che la sigaretta elettronica possa essere utile perché, a differenza delle altre terapie sostitutive, il suo rilascio di nicotina imita la farmacocinetica della nicotina delle sigarette di tabacco, senza però gli alti livelli di sostanze tossiche e cancerogene. Richiamando la presa di posizione pro vaping espressa dal Royal Australian and New Zealand College of Psychiatrists nel 2018 e la possibilità nel Regno Unito di registrare l’e-cig come farmaco, gli autori chiedono l’avvio di protocolli che prevedano la sigaretta elettronica all’interno delle strutture di cura per pazienti con disturbi di salute comportamentale e, in caso di successo, anche in altre comunità emarginate.
Lo studio riconosce che gli Stati Uniti non hanno adottato un approccio aperto al vaping, probabilmente per la preoccupazione della sua diffusione fra giovani non fumatori. “Dati recenti – affermano però gli autori – confermano che l’uso delle sigarette elettroniche sta diminuendo tra i giovani, mentre il fumo di sigaretta non sta diminuendo tra le persone con disturbi di salute comportamentale”. E dunque la richiesta di ripensare la propria posizione. “La nostra proposta – conclude lo studio – è appropriata, supportata da evidenze e mira a salvare centinaia di migliaia di vite americane”.

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