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Sigarette elettroniche, Panuzzo (Uniecig): “Prezzo consigliato soffoca business e sviluppo”

La presidente dell'associazione Uniecig lamenta l'inefficacia di una pratica commerciale ormai assai diffusa anche nell'ambito del vaping.

È una tecnica commerciale molto utilizzata soprattutto dai marchi più popolari con diffusione nella grande distribuzione. Oppure dalle multinazionali tecnologiche per livellare il prezzo a livello intercontinentale. Si tratta del prezzo imposto al pubblico, la cifra cioè al di sopra della quale un venditore non può andare, pena la cessazione della fornitura. Ma c’è anche una seconda possibilità, ovvero di consigliare un prezzo, senza per questo obbligare l’esercente a rispettarne uno prefissato. La scelta è giustificata dalla cosiddetta “libertà commerciale”, cioè la possibilità da parte del venditore di tarare il prezzo senza tenere conto dei consigli del distributore o del produttore. Anche in questo caso, nonostante sparuti episodi, i prezzi tendono spesso a essere applicati al ribasso. Ultimamente il fenomeno si sta diffondendo anche nel mercato della sigaretta elettronica e dei liquidi di ricarica. Antonella Panuzzo, presidente dell’associazione nazionale dei rivenditori Uniecig, si fa da portavoce di alcune istanze nei confronti dei distributori dei prodotti del vaping, lamentando un eccessivo, e incontrollato, ricorso al prezzo consigliato, soprattutto quando a monte non si tiene conto delle esigenza del venditore.

Antonella Panuzzo, presidente Uniecig

Nella grande distribuzione l’abitudine di produttori, grossisti e distributori di consigliare prezzi di vendita al dettaglio che danno margini di guadagno estremamente bassi per i rivenditori è un fenomeno molto radicato. Pratica comune ma controversa, che mira a catturare una fetta sempre più grande del mercato e ha implicazioni che vanno ben oltre il mero aspetto economico. Sebbene questa strategia inizialmente possa sembrare vantaggiosa, i suoi effetti a lungo termine spesso si ripercuotono su tutta la filiera apportando danni. Innanzitutto, la pressione sui prezzi consigliati mette sotto stress il tessuto stesso del mercato al dettaglio. I rivenditori, costretti a seguire questi suggerimenti per rimanere competitivi, si trovano di fronte a una scelta difficile: devono decidere se ridurre i propri margini di profitto per adeguarsi ai prezzi consigliati oppure adottare una politica più improntata a mantenere una stabilità finanziaria per il proprio business, anche se ciò significa rinunciare a essere competitivi in un mercato che tende sempre al ribasso”. Pratica che, secondo Panuzzo, può generare un negativo effetto a catena perché “i rivenditori che cercano di sopravvivere riducendo i propri margini possono innescare una guerra dei prezzi dannosa per l’intera industria. In questa situazione, i piccoli e medi rivenditori si trovano in una situazione di svantaggio rispetto ai giganti del settore, i quali dispongono di maggiori risorse per sopportare margini più bassi e adottare una politica di vendita più aggressiva. Questa competizione basata esclusivamente sul prezzo mina anche la fiducia dei consumatori e riduce la percezione del valore del prodotto, trasformando il mercato in un campo di battaglia dove la qualità e il servizio diventano secondari rispetto al prezzo più basso. Riducendo i margini dei rivenditori, si limita la loro capacità di investire e reinvestire in servizi, innovazione o prodotti, danneggiando quindi non solo i rivenditori, ma anche i produttori, grossisti e distributori e gli stessi consumatori.
Questo ciclo crea quindi un impatto negativo sull’intera catena di distribuzione, compromettendo la capacità di tutti di adottare strategie di crescita e miglioramento”. Però, si può obiettare, il mercato della sigaretta elettronica è basato sulla libera concorrenza: allineare i prezzi significherebbe fare cartello oppure, peggio ancora, dare la stura all’introduzione del prezzo imposto con aggio fisso, come accade per i tabaccai. “Credo che sia importante ribadire – spiega Panuzzo –  che, anche in questo caso, le realtà degli esercenti e dei distributori sono strettamente interconnesse. Le azioni e le decisioni di ciascun attore influenzano direttamente gli altri, e quindi è essenziale promuovere una cultura di collaborazione e sostenibilità all’interno dell’intero settore, senza penalizzare i consumatori che devono trovare nei negozi competenza, qualità e convenienza. Per garantire prezzi equi e sostenibili che consentano a tutti i componenti della catena di prosperare, è necessario adottare un approccio strategico che includa trasparenza, comunicazione aperta e una valutazione accurata del valore del prodotto. A tal proposito basterebbe riconsiderare i margini necessari a tutta la filiera, che per produttori e grossisti sembrerebbero ancora alti e redistribuire equamente tenendo conto dell’impegno economico che il rivenditore ha nell’approvvigionamento dei prodotti.

I negozi autorizzati alla vendita di sigarette elettroniche e liquidi da inalazione hanno l’obbligo di esporre l’insegna di Stato.

Questo implica non solo considerare il prezzo di vendita, ma anche la qualità del prodotto, il valore aggiunto e la sostenibilità economica per tutte le parti coinvolte. In breve, se un distributore fornisce un prodotto di alta qualità e permette al negoziante di ottenere un giusto margine di profitto senza compromettere la sua competitività sul mercato, è molto probabile che il negoziante scelga quel particolare prodotto. Questo perché non solo garantisce al rivenditore più risorse da reinvestire nel proprio business, ma gli permette anche di soddisfare i clienti con prodotti di qualità, riducendo la necessità di lavoro post-vendita e offrendo più tempo per concentrarsi sulla crescita dell’attività”. La posizione di Uniecig è forte e chiara. Ma quanto è condivisa? “È essenziale – replica ancora Panuzzo – che i negozianti comprendano l’importanza delle associazioni di categoria e il peso che queste possono avere nel rappresentare i loro interessi oltre che fornire risorse preziose per affrontare le sfide del settore. È importante portare avanti temi come questo del giusto ricarico tutti assieme e in modo compatto. Una associazione non rappresenta i singoli negozianti ma l’intera categoria e, più è grande, più facilmente può avanzare proposte e richieste, sia verso realtà istituzionali, sia nei confronti di distributori e produttori qualora serva per preservare gli interessi di tutti”.

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