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Lorenzo Fontana, il presidente amico della sigaretta elettronica

Eletto a maggioranza, guiderà la Camera dei Deputati nel prossimo quinquiennio. Già eurodeputato, in passato partecipò alla fiera Vapitaly e difese pubblicamente le ragioni del vaping come testimonia questa intervista che riproponiamo.

Lorenzo Fontana, deputato veronese della Lega, è il nuovo presidente della Camera dei Deputati. Riproponiamo una intervista che ci rilasciò alla vigilia dell’entrata in vigore della Direttiva europea sui tabacchi e prodotti liquidi da inalazione, quando era eurodeputato e intervenne pubblicamente a favore delle sigarette elettroniche in ottica di strumento a potenziale rischio ridotto.

L’Italia è tra stata i primi Paesi al mondo ad aver introdotto una normativa sui prodotti da fumo elettronico con divieti per i consumatori e obblighi per le aziende. In fase di scrittura, quanto influisce il “potere delle lobby” sulla condotta del legislatore?

Le cito un aneddoto. Recentemente, il Commissario al commercio dell’Ue Cecilia Malmström ha freddamente ammesso: “Non ottengo il mio mandato dal popolo europeo”. Salvo successiva precisazione di rito, ovviamente. Lascio ai lettori trarre le conclusioni. Purtroppo continua a permanere un sistema di pressione dei grandi gruppi privati e delle multinazionali, in qualsiasi ambito, sulla classe dirigente politica, a dispetto ovviamente dei piccoli imprenditori e dei consumatori e dei nuovi settori o prodotti, come quello dello svapo.

In Europa le lobby sono normate e riconosciute. Perché secondo lei in Italia si tende invece ad agire nell’ombra e far pressione di nascosto?

Credo per due fattori contrastanti che però sono due facce della stessa medaglia. Da un lato da noi c’è un pregiudizio negativo sulle lobby a prescindere: in realtà organizzarsi in gruppi di pressione e confrontarsi con chi governa non è di per sé sbagliato, dipende da chi si organizza e con chi ci si confronta, dipende se la battaglia è giusta o sbagliata. Purtroppo spesso sono solo i grandi gruppi economici ad avere gli strumenti per far lobbying e questo è sì negativo, perché rafforza la loro posizione dominante a danno dei piccoli attori. D’altro canto in Italia si agisce nell’ombra anche, credo, per ragioni antropologiche e culturali; gli italiani sono più levantini e Roma come centro di potere, in questo senso, è l’emblema di una certa opacità.

Tornando all’Italia, non solo è tra i pochi Paesi ad aver tassato i liquidi di ricarica delle sigarette elettroniche ma ciclicamente lo ha fatto in maniera spropositata: basti pensare ai quasi 5 euro di tassa fissa su un prodotto che costa all’ingrosso circa 1,2 euro. Il risultato: a fronte dei 120 milioni di euro messi a preventivo, ne sono entrati poco più di 10.

Schermata 10-2457325 alle 15.58.32In generale ho sempre dubitato e continuo a dubitare, come ho avuto già modo di dichiarare pubblicamente in altre circostanze, che la tassazione elevata possa costituire un disincentivo al fumo, sia tradizionale che elettronico, perché se tu tassi in Italia, il consumatore si rifugia o nel mercato nero, sempre fiorente, o – nel caso del fumo elettronico – nel ‘fai da te’ e nel mercato dell’online all’estero. È invece indubitabile che così facendo si puniscono i piccoli produttori e i commercianti italiani, che lavorano onestamente, e i nuovi settori come quello dello svapo, non certo le multinazionali del tabacco. E l’esempio da lei citato sui liquidi di ricarica delle sigarette elettroniche dimostra che una tassazione spropositata non è una buona soluzione nemmeno dal punto di vista finanziario e per le casse dell’erario.

La Lega Nord è da sempre vicina alle istanze dei consumatori e delle aziende del comparto, sono numerose infatti le mozioni e interpellanze a firma di parlamentari LNP. Foste voi al governo, quali iniziative adottereste a tutela del settore?

Pur nei margini ristretti che ricordavo prima, qualcosa di decisivo si potrebbe fare. Penso a una netta riduzione fiscale, in primis l’azzeramento su tutto ciò che non è nicotina, fino a una sfoltita dei lacci e lacciuoli che l’attuale governo ha messo, vedi l’eccesso di regole sull’etichettatura. Non bastasse la tassazione esagerata, anche l’iper-regolamentazione porta a un aumento dei costi per le aziende del settore. La Lega su questi aspetti ha una sensibilità opposta a quella dell’attuale maggioranza. Come anche nel rapporto con l’Ue: il centrosinistra tende sempre a eseguire ciò che proviene da Bruxelles, la nostra volontà politica invece è affrancarci da un certo dirigismo europeo.

Buona parte della comunità scientifica, tra gli italiani cito ad esempio Umberto Veronesi e Riccardo Polosa, sostiene che la sigaretta elettronica sia un ottimo strumento per smettere di fumare. L’istituto superiore di sanità inglese ha addirittura proposto di rendere le e-cig prescrivibili con ricetta medica. Perché secondo lei tanta resistenza da parte del nostro Governo?

Durante l’iter della direttiva sui tabacchi, vivace è stato il confronto tra chi intendeva autorizzare le sigarette elettroniche soltanto come medicinali e chi, come noi, intendeva lasciare la libertà di immetterle sul mercato o come medicinali o come prodotti commerciali. Fortunatamente ha prevalso il buonsenso: se fosse passata l’autorizzazione esclusivamente come medicinale, avremmo favorito le potenti multinazionali del farmaco a scapito di un’intera filiera costituita perlopiù da piccole e medie imprese. Credo che questa parte positiva della direttiva andrebbe recepita anche dall’Italia, con un atteggiamento più costruttivo e aperto nei confronti delle e-cig. Tuttavia il governo Renzi forse ha altre sensibilità, strizza l’occhio nella fattispecie a quegli stessi ambienti che spingevano per catalogare le ecig a medicinali.

A Verona, la sua città, ogni anno si tiene il Vapitaly, la fiera internazionale del comparto fumo elettronico…

Visti i riscontri positivi della comunità scientifica sul ruolo delle sigarette elettroniche come strumento per smettere di fumare, considero positivo che le aziende del settore si ritrovino e facciano sistema per combattere lo strapotere delle multinazionali del fumo. Il Veneto, poi, assieme a Lombardia e Piemonte, è la Silycon Valley italiana del fumo elettronico e quindi è normale che Verona, e il Vapitaly, nell’occasione possa fungere da punto di incontro per il comparto.

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