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Alle origini del tabacco: il mito Warrau della Guyana

Come è nato il tabacco? Chi decise di scaldarlo, di bruciare le foglie secche, di inalarlo e di fumarlo? Secondo una antica leggendo i primi ad utilizzarlo furono le genti Warrau della Guyana, grazie ad un piccolo colibrì.

Ecco la leggenda secondo quanto quanto riporta W. E. Roth nel 1915 in An Inquiry into the Animism and Folklore of the Guiana Indian:
“Un uomo aveva vissuto con una donna per tanto, tanto tempo: la donna era molto brava a fare amache, ma non aveva potuto avere dei bimbi. Così l’uomo prese con sé una seconda compagna, con la quale ebbe un bambino e ora era felice. Il bambino, Kurusiwari, crebbe di buon passo, e mentre la matrigna costruiva la sua amaca, egli si avvicinava di frequente e si attaccava alla corda di sospensione e la allentava. La donna anziana sopportò tutto questo per un poco di tempo, ma un giorno, quando il bambino era più birichino del solito, lei disse: “Vai via e gioca da un’altra parte”. Egli obbedì, si allontanò, ma presto trotterellò indietro e ancora una volta interferì con la corda. La donna allora spinse da un lato il giovane, e questi cadde e pianse. Nessuno si accorse dell’incidente e nessuno si accorse ch’egli trotterellò fuori dalla casa. Per tutto questo tempo suo padre e sua madre se ne erano stati insieme sulla loro amaca, e solamente più tardi nella giornata si resero conto dell’assenza del bambino. Il bambino non fu trovato da alcuna parte, così essi andarono da dei vicini e lì videro il loro piccolo che giocava con alcuni altri bambini. Spiegarono alla gente della casa il motivo della loro visita, il fatto che erano venuti a cercare il loro piccolo, e così, una cosa porta a un’altra, entrarono in un’animata conversazione e dimenticarono il loro scopo, con il risultato che quando terminarono di parlare, non solo il loro bimbo, Kurusiwari, ma anche un bambino della casa, Matuia-wari, non fu più visto. Così i quattro genitori si misero alla ricerca dei due bambini, e raggiunsero una casa vicina, dove li videro che stavano giocando con un terzo bambino, Kdwai-wari. Ma in questa casa accadde la medesima cosa che era successa in quella precedente – tutti i genitori si misero a conversare e dimenticarono il loro scopo, sino a che si accorsero che mancavano tutti i tre bimbi. Ci furono quindi ora sei genitori che cercavano tre bambini; ma alla fine del primo giorno la terza coppia abbandonò la ricerca, e alla fine del secondo giorno la seconda coppia fece similmente.
Schermata 06-2457186 alle 19.32.47Nel frattempo, i tre bambini avevano vagato sempre più, e avevano fatto amicizia con le marabunta [vespe], che a quei tempi ancora parlavano e non pungevano. Furono questi bambini a dire alle vespe nere di pungere la gente, e a quelle rosse di fargli venire anche la febbre. E fu quando i bambini raggiunsero la riva del mare che i genitori li incontrarono. Tuttavia, a questo punto essi non erano più bambini, bensì dei ragazzi grandi. Quando i genitori espressero la loro contentezza per averli trovati, attendendosi quindi che tornassero a casa, il capo dei tre – Kurusiwari, il ragazzo che fu perso nella prima casa – disse: “Non posso tornare indietro. Quando la mia matrigna mi colpì, caddi e piansi, e voi non mi stavate nemmeno guardando. Non tornerò.” Ma quando sia il padre che la madre lo implorarono piangendo di tornare, egli cedette, e promise loro che se avessero costruito una corretta heburhanohu [casa degli spiriti], e lo avessero “chiamato” con il tabacco, lo avrebbero visto. Lui e gli altri due ragazzi attraversarono il mare, e i genitori tornarono a casa.
Non appena questi tornarono a casa, il padre si mise a costruire la casa degli Spiriti, e una volta completata bruciò foglie di papaia, foglie di cotone, e foglie di caffè, ma tutte erano inutili – non v’era sufficiente “forza” in ciascuna di queste, e questa forza poteva essere fornita solamente dal tabacco. Ma a quei tempi non avevamo questa pianta qui: essa cresceva in un’isola oltre il mare. Non so se quest’isola fosse Trinidad o no, ma noi Warrau la chiamiamo Nibo-yuni [“senza uomo”], poiché era popolata unicamente da donne, secondo quanto ci aveva detto la vecchia gente.
Bene, il padre dispiaciuto inviò un airone [Pilerodus] a prendere qualche seme di tabacco: ma poiché non tornò mai indietro, mandò diversi tipi di uccelli di mare uno dopo l’altro, e tutti incontrarono il medesimo destino. Avendo abbandonato la speranza di rivedere qualcuno dei suoi messaggeri, si recò a consultare un fratello, il quale gli portò una gru. Questo uccello si accomodò vicino alla riva del mare, in modo da poter essere pronto per la partenza il mattino seguente.
Schermata 06-2457186 alle 19.32.07Mentre era li, giunse il suo piccolo amico, il colibrì, e gli chiese cosa stesse facendo: “Mi sto preparando per il mattino. – rispose – Devo volare sino a Nibo-yuni per prendere semi di tabacco”. Il colibrì gli suggerì di andarci al suo posto, ma l’altro considerò assurda la sua proposta, e gli ricordò che la sua barca era troppo piccola e che sarebbe affondata. Tuttavia, per nulla scoraggiato l’uccellino si alzò prima dell’alba, come era sua abitudine, e dicendo “ci sono!” prese il volo.
Quando sorse il sole, la gru distese le sue ali e, navigando maestosamente, incontrò a metà viaggio il colibrì che lottava nell’acqua. Questo aveva fatto uno sforzo galante, ma non era ovviamente in grado di affrontare il vento. La gru lo prese su e lo mise sull’area posteriore delle sue cosce che sporgevano dietro. Ora, questa posizione era ottima per il piccolo colibrì, fino a che non accadde alcun incidente; ma quando la gru si mise a fare i propri bisogni, la faccia del colibrì si sporcò, e questi si trovò nuovamente obbligato a volare con le sue proprie ali, con il risultato che, raggiungendo per primo Nibo-yuni, attese il suo grosso amico, il quale sopraggiunse poco dopo.
Disse quindi alla gru di rimanere dov’era mentre egli avrebbe visitato il campo di tabacco; era piccolo, poteva volare rapidamente e nessuno lo avrebbe visto rubare il seme del tabacco.
Mentre portava a termine questo programma, la donna guardiana cercò di colpirlo, ma era troppo furbo per lei, e dardeggiando velocemente di fiore in fiore, presto raccolse quanti semi erano richiesti, e tornò dalla gru. “Amica”, disse, “torniamo a casa”, e facendo seguire l’azione alle parole, la piccola creatura partì per prima e ora, con il vento che la sospingeva, raggiunse la casa senza incidenti. Qui diede il seme al padrone della gru, e quest’ultimo lo passò di mano a suo fratello, dicendogli di piantarlo. Una volta piantato crebbe velocemente, e quando le foglie furono pienamente cresciute, il fratello gli mostrò come curare con il tabacco. Il fratello lo inviò anche alla ricerca della corteccia per avvolgere la foglia, e portò il winnamóru, che era proprio ciò che era richiesto. Poi lo mandò a cercare l’hebu-mataro [sonaglio] e portò zucche di tutti i tipi, ma alla fine tornò con una zucca che aveva raccolto dal lato orientale dell’albero; questa era quella giusta.
Il padre in lutto si mise quindi a “cantare” con il sonaglio, e suo figlio e gli altri due ragazzi giunsero in risposta, erano tre Spiriti ora, e tutti e tre rivolgendosi a lui come un padre chiesero del tabacco, ch’egli fornì loro. Sono questi medesimi tre Spiriti del Tabacco, Kumsiwari, Matura-wari, e Kdwai-wari, che rispondono sempre quando chiamati con il sonaglio del piai [uomo della medicina], e fu il povero padre in lutto che divenne quindi il primo piai, e tutto ciò per il grande dolore di aver perso il suo bambino e per il grande desiderio di rivederlo ancora una volta”.
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