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Sigarette elettroniche, una vergognosa ipocrisia tutta italiana

Associazioni, produttori, negozianti, consumatori: tutti devono recitare il mea culpa. Ma il provvedimento del governo è inaccettabile in uno Stato che si definisce democratico.

Negozi sotto licenza, web dichiarato fuorilegge, tassa abnorme su tutti i liquidi con o senza nicotina, nessuno sconto sul debito pregresso delle aziende.
La sintesi di quanto ha deciso il Parlamento in questo ultimo mese è a dir poco devastante per l’intera filiera del fumo elettronico. Se è vero che la rete vendita potrà continuare a sopravvivere nonostante l’occhio attento di Aams, è anche vero che le aziende vedono messa a repentaglio la loro esistenza con cartelle esattoriali da centinaia di milioni di euro. E lo Stato, anziché concordare un piano di rientro dilazionato negli anni, ha preferito mettere a bilancio tutto e subito, pur sapendo che non incasserà nulla. Con il risultato di vedere da domani 30mila disoccupati, figli della miopia dello Stato, persone che impotenti che non possono far altro che prendere atto di una decisione assurda, ipocrita e folle di un governo che ormai, è assodato, è il braccio armato di burocrati o delle lobby dei tabacchieri.
La dinamica degli eventi non lascia spazio a dubbi: il governo ha voluto armare il braccio di qualcuno per appropriarsi di un settore che, forse, stava cominciando a crescere troppo. Lo Stato non ha perso tempo ad inglobare un settore con la motivazione di regolamentarlo e stabilizzarlo.
Il combinato disposto Consulta-Vicari ha fatto sì che la filiera fosse compromessa nella sua interezza, ma nello stesso tempo ha diviso i protagonisti in una sorta di guerra civile. Ognuno è stato impegnato a salvare la propria pelle: negozi contro Vicari, aziende contro Mef e Agenzia delle entrate. Di riflesso, negozi contro produttori. L’esito è stato terrificante. Sul terreno di battaglia sono rimaste le aziende; la rete vendita ancora respira ma è in agonia.
Sia Anafe che le associazioni dei rivenditori hanno partecipato attivamente nel tentativo di salvare il salvabile. Le differenze di vedute e le comprensibili diverse priorità hanno fatto sì che spesso si andasse in ordine sparso. Ma era esattamente l’intenzione dello Stato, che ha messo in pratica la classica strategia del divide et impera. Si poteva fare qualcosa di diverso? Forse sì, tutti. Ad esempio, prendendo le distanze pubblicamente dai comunicati di Simona Vicari ogni qual volta scriveva di avere l’appoggio della filiera. I negozianti partecipando in massa alla manifestazione del 29 novembre, sacrificando un migliaio di euro di un giorno per difendere gli incassi dei prossimi anni.
Se questa storia può insegnare qualcosa è che nel momento della difficoltà chiunque pensa a salvare se stesso. Il governo, lo Stato, lo ha sempre saputo e ha saputo coordinarsi di conseguenza.
In conclusione una battuta sui parlamentari e sui cosiddetti opinion leader. Non conosciamo quali motivazioni abbiano spinto la senatrice Simona Vicari a sponsorizzare il testo emendativo da lei presentato. Prima o poi, però, dovrà avere l’onestà intellettuale di spiegarlo, se non per rispetto dei cittadini-consumatori-negozianti-produttori, almeno per rispetto del ruolo istituzionale che ricopre. Così come saremmo curiosi di conoscere la posizione del ministro Lorenzin il cui silenzio, in un mondo occidentale che va sempre più nella direzione del vaping, è quanto meno disarmante. Ci sentiamo invece di fare un plauso, per l’impegno e la tenacia con cui hanno provato a salvare il salvabile con i mezzi a loro disposizione, alle onorevoli Galgano, Rotta e all’ex parlamentare Bernardini. Ci hanno provato in tutti i modi ma alla fine l’Apparato ha avuto la meglio. È difficile combattere una partita quando le forze in campo sono troppo squilibrate
Che dire invece di Simona Vicari, la senatrice siciliana ideatrice dell’aberrante emendamento monopolista? Ha fatto il suo lavoro, cioè il politico tessitore di rapporti. L’architetto Vicari, infatti, è da una vita impegnata ad occupare ruoli nelle istituzioni. Ad iniziare dal 1990 (aveva 23 anni) quando, a seguito dell’elezione a consigliere comunale di Palermo, divenne assessore alle politiche demografiche. Da quel momento la sua è stata una cavalcata trionfale che l’ha portata sino al governo nazionale, dove ha ricoperto sotto tre diversi governi vari posti da sottosegretario. Nel 2015, quando era sottosegretario allo Sviluppo economico del governo Renzi, si schierò apertamente contro il pacchetto di sigarette neutro, cioè senza loghi e scritte. Il provvedimento è adottato ad esempio in Australia, Francia, a breve anche in Germania e Regno Unito. Ma in Italia no, i consumatori devono vedere i loghi delle sigarette. L’Oms più volte ha detto che le sigarette dovrebbe essere impacchettate in confezioni anonime, senza colori. Ma il governo italiano probabilmente su questo aspetto non considera l’Oms affidabile, mentre lo è indiscutibilmente sulle sigarette elettroniche. Contraddizioni dello storytelling politico italico… Questo scriveva il Corriere della Sera, mentre questo faceva ascoltare Affari Italiani.
Da domani occorre programmare il futuro. Sul tavolo ora c’è il decreto attuativo di Aams. Un’occasione da non gettare alle ortiche, perché potrebbe essere davvero l’ultima possibilità di sopravvivenza. Ma di fronte a quanto visto oggi oggi in Commissione bilancio le speranze sono davvero risicate. Nulla si può di fronte alla malafede, perché non si può chiamare altrimenti l’atteggiamento visto in queste settimana. Con emendamenti scritti e riscritti, norme inserite e cancellate. La domanda, l’unica domanda che si può fare in questi casi è: ma davvero vale ancora la pena di combattere? La risposta non può che essere sì. Ci vergogniamo di vivere in un Paese che non tutela i propri figli. Ci vergogniamo di vivere in un Paese che butta sulla strada migliaia di onesti lavoratori. Ci vergogniamo di chi vuol decidere non per il bene comune. Ci vergogniamo per voi. Speriamo che vi vergogniate un po’ anche voi.

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