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Liquidi per sigarette elettroniche, nuovi obblighi di sicurezza a carico dei produttori?

Il testo della proposta di legge a firma Fratelli d'Italia è stato assegnato in sede referente alla XII Commissione Affari Sociali.

Secondo l’Istituto nazionale dei tumori, il liquido impiegato nelle sigarette elettroniche, oltre alla nicotina, contiene formaldeide (una sostanza dichiarata cancerogeno di tipo 1), polveri sottili e metalli pesanti come cromo, cadmio, nichel (in quantità maggiori rispetto alla sigaretta tradizionale) e piombo. Tali metalli possono migrare nell’aerosol generato dalla sigaretta elettronica e comportare un elevato rischio sia per la salute degli utilizzatori che per quella degli astanti, in quanto possibile causa di lesioni oculari, irritazione cutanea, mutagenicità sulle cellule germinali e cancerogenicità”.
È quanto si legge nella premessa alla proposta di legge per l'”introduzione di obblighi di informazione a carico dei produttori sul contenuto e sugli effetti delle sostanze liquide impiegate nelle sigarette elettroniche” firmata dal gruppo Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati. La proposta intende introdurre un nuovo obbligo di sicurezza: indicare il contenuto e gli effetti delle sostanze contenute nei liquidi, “dando informazioni corrette e complete in ordine alle loro caratteristiche qualitative e quantitative, in termini assoluti e percentuali, nonché ai rischi e ai danni derivanti dal loro utilizzo“. Il testo è stato assegnato in sede referente alla XII Commissione Affari Sociali (già Sanità).
Se nella teoria potrebbe essere una idea buona e giusta, nella pratica la nuova eventuale prescrizione non trova alcuna giustificazione logica. In prima battuta perchè i liquidi sono già monitorati dal Ministero della Salute almeno sei mesi prima che vengano inseriti in commercio. In seconda battuta perché il cosiddetto allarmismo da formaldeide ha colpito gli Stati Uniti, Paese in cui non esistono regole o norme pari alla Direttiva europea sui tabacchi. Oltretutto, la formaldeide si potrebbe formare soltanto dopo la vaporizzazione – e dunque non è contenuta nel liquido – e in seguito a condizioni di utilizzo estreme della sigaretta elettronica, condizioni che nessun consumatore potrebbe mai sopportare. Ma, per rispondere alla citazione della proposta di legge, ci affidiamo allo studio del professor Cranfield che nel 2016 evidenziò come “l’allarme formaldeide nei liquidi” sia del tutto inesistente. L’esperimento da lui condotto ha evidenziato che cinque vigorose svapate danno origine ad una concentrazione media di 0,045 ppm; altrettanti tiri di sigaretta ne causano 2,8; cinque tiri di sigaro sprigionano addirittura 5 ppm di formaldeide. Insomma, la formaldeide contenuta nel vapore di sigaretta elettronica è minima e al di sotto di qualunque soglia di guardia che, come stabilito dall’Organizzazione Mondiale della sanità, è di 100 microgrammi/metrocubo, ovvero 0,1 ppm. Più del doppio di quanto misurato da Cranfield nei vapori di sigarette elettroniche.
Sempre nella premessa si legge ancora che “nel 2014 l’OMS ha segnalato che non vi sono né studi scientifici né evidenze scientifiche che confermino la sicurezza dell’uso della sigaretta elettronica ed il suo grado di efficacia rispetto al reale apporto da offrire a coloro che intendano smettere di fumare“. Dal 2014 ad oggi, però, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Non solo la comunità scientifica internazionale ha redatto migliaia di dossier e ricerche ad hoc, ma è stata addirittura varata una Direttiva apposita per regolamentare la vendita e la distribuzione dei liquidi di ricarica contenenti nicotina e  delle sigarette elettroniche. Citare una dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanità di cinque fa non è certamente un segnale di attenzione e di corretta informazione. Soprattutto in considerazione del fatto che i proponenti sono deputati del Parlamento italiano e la prima firmataria – Maria Teresa Bellucci – è un medico, componente della Commissione Affari Sociali.

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