© Sigmagazine, rivista d'informazione specializzata e destinata ai professionisti del commercio delle sigarette elettroniche e dei liquidi di ricarica - Best edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - P. Iva 14153851002 - Direttore responsabile: Stefano Caliciuri - Redazione: viale Angelico 78, Roma - Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Roma al numero 234/2015 - Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017
Si chiamano Tabaccai d’Italia. Al momento vivono solo su Facebook attraverso una pagina pubblica creata un mesetto fa. Ma l’intento è ambizioso: pungolare al fianco la Federazione Italiana Tabaccai (Fit), il massimo organo di rappresentanza sindacale degli operatori su strada di tabacchi, giuoco e prodotti di monopolio. Hanno redatto una lista con le quindici priorità che il sindacato dovrebbe portare avanti innanzi le autorità politiche, fiscali ed economiche del Paese. Quindici punti che appaiono assai difficili da realizzare, se non addirittura utopistici. Ma come diceva un vecchio saggio: bisogna sempre chiedere 100 per ottenere 10. E così hanno fatto. Le richieste vanno dall’abolizione dei canoni su giuochi e servizi, all’incremento degli aggi; dai distributori automatici con riconoscimento delle impronte digitali, allo sbarramento di nuove licenze; dalla cancellazione dei canoni nel periodo del lockdown, alla riscrittura delle regole sulle fidejussioni.
Un discorso a parte merita invece l’atteggiamento mantenuto nei confronti delle sigarette elettroniche, per due volte citate all’interno del documento nonostante nel loro canale di vendita rappresentino una percentuale irrisoria. E proprio per questo spingono il piede sull’acceleratore, chiedendo maggiori controlli nei confronti dei negozi specializzati in sigarette elettroniche. “Noi tabaccai – si legge – non possiamo essere i soli ad essere continuamente controllati da Monopoli di Stato, Finanza ed altri organi competenti. Chiediamo che medesimi controlli siano eseguiti presso i negozi che vendono sigarette elettroniche che ancora oggi vendono liquidi non premiscelati consentendo al cliente finale un risparmio che noi tabaccai, rispettando le leggi, non possiamo garantire. E in molti casi non rispettano il divieto di vendita ai minori di liquidi contenenti nicotina”. Quindi, non controlli volti a tutelare la sicurezza del consumatore ma indirizzati a salvaguardare i ricavi economici dei tabaccai. Posizione del tutto legittima che, una volta tanto, viene espressa senza alcun velo di ipocrisia. E infatti, lo scrivono ancora più chiaramente quando toccano l’argomento della vendita di cannabis light. “Chiediamo che la Fit – dicono – presti massima attenzione alla questione. Se ci dovesse essere una regolarizzazione del settore ne chiediamo l’esclusività di vendita. Non vogliamo farci scappare l’ennesimo business come avvenuto con le sigarette elettroniche. Queste ultime ci hanno sottratto un notevole margine di guadagno considerando la continua migrazione dei tabagisti verso prodotti meno nocivi”. A differenza dei vertici sindacali della Fit che costantemente ripetono che i tabaccai rappresentano un baluardo a tutela della salute dei cittadini (sic!), finalmente qualcuno ha davvero centrato il problema, senza nascondersi dietro una dialettica strumentale. I negozianti – di qualunque categoria merceologica – hanno come obiettivo il business. Siano essi farmacisti, edicolanti, pizzaioli o tabaccai. Nessuno lavora per la gloria né apre un’attività commerciale senza la certezza di un giusto guadagno. La franchezza con cui il gruppo dei Tabaccai d’Italia ha esposto le proprie rivendicazioni fa loro onore. Si possono discutere, contestare, giudicare le richieste ma si deve dare atto dell’onestà di fondo che sta guidando la loro battaglia. Condotta pubblicamente e alla luce del sole. Una qualità che troppo spesso al giorno d’oggi viene a mancare.