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Con la sigaretta elettronica solo nicotina senza i veleni della combustione

Sino a 10 anni fa nessuno si poneva il problema di quanta nicotina ci fosse dentro una sigaretta ma soltanto quanto catrame o monossido di carbonio sprigionasse. La nicotina non era e non è mai stato un problema.

Dagli Stati Uniti all’Australia, passando per la Russia e l’India, sono molti i governi che stanno tentando frenare l’avanzata della sigaretta elettronica come principale strumento di riduzione dei danni del fumo. Ciò di cui non si rendono conto è che la scienza sta sempre di più affermando che il vapore con nicotina potrebbe salvare milioni di vite umane ogni anno. Attenzione però a non confondere la ricerca clinica con la gestione della politica sanitaria. La prima è garantita, mantenuta e supportata da medici e ricercatori che vivono quotidianamente in laboratorio e tentano di dare una risposta ai quesiti di salute pubblica ancora irrisolti; la seconda sopravvive di burocrazia, tesi empiriche e prescrizioni calate dall’alto per convenienza, vicinanza o per accontentare la vox populi. Proibire gli aromi nei liquidi di ricarica per sigarette elettronica o, peggio ancora, la nicotina liquida sarebbe un provvedimento ingiustificato. Perché se da un lato si dimostra che i rischi per la salute sono estremamente bassi, i divieti si rivelerebbero addirittura tragici per i fumatori che saranno fortemente dissuasi dall’abbandonare la loro abitudine mortale e cancerogena.
Quando circa dieci anni fa le sigarette elettroniche sono entrate nel mercato italiano, gli oppositori hanno sostenuto che c’erano prove limitate sui rischi del prodotto. Da qualche tempo però questa accusa non viene più ripetuta. Adesso le prove, anche a lungo termine, della minor tossicità della sigaretta elettronica ci sono. Eppure i detrattori hanno ancora vita e gioco facile a trovare sponda delle loro convinzioni. Dopo aver messo sotto accusa l’accesso al dispositivo da parte dei minori è stato introdotto il divieto di vendita agli under 18; dopo aver criticato l’eccessiva divulgazione commerciale dei prodotti, i maggiori social network e le normative nazionali hanno introdotto vincoli nella pubblicità; dopo aver paventato la presunta tossicità dei liquidi, il legislatore ha introdotto l’obbligo di notifica preventiva l’immissione sul mercato. Insomma, ogni volta che qualcuno – solitamente una organizzazione sanitaria – ha lanciato un allarme, la politica non ha perso tempo a legiferare in senso sempre più restrittivo. A mano a mano che le prove a sostegno della sigaretta elettronica aumentavano e dimostravano incontrovertibilmente l’inutilità dei provvedimenti, il dibattito si spostava su un altro, improvviso, problema. È stato il caso Evali, durato qualche mese e poi scomparso dalle cronache quotidiane quando si è preso atto che il vapore nulla c’entrava con la nuova malattia polmonare. Ma è stato anche il caso metalli pesanti nei liquidi o acqua nei polmoni: non appena qualcuno non si è fermato al titolo del comunicato ufficiale – spammato in ogni dove nel mondo – verificando la non replicabilità e l’inverosimiglianza della ricerca il dibattito si è improvvisamente interrotto. Non una nota di scusa o di errata corrige. Si è semplicemente smesso di parlarne come se nulla fosse accaduto. Ma ormai il danno era stato fatto. Non tanto nei confronti delle migliaia di commercianti e aziende ma soprattutto dei milioni di fumatori che non hanno più dato seguito al loro tentativo di smettere, ricascando tra le braccia del fumo. Chissà perché titoloni altrettanto cubitali non si sono avuti quando è stato dimostrato che la nicotina liquida è più efficace per smettere di fumare rispetto alle tradizionali terapie medicali sostitutive. E neppure si sono visti quando si sono diffusi i numeri a dimostrazione che il vaping non è una porta d’accesso al fumo per i giovani. Anzi, in Italia come in moltissimi Paesi occidentali, l’abitudine al fumo tra i ragazzi in età scolastica è ai minimi storici, come dimostrano i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Da qualche tempo il dibattito sta prendendo una direzione affatto piacevole: quegli stessi accusatori che in passato sono stati messi più volte a tacere, stanno ora calcando la mano sulla tossicità della nicotina che, anche se assunta in quantità minime, avrebbe effetti altamente nocivi sull’organismo. Ma soltanto adesso se ne sono accorti? Soltanto adesso che milioni di fumatori hanno scelto di assumerla in forma vaporizzata, gettando definitivamente nella spazzatura il pacchetto di sigarette, la confezione di cerotti e le gomme da masticare? Una strana coincidenza. Il fumatore che non riesce o non vuole smettere di fumare ha capito che con la sigaretta elettronica potrà continuare a soddisfare il proprio desiderio senza però incorrere nelle migliaia di tossicità sprigionate a seguito della combustione. E la vera, grande, ottima, notizia dovrebbe anche essere che sino ad oggi nessuna ricerca è ancora riuscita a collegare l’assunzione di nicotina vaporizzata a evidenze negative per la salute anche su coloro che non hanno mai fumato. Il che non significa che la sigaretta elettronica faccia bene. Vuol semplicemente dire che fa molto ma molto ma molto meno male delle sigarette tradizionali. L’istituto di sanità britannico ha quantificato nel 95 per cento i danni alla salute abbattuti nei consumatori che scelgono di utilizzare esclusivamente la sigaretta elettronica per assumere la nicotina. Ed infatti chiunque abbia scelto di abbandonare il tabacco a favore dell’e-cig ha testimoniato di aver raggiunto notevoli miglioramenti nella percezione dello stato di salute del cuore e dei polmoni.
Pertanto, una strategia di politica sanitaria e di salute pubblica lungimirante, economica e propositiva dovrebbe concentrarsi a convertire i fumatori in vaper, ottenendo in poco tempo il massimo vantaggio con il minimo sforzo. Ma per gli oppositori delle sigarette elettroniche anche massimizzare i vantaggi non è sufficiente: chiedono l’innocuità totale garantita al 100 per cento. Non a caso, non sapendo più a cosa aggrapparsi, è tornato in auge il dibattito contro la nicotina soltanto dopo l’ingresso sul mercato della sigaretta elettronica. Sino a 10 anni fa nessuno si poneva il problema di quanta nicotina ci fosse dentro una sigaretta ma soltanto quanto catrame o monossido di carbonio sprigionasse. La nicotina non era e non è mai stato un problema, lo è invece diventato con l’avvento della sigaretta elettronica. Problema strumentale e artificioso di chi probabilmente è a corto di ulteriori appigli e argomentazioni.

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