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Negozianti sigarette elettroniche: “Applicare lo schema tabacco vuol dire farci chiudere”

L'intervento di Antonella Panuzzo, presidente nazionale associazione rivenditori di e-cig, in merito alle ipotesi di riforma fiscale e regolatoria proposta da Adm.

La recente notizia riguardante la presentazione da parte del direttore dell’Agenzia delel Dogane e Monopoli Marcello Minenna del testo, precedentemente proposto in Senato, anche alla Camera in vista dell’approvazione della legge di bilancio del 2020, ci fa capire come lui stesso sia fortemente intenzionato a portare avanti questa riforma che, ricordiamo, oltre ad essere nociva per il settore, è a maggior ragione altamente rischiosa per tutti i rivenditori di sigarette elettroniche che, come tutti i commercianti italiani, stanno attraversando un momento drammatico a causa della pandemia in corso.
UniEcig continua ad avere un parere negativo sulla quasi totalità del testo che, in questo passaggio, non ha subìto alcuna variazione per quanto riguarda il settore delle sigarette elettroniche. Ci continuiamo a chiedere per quale motivo, in quanto associazione registrata e accreditata, non abbiamo avuto modo negli ultimi tempi di poter dire la nostra o comunque di poter avere voce in capitolo per quanto riguarda la stesura e/o la valutazione del testo. Siamo stati tagliati fuori da tutta questa storia, quindi, e con noi tutti i rivenditori che l’associazione rappresenta. Non sappiamo se le altre associazioni di categoria del nostro settore siano state interpellate e cosa abbiano potuto dire ma, come tutti, abbiamo letto le affermazioni di soddisfazione da parte del presidente di Anafe in seguito ad una audizione con Adm e oggi, all’alba del suo annuncio di voler fondare un braccio dell’associazione che si occupi dei rivenditori, ci chiediamo se abbia ben chiaro cosa è bene per i rivenditori perché certamente con queste intese non si può difendere la categoria dei rivenditori.
Vorremmo fosse chiaro che i rivenditori specializzati con lo schema tabacchi sono destinati soltanto ad abbassare la serranda! Infatti il mercato delle sigarette elettroniche non può seguire la logica dello schema dei tabacchi, anche perché nasce come mercato libero e con logiche proprie completamente differenti e si rivolge ad un mercato ancora esiguo. La nostra categoria è al momento troppo debole e priva di quella clientela che entra giornalmente nelle tabaccherie, per riuscire a lavorare con tali margini di guadagno, non ci sono i numeri per parlare di aggio! Parlare poi di tassa sui device appare una mossa insensata e nel panorama aperto al commercio mondiale addirittura assurdo!
Abbiamo già visto, infatti, come sia impossibile evitare che i prodotti arrivino dall’estero e con prezzi completamente differenti da quelli che il nostro comparto deve sostenere a causa delle imposte o di burocrazie ridondanti, atte solo a spremere soldi dal comparto. Vogliamo ricordare che i negozi di e-cig sono delle piccole aziende spesso a gestione familiare che, come tutte le attività, al momento faticano ad andare avanti senza bisogno di tassazioni o normative stringenti. Qualsiasi attività intrapresa contro di loro, quindi, soprattutto in un periodo dove si parla sempre più di sostegno alle imprese, appare insensato e folle.
Abbiamo già sperimentato la difficoltà di bloccare l’ingresso in Italia di prodotti del vaping privi di garanzie qualitative e con prezzi completamente fuori dalle logiche del mercato italiano, senza che nessuno possa far nulla per evitarlo. Ebbene, è il caso di ricordare che tutto ciò provoca sofferenza ai rivenditori, che ogni giorno perdono quote di mercato a favore dei siti online esteri, che non seguono la normativa italiana e continuano a lavorare indisturbati. Appare anacronistico continuare a pagare multe alla Commissione europea per mantenere il monopolio sul tabacco, figurarsi se riteniamo corretto crearne uno per i prodotti a rischio ridotto, che sono facilmente reperibili ovunque.
In questo scenario già tragico, un altro grosso problema è rappresentato dal fatto che coloro che si occupano di legiferare in materia, inseriscono nello stesso calderone riscaldatori di tabacco e sigarette elettroniche, due prodotti completamente diversi tra loro in ogni senso. Sarebbe indispensabile fare una netta distinzione tra i prodotti liquidi da inalazione senza combustione (sigarette elettroniche) e i tabacchi da inalazione senza combustione (riscaldatori di tabacco). È bene infatti ricordare che nelle sigarette elettroniche è assente il tabacco in ogni sua forma, mentre nei riscaldatori, la suddetta sostanza è comunque presente insieme ad altri additivi/sostanze. Pur essendo quindi anche il riscaldatore uno strumento di riduzione del rischio, non può essere trattato alla stregua dei vaporizzatori personali.
La differenza tra sigaretta elettronica e riscaldatore di tabacco è sostanziale. Infatti la sigaretta elettronica vaporizza un liquido che, si ricorda, può contenere o meno nicotina (unico elemento che lo assimila alle sigarette tradizionali), mentre il riscaldatore riscalda appunto il tabacco portandolo ad alte temperature. Da questo si deduce (e numerosi studi lo dimostrano) la differente riduzione del danno. Non possiamo quindi trattare due prodotti così dissimili, allo stesso modo, tantomeno dal punto di vista fiscale.
Secondo noi non è il momento di creare ulteriori complicazioni per il comparto, che già si trova in grave sofferenza. Sarebbe invece opportuno lasciare tutto com’è al momento, anche in virtù del fatto che a breve dovrebbe arrivare l’armonizzazione delle imposte sulla sigaretta elettronica da parte della Commissione europea. Come ogni anno il nostro settore dovrà temere di trovare sotto l’albero di Natale un emendamento che toglierebbe anche quel minimo che si è riusciti a mantenere nonostante tutto e sarebbe grave, molto grave.