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Giornata senza tabacco, un tuffo nell’abisso surreale della sanità

Ancora una volta le istituzioni propongono un modello lontano dalla realtà dei fumatori, perseguendo il rischio zero.

Sconforto è la sensazione predominante che ci assale ogni anno, varcando la soglia dell’Istituto superiore di sanità per assistere alla celebrazione della Giornata mondiale senza tabacco. Lo scorso anno al termine dello stesso convegno in cui si sono dibattuti gli stessi temi, con gli stessi numeri e con le stesse figure rappresentative del mondo della sanità italiana, forse potevamo azzardare un cauto ottimismo sulla futura vicinanza delle istituzioni al valore della sigaretta elettronica come semplice strumento per allontanarsi dal tabagismo e non come un farmaco o un oggetto psicosperimentale. Oggi, dopo dodici mesi, siamo di nuovo sprofondati nell’abisso del surreale.
Sconforto, dicevamo, ma non stupore. Perché ormai, dopo aver partecipato a tante edizioni, sappiamo bene che non possiamo gioire dei risultati ottenuti nei negozi di e-cig, non possiamo partecipare alla festa (se mai ci fosse una festa) della cessazione dal fumo di milioni di persone che ogni anno varcano la soglia dei nostri negozi, che ricevono mille spiegazioni e tanta assistenza per iniziare un percorso informale per astenersi dal vizio del fumo. Nulla di tutto ciò, nemmeno quest’anno, neanche un piccolo ringraziamento da parte di coloro che a parole odiano il fumo, ma poi nei fatti continuiamo ad essere annoverati tra le cause che fanno sì che il popolo italiano continui a coltivare questo vizio.
Abbiamo detto vizio, ma anche su questo dobbiamo correggerci: secondo tanti esimi scienziati, il fumo non è da considerarsi semplicemente un vizio ma una malattia cronica, una dipendenza volontaria. Di conseguenza il fumatore, essendo un malato, non sarebbe in grado di valutare le proprie scelte ma dovrebbe essere aiutato con medicine e psicofarmaci. Questo modo di approcciare i fumatori è, a nostro parere, quanto mai lontano dall’essere efficace e umano, in quanto abbiamo potuto constatare in vari anni come l’autopercezione del fumatore sia del tutto lontana dal considerare la propria dipendenza una malattia. Al contrario, il fumatore ritiene di fumare perché gli piace. Ecco allora che il fumatore si sente libero di entrare in un negozio di e-cig e lasciare il vecchio vizio a favore di un piacere diverso, che lo vede più tutelato dal punto di vista del rischio. Quindi il fumatore di oggi è consapevole di avere una dipendenza, di voler migliorare la cosa, senza perdere il piacere di avere comunque un vizio, un vizio a rischio ridotto, appunto.
Tutto ciò sarebbe possibile, come dimostrato da innumerevoli studi condotti negli anni, affermato da Public Health England che parla di rischio ridotto del 95% e dall’istituto di salute pubblica francese che incentiva politiche di riduzione del danno. Sia nel Regno Unito che in Francia il numero dei fumatori è drasticamente ridotto a favore degli svapatori. Ma non accettato dall’istituto Superiore di Sanità, che persegue il rischio zero.
Riassumendo: o cessazione o nulla. Questo è quanto di tanto in tanto gli illustri presenti al convegno sostenevano, cioè che la soluzione migliore sarebbe quella di smettere del tutto di fumare (“ma davvero?” diremmo noi). Ma quel nulla non è perseguibile. O meglio, riesce a raggiungerlo una trascurabile parte di fumatori ogni anno e nel frattempo altri ignari cittadini cadono nella trappola del fumo. Il pericolo, se si continuerà a demonizzare lo strumento che si è dimostrato essere più utile e accettato da parte dei fumatori con campagne denigratorie e irresponsabili, sarà quello di continuare ad avere nel nostro Paese uno dei più alti tassi di tabagismo .
E dunque che giornata mondiale senza tabacco è, se poi si continua a battere sempre la stessa strada che porta al solito vicolo chiuso? È giusto condannare il tabacco e nello stesso tempo difenderlo nei fatti, coprendolo di alibi mascherati da dati statistici? È giusto non dare spazio a chi invoca attenzione e la meriterebbe appieno e cioè il fumatore appunto che cerca via alternative per alleviare il proprio malessere?