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Sono ormai quasi tre anni che il criterio di prevalenza delle vendite è stato imposto ai rivenditori, i quali hanno dovuto, inizialmente, affrontare un gravoso lavoro di ricostruzione sulla base delle fatture di acquisto dei due anni precedenti, e successivamente hanno impostato i propri registratori di cassa per far sì che i beni rientranti nella prevalenza venissero registrati in un “reparto” diverso dagli altri beni.
Ma oggi Adm cambia le regole, modificando il novero dei beni che rientrano nella prevalenza; e tale modifica ha valore retroattivo, in quanto chiunque oggi presenti istanza per il rinnovo della licenza deve fornire i dati sulla prevalenza calcolata sugli ultimi due anni, ma con le nuove regole.
Fortunatamente, la modifica retroattiva dei criteri di calcolo della prevalenza causa un danno molto marginale. Non è infatti necessario rimettere mano alle vendite passate, riclassificando manualmente i beni in base alle nuove regole: ricordiamo infatti che la nuova normativa è meno restrittiva della precedente. Adesso, rientrano nel calcolo della prevalenza beni che prima ne erano esclusi (come ad esempio atomizzatori singoli o corpi batteria senza atom); mentre tutti i beni che prima erano inclusi nella prevalenza adesso continuano a rimanere inclusi.
Pertanto, anche se i rivenditori non hanno a disposizione i dati storici di vendita riclassificati in base alla “nuova” prevalenza, possono tranquillamente usare i dati storici in base alla “vecchia” prevalenza, che risultano oggi più prudenziali. Chiaramente, quei rivenditori che si trovano in situazioni-limite, con un rapporto di prevalenza basso, hanno l’interesse a determinare con maggiore precisione i dati per il calcolo, procedendo ad una riclassificazione manuale delle vendite passate, sulla base, per esempio, delle fatture di acquisto o delle variazioni di magazzino.
Senz’altro, per tutti, vale il consiglio di riprogrammare il registratore di cassa, impostando più “reparti”, sia per far fronte alle ultime novità in termini di prevalenza, sia per prepararsi ad eventuali ulteriori variazioni. Si ricorda, infatti, che la recente Determinazione direttoriale ha introdotto un nuovo, gravoso obbligo: quello di annotare le vendite di beni rientranti nella prevalenza in un apposito registro; tale obbligo viene però meno se il rivenditore utilizza un registratore di cassa telematico e ha impostato uno specifico “reparto” per i beni rientranti nella prevalenza.
Il consiglio è quello di non limitarsi al minimo essenziale di due soli “reparti” (beni inclusi nella prevalenza e beni esclusi) ma di differenziare ulteriormente. Per esempio si può adottare una distinzione in quattro reparti:
Rep.1 – Liquidi pronti e basi soggetti ad imposta di consumo
Rep.2 – Aromi concentrati (ed eventuali liquidi non soggetti ad imposta di consumo)
Rep.3 – Dispositivi meccanici ed elettronici, loro parti e relativi ricambi
Rep.4 – Accessori ed altri beni
Le vendite registrate nei reparti 1 e 3 rientreranno evidentemente nel calcolo della prevalenza, mentre le vendite nei reparti 2 e 4 saranno escluse. Chiaramente, nulla vieta di istituire un maggior numero di reparti, se il rivenditore avesse necessità di tenere sotto controllo specifici settori merceologici (per esempio tenendo distinti i dispositivi completi dalle parti e dai ricambi).
Infine, è opportuna un’importante specificazione riguardante l’Iva: tutti i calcoli sulla prevalenza vanno infatti effettuati sui valori Iva esclusa; per gli esercizi specializzati la questione è poco rilevante, in quanto tutti i beni venduti sono soggetti ad Iva al 22%, sicché la prevalenza è la medesima, sia che si lavori su valori Iva inclusa che su valori Iva esclusa. Ma possono esistere esercizi misti che vendono prodotti soggetti ad aliquote diverse, per cui diventa fondamentale scorporare l’Iva dai corrispettivi di vendita. Le piccole aziende in regime forfettario non hanno questo problema: per loro, infatti, i corrispettivi di vendita non includono alcuna componente Iva, per cui si può procedere al calcolo di prevalenza senza effettuare alcuno scorporo.
Risolto il dubbio riguardante l’Iva, rimane aperta però un’ultima questione. Il provvedimento direttoriale specifica infatti che ai fini della prevalenza devono essere considerati i corrispettivi “al netto delle imposte indirette”; e tecnicamente, l’imposta di consumo gravante sui liquidi da inalazione è una “imposta indiretta”. Deve quindi essere scorporata anch’essa, al pari dell’Iva?
La risposta è: no. L’unica “imposta indiretta” da scorporare dai corrispettivi è l’IVA, mentre l’imposta di consumo deve rimanere inglobata nel valore del bene. L’esercente, infatti, non ha alcun obbligo di rendicontare, calcolare o versare l’imposta di consumo, essendo un’imposta “monofase” che viene assolta direttamente dal produttore (o importatore), e da quel momento diventa parte indissolubile del valore del bene. L’esercente, legittimamente, potrebbe ignorare del tutto l’esistenza dell’imposta di consumo, per cui non è possibile chiedergli di scorporarla in sede di calcolo della prevalenza.
Tale soluzione è ulteriormente rafforzata dalla considerazione che l’imposta di consumo, in quanto parte integrante del valore del bene, è assoggettata ad Iva e per l’esercente rappresenta (a differenza dell’Iva) un ricavo di vendita: un ricavo che deve essere incluso nel calcolo della prevalenza, al pari di tutti gli altri ricavi di vendita ottenuti dall’esercente.
L’autore: Stefano Caldarone è dottore commercialista, specializzato in contabilità fiscale monopolistica
(leggi l’articolo completo su Sigmagazine #26 maggio-giugno 2021)