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Si è svolta lo scorso 9 dicembre la decima edizione dell’E-cigarette Summit UK, per la prima volta ospitato nella prestigiosa sede del Royal College of Physicians di Londra. Perché l’associazione dei medici britannici, che già dal 2016 ha dato la sua benedizione alla sigaretta elettronica come strumento di lotta al tabagismo, abbia deciso di ospitare la discussione sul vaping è stato spiegato da Sanjay Agrawal, docente di scienze respiratorie e presidente del Tobacco special advisory group del Royal College of Physicians. “Il tabacco – ha spiegato – rappresenta un’emergenza per la salute pubblica e le comunità scientifiche, mediche e sanitarie di tutto il mondo devono unirsi per combatterla”.
La discussione è stata intensa e di altro profilo, suddivisa in due sessioni mattutine e due pomeridiane, ognuna delle quali ha visto prima gli interventi degli esperti e poi un momento di dibattito che coinvolgeva tutti gli oratori. Dopo il benvenuto di Ann McNeill, docente di Dipendenza dal tabacco presso il Kings College di Londra, i lavori si sono aperti parlando, naturalmente, di scienza ed evidenze. La dottoressa Debbie Robson, sempre del Kings College, ha illustrato la revisione indipendente sul vaping in Inghilterra, condotta dal suo ateneo su incarico dell’Office for Health and Disparities (già Public Health England), pubblicato alla fine dello scorso settembre. Di aromi nei liquidi per sigarette elettroniche, la loro attrattiva per i giovani ma anche la loro importante funzione per aiutare i fumatori a smettere, si è occupato Maciej Goniewicz, docente di oncologia presso l’americano Roswell Park Comprehensive Cancer Center. Il tema è stato affrontato anche in ottica normativa, visto che gli aromi sono tema di discussione in molti Paesi.
Alan Boobis, professore emerito di Tossicologia presso l’Imperial College di Londra, ha incentrato il suo intervento sui rischi assoluti e relativi delle e-cigarette, mentre Jamie Hartmann-Boyce, direttore del Cochrane Tobacco Addiction Group, ha illustrato l’ultimo aggiornamento della revisione permanente, che aumenta il grado di certezza dell’efficacia della sigaretta elettronica per smettere di fumare rispetto ad altre terapie con nicotina. Questa corposa sessione si è conclusa con l’intervento di Peter Hajek, docente presso la Queen Mary University di Londra, che ha presentato le evidenze sull’uso delle sigarette elettroniche per le donne fumatrici in gravidanza. Durante il dibattito finale, Hajek ha affrontato anche il problema della cattiva informazione. “Una comunicazione allarmistica riguardo le sigarette elettroniche da parte di media e istituzioni scientifiche – ha detto – rischia paradossalmente di far tornare alle sigarette tradizionali proprio coloro che avevano invece scelto di utilizzare l’e-cig. È dunque importante che i professionisti siano formati e informati adeguatamente”.
Durante la seconda sessione mattutina, intitolata “Policy & Research”, ben due interventi hanno avuto come tema il nuovo fenomeno delle sigarette elettroniche usa e getta, della loro diffusione e potenzialità ma, soprattutto, della preoccupazione che attraggano giovani e giovanissimi. Se ne sono occupati Harry Tattan-Birch, dottorando in Epidemiologia e salute pubblica allo University College London (Ucl), e Frances Thirlway, ricercatrice presso la facoltà di Sociologia dell’Università di York. In linea con i suoi recenti studi, la ricercatrice dell’Ucl Sharon Cox nel suo intervento ha parlato delle potenzialità del vaping per ridurre le disuguaglianze sanitarie, cioè di aiutare le fasce di popolazione più fragili e svantaggiate. Di più vasta portata sono state invece le relazioni di Robert West, professore emerito di Psicologia della salute all’Ucl, e Clive Bates, esperto di tobacco control. Il primo ha affrontato il vasto tema delle speranze e delle paure circa l’impatto delle sigarette elettroniche sulla salute pubblica, soffermandosi su tesi mai confermate come l’effetto gateway e le divisioni in ambito scientifico. Il secondo ha lamentato, scandagliandone i motivi e le origini, la posizione ostile alla riduzione del danno di molti professionisti del controllo del tabacco.
Spazio a industria e regolamentazione, con qualche incursione nella salute pubblica, nella prima sessione di lavori pomeridiana. David Graham dell’azienda Njoy si è occupato della fattibilità di ottenere una licenza medica per le sigarette elettroniche, strada possibile nel Regno Unito ma difficilmente percorribile per molte aziende, mentre Liam Humberstone, in rappresentanza dell’associazione di settore Ibvta, ha parlato di disposable, questa volta dal punto di vista dell’industria. Rosanna O’Connor dell’Office for Health Improvement and Disparities, ha ripercorso l’attività della sua istituzione sul tema del vaping dnel suo primo anno di vita, confermando di aver raccolto l’eredità pro sigarette elettroniche di Public Health England, di cui ha preso il posto. La regolamentazione della nicotina è stato il tema affrontato invece da Martin Jarvis, docente emerito dell’Ucl, che ha di fatto giudicato “un grosso errore” i limiti di 20 mg/ml imposti dalla Tpd per i liquidi da inalazione. Stefaan Hendrickx dell’Istituto fiammingo per uno stile di vita salutare ha indagato i motivi delle resistenze ad adottare delle politiche basate sul principio del rischio, che quindi privilegino sigarette elettroniche e altri prodotti alternativi rispetto al tabacco combusto, mentre Garrett McGovernment della Priority Medical Clinic ha illustrato la complicata situazione normativa irlandese.
C’era molta attesa per la sessione conclusiva, intitolata “Thr, nicotine & end game”, per la partecipazione di Mitch Zeller, direttore del Center for Tobacco Product della Food and Drug Administration dal 2013 fino all’aprile di quest’anno e dunque protagonista di molte politiche americane sulla sigaretta elettronica. Zeller ha espresso le sue opinioni sul dibattito sulla riduzione del danno negli Usa, mostrando addirittura una slide con le percentuali di rischio di vari prodotti del tabacco e dei prodotti alternaticvi, che dimostrano l’enorme vantaggio delle sigarette elettroniche rispetto a quelle tradizionali. Ma, come hanno fatto notare molti commentatori, le sue parole non trovano riscontro nel suo operato alla Fda.
La sessione è andata avanti con l’illustrazione di tre casi specifici. Ben Youdan ha parlato della situazione in Nuova Zelanda, dove il governo ha adottato un approccio liberale al vaping che si sta traducendo nel crollo dei consumatori. Karl Lund dell’Istituto di salute pubblica norvegese, ha parlato del suo Paese, ben posizionato per sconfiggere il fumo grazie alla diffusione dello snus, e Sivakumar Thurairajasingam dell’Università della Malesia di nicotina e controllo del tabacco nei Paesi a basso e medio reddito. Ha concluso i lavori di questa decima edizione dell’E-cigarette Summit l’intervento di Deborah Arnott, direttore della fondazione Ash, che ha esaminato l’approccio del governo britannico verso le sigarette elettroniche, spiegando come vi è giunto e quali possono essere le implicazioni di questa posizione per altri Paesi.
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